Sprok
Morire dopo i pasti 2013 - Pop punk, Pop rock, Punk rock

Morire dopo i pasti

Punk più lamentoso che incazzato: peccato, perché qualcosa da dire ce l'avrebbero

Una storia ultraventennale quella degli Sprok, punk band biellese il cui primo nucleo risale al 1992, e le cui tematiche sono intrinsecamente legate alla vita di provincia, di paese, di un certo paese ("Fuck-in Mongrando"), pur senza disdegnare argomenti di più ampio respiro ("L'apprendista squadrista").

"Morire dopo i pasti" è un disco che ha nella sincerità il suo più grande pregio, e se pur alle volte si è spinti a sorridere delle molte ingenuità (da "C'era un ragazzo che come me/amava i dischi dei Pennywise" ai vari intreludi con l'inno del PDL e la favola del ragazzo povero che non voleva fare l'alternativo) la capacità di mettersi così a nudo - fino al patetismo de "Il nonamico" - nei testi non è senz'altro una cosa da tutti.

Alle volte però agli Sprok, che più punk incazzati sono punk lamentosi, scappa la mano, e "500 pianti" iniziano a sembrare un po' troppi all'ascoltatore. Tanto più che dal punto di vista musicale la proposta è abbastanza trita e incolore, sulla scia dei Punkreas ("Arrivano i mostri", "Voyeur") e qui e là degli Skiantos ("Il Maledivivere"), con la voce sempre vissuta ma non sempre intonata di Henry Sprok a catalizzare l'attenzione. Quando si azzecca un buon ritornello ("500 pianti", "Arrivano i mostri") rischia spesso di essere azzoppato dai versi eccessivamente vittimisti.

Un peccato perché, quando riescono a dar voce alla vera incazzatura ("Carne in scatola", e i due pezzi citati in apertura), gli Sprok dimostrano di essere un gruppo che ha davvero qualcosa da dire.

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