Maria Forte
Carne 2013 - Industrial, Alternativo, Pop rock

Carne

Abrasivo e deflagrante, inquieto ed aggressivo, tra industrial ed electrorock, “Carne” è il primo capitolo di un multi-concept a sfondo criminologico

“Carne” è il primo capitolo di una trilogia a dir poco impegnativa e ambiziosa – da completare con i successivi capitoli “Iceberg” e “Brace” – che attraverso la musica cerca di sviscerare il turbolento calvario esistenziale del carnefice passionale in un gioco di prospettive e rovesciamenti di fronte socio-psicologici che alla fine condurranno all’inferno il protagonista, miserevolmente annichilito dai sensi di colpa e dalla solitudine. E da calvario nasce calvario: il percorso musicale intrapreso da Maria Forte (già leader dei Nanocaino) trasuda angoscia ed irrequietezza, dolore e aggressività, disagio e inadeguatezza, ricorrendo a quelle trame sonore che storicamente meglio hanno deflagrato tali stati d’animo: industrial, post-grunge, nu-metal, stoner ed electro-rock legano insieme i 13 episodi dell’album come farebbe un filo spinato con altrettante lamiere. Se i pochi scampoli di romanticismo rimangono schiacciati sotto le macerie (“Bisogno di te”) – perché alla fine nella vita reale così succede – sono tutte le sfumature della rabbia e del risentimento a farsi largo invece dentro la vorticosa matassa di decibel e abrasivo lirismo che Forte appronta insieme al granitico Alessandro Gobbi alla batteria: allo spleen rock dei Muse l’onere d’incendiare gli amplificatori (su tutte “Maciste contro Maciste” e la title-track), alle frustate di N.I.N. e Korn l’ingrato compito d’inferir loro il colpo di grazia (“Jargar”, “Autonomo” e “Zyclon B”, il minuto più tellurico dell’intero lavoro), al più radiofonico alt-rock italiano, infine, tutto il peso dell’urgenza comunicativa (“Sono perfetto”, “Una dei miei tarli”, “Locusta”).

Indubbiamente all’altezza come atto d’apertura di un multi-concept, nonostante qualche forzatura pop di troppo e una palpabile piacioneria interpretativa di fondo.

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