My Dear Killer
The Electric Dragon of Venus 2013 - Lo-Fi, Folk, Slow-core

The Electric Dragon of Venus

Perché il freddo, quello vero, sa essere qui.

Fragile come un lago ghiacciato. Fragile come vetro. Come l'ultima pagina di un libro bellissimo. Fragile come chi è sul punto di piangere. Soffice come la nebbia. Freddo come passare un dito sul vetro appannato dall'inverno. Comodo come stringersi in una coperta, nel vecchio maglione sformato e un po' infeltrito. Questa sera Milano è umida e puzza d'autunno, ma io potrei essere a Sighişoara in una notte di gennaio.

Sul tappeto di feedback, riverberi d'ambiente, inserti di suoni cosmici e scurissimi, si erge come una cattedrale di marmo bianco la chitarra spoglia e desolata di Stefano Santabarbara aka My dear killer. Sembra quasi di vederla, vessata dalla neve e dal vento, resistere nell'eternità di un suono scolpito. Tutto quello che c'è intorno ha la fragilità dei cambiamenti climatici, il violoncello (“The scent of the water”), il trombone (“Frozen lakes”), come un'orchestra che passa da lì e lascia strascichi del suo suono trasportato dal vento. Pochi attimi di concessione a degli accenni più noise (“Mild Eyes”), perturbazione lo-fi fumosissima, il resto è tutto spleen slow-core dall'inverno del nostro scontento.

Anche in quelle che sembrano ninne-nanne (“Good Night”), spesso si respira un senso di inquietudine, voci di bambini (“Night times”), carillon, gigolii; spesso è la stessa pronuncia di Santabarbara ad essere spigolosa come una voce dell'est, con le vocali dure, le “s” e le “r” sottolineate perché diventino anch'esse suono e timbro, e insieme agli spoken word di “The electric dragon of Venus”, pt.1 e pt. 2, donano un'aurea da superstizione gotica alla malinconia dell'ambiente sonoro.
Arriva l'inverno, e lo sentiamo. Sarà toccante e affascinante.

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