Le note alte del piano elettrico sembrano gocce di pioggia gentile, che bagna la città di notte. Sembra di poterne annusare l’odore, tanto è ben descritta nella prima canzone di questo bell’ep. Calvino, al secolo Niccolò Lavelli, è un cantautore milanese al debutto. Quattro pezzi avvolgenti ed insieme evanescenti, pieni di indolente e fanciullesca immaginazione, coperti di malinconia, che si contrappone alla voce piuttosto greve, quel timbro à la Tenco o, specialmente nella splendida “Il Clochard e La Senna” vicino allo stile di Bianconi dei Baustelle. “Non ho mai creduto a niente, che non fosse una visione di un poeta morto giovane.” la dice lunga sulla poetica che permea questo disco. “Fantasmi”, in chiusura, è sorprendente. Difficile trovare un pezzo così ben scritto all’interno di un debutto. Calvino rende lieve l’oscurità. Paradossalmente la canzone scelta come singolo, “L’Amore in Aria” è quella che mi convince meno, un po’ troppo catchy e, mi si perdoni il non felice neologismo, mannariniana. Ma è il male di poco, le altre tre aprono il cuore e tracciano già uno stile riconoscibile, sia musicale che testuale. Uno stile fatto di pennellate tenui, di acquerelli, di presenze invisibili. In questo contesto, il lavoro sull’assenza è del tutto a fuoco. Emoziona Calvino e può diventare davvero grande, con queste premesse. Attendiamo un album come si deve. Per ora, proprio una bella scoperta.
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