Soul Pains
Bitter Day 2013 - Soul, Nu jazz

Bitter Day

Funk, soul e reggae da Cosenza. Hanno potenziale scenografico, anche se un po' manieristici

Funk, soul, reggae. Musica calda, perfetta per l'estate. I Soul Pains sono in tanti e vengono da Cosenza, propongono una miscela di questi generi, inquadrabile dentro il grande contenitore del new soul, riportandoci indietro di alcune decine di anni.

Il groove anni '70 parte già con "It takes two to tango", con fiati, chitarre e cori a rendere la musica coinvolgente. "Everytime" ricorda le atmosfere vintage, ma ancora attuali, della compianta Amy Winehouse, spaziando poi verso trame alla Blues Brothers. Sulla stessa linea va anche la title track, "Bitter days", che però dall'alto dei suoi sei minuti cambia poi pelle varie volte. A cantare è una voce maschile, quella di Mattia Tenuta, che si ispira ai mostri sacri del passato, da Marvin Gaye a Otis Redding. Non sempre perfetto e d'impatto, resta comunque il primo contatto dell'ascoltatore, che viene così traghettato in mezzo agli ottoni, le tastiere e un'atmosfera optical e colorata. 

Andando avanti con l'ascolto si trova "God Bless Sonny Fire", un pezzo reggae bello sostenuto, con un attacco e dei riff alla "War" di Bob Marley. "Promise", invece, è un rocksteady poco originale, ma comunque ben fatto. "I know what I want" fa pensare alla carica di James Brown, "I'll get my soul" incamera anche il gospel e con una voce femminile grintosa ricorda invece Aretha Franklin. Manieristico, ma piacevole, è il rhythm and blues di "Gun shooter". E a chiudere ci sono chitarre funk e in levare, un po' di ragga e di gospel ("Come on"). 

Nel complesso, si può dire che questa band ha del potenziale, anche scenografico, e porta avanti un genere sempre glorioso e sicuramente più godibile nella dimensione live. Certo, l'originalità non è il loro punto forte e alcuni riff sembrano omaggiare un po' troppo artisti e autori ormai entrati nell'immaginario sonoro di tutti. Chissà, però, che in futuro da radici di questo tipo non possano innestarsi sperimentazioni più convincenti, in modo da lasciare tracce da ricordarsi meglio e per più tempo.

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