Baustelle
La moda del lento 2003 - Rock, Pop, Alternativo

La moda del lento

Romanticismo sofferto, erotismo adolescenziale, dandismo autocompiaciuto. Italia, Francia, Brasile, Gran Bretagna. Sigarette (tantissime, e di tutte le marche), profilattici, droghe, avventure con le straniere (svedesi o austriache). Jackie Kennedy, Brigitte Bardot, Alain Delon: i Baustelle sono tornati. E c’è tutto il loro mondo dentro a questo nuovo album. Manca appunto l’effetto-sorpresa, e forse questo può essere l’unico ‘difetto’ del disco, ma d’altro canto chi è affascinato da certe suggestioni non potrà fare a meno di iniettarsele nelle vene con dannato godimento, assaggiando con voluttà ogni singola traccia. L’apertura è affidata alla teneramente lancinante “Cin cin”: pianoforte malinconico e sintentizzatori d’annata a sussurrare l’incertezza del futuro e il rimpianto del passato, sognando di scappare via. “Arriva lo yé-yé” è un potenziale singolo spacca-radio, mentre “Mademoiselle boyfriend” bisbiglia una bossa delicata in cui la voce di Rachele Bastreghi ricorda la soavità vellutata della Vanoni; “La canzone di Alain Delon” comincia con un’atmosfera folk-acustica à la Belle And Sebastian per poi scivolare lasciva su una suadente melodia da chansonnier pop. Gli scenari cinematografici tanto cari ai Baustelle si possono visualizzare ne “Il seno”, con quel suo cupo e perverso andamento easy-listening da torbido b-movie anni ’70, oppure nelle innamoratissime aperture orchestrali di “EN”. Ci si diverte poi con l’electro-synth-pop saltellante e tipicamente ’80s di “Reclame” mentre la title-track rispolvera in parte il retaggio brit del gruppo: una sorta di “Common people” dei Pulp cantata con il piglio autorevole di un Battiato. Lo spettrale noir da dopoguerra di “Arrivederci” apre infine all’ascoltatore l’oscura porta della ghost-track “Beethoven o Chopin”: decadentismo esistenzialista tra musica classica e velati ammiccamenti sonici. Finisce così “La moda del lento”, un disco dalla gestazione piuttosto lunga e travagliata, ma che probabilmente anche per questo ha fortificato i Baustelle come gruppo. Va infatti notata la maggior compattezza del suono, molto curato in ogni dettaglio, e un’acquisita confidenza da parte della band con l’elettronica (presente in quasi tutti i brani, senza mai risultare “invadente”). Alla fine, ed è la cosa più importante, a rimanere in testa sono però le melodie delle canzoni, concepite con dolorosa eleganza e finemente cesellate. Brindiamo dunque a questa piccola gemma di italico (indie)pop.

Cin cin!

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