JOAN'S DIARY
hello, bloody sister 2014 - Lo-Fi

hello, bloody sister

Se la loro visione sonora è ristretta, la loro potenza è smisurata

Se la loro visione è ristretta - batteria, basso distorto, voci scazzate e qualche sporadico strumento ulteriore - la loro potenza è smisurata. “Hello, Bloody Sister” dei Joan’s Diary ha il marchio di fuoco dei Wolfango, diamante pazzo di un’Italia musicale intraprendente e strafottente, della quale i Joan’s sono tra i figli più indisciplinati. “Sangue” è un bazooka che non spara certo a salve: squarcia le frequenze, buca i timpani e sbilancia le prospettive del disco. “Gagarin” ha l’incedere marziale di un Trent Reznor con pochi soldi e pochissimi strumenti ma con la sacrosanta dose di incazzatura da attaccare in faccia alla vita. “Cremisi e magenta” è invece l’unico passo falso. Un brano bruttino e fuori luogo come un punk griffato. I Joan’s Diary provano a fare i bravi lasciando perdere le intemperanze e le dissonanze. Il risultato è una sorta di ballata triste che spezza il fiato all’album senza che nessuno peraltro avesse chiesto di rallentare. Sotto questo aspetto riesce meglio “Civico mattatoio”, che costruisce un’atmosfera densa e minacciosa come un ultimatum che solo Dio sa a che cosa porterà. Nel complesso i Joan’s Diary sono un’ottima band che funziona molto bene. L’estetica lo-fi e punk trasmette al cento per cento una massa sonora che è sangue e inferno sulla terra. O dentro di te.

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