Le Cardamomò
Valse de Meduse 2014 - Strumentale, Folk, Acustico

Valse de Meduse

Un’opera, prima che un disco, un viaggio in una Parigi retrò fatta di realtà e fantasia, amori e dispiaceri

"Valse de Meduse", prima di essere un album, è uno spettacolo, un’opera. È difficile recensirlo senza l’effetto visivo, senza il più profondo contatto che imporrebbe un palco. O forse il bello è anche ascoltarlo così, con le cuffie davanti ad uno schermo, immaginando immagini, movimenti, luci e ombre.
Il percorso dell’opera passa attraverso quattro storie narrate da quattro voci diverse: la prima (in “La cantante del Bolšoj”) è quella di una cantante lirica del Teatro Bolšoj di Mosca che con la sua voce è in grado di guidare stormi di gabbiani. Proprio lei avrebbe ispirato in questo modo uno dei maggiori scrittori russi di opere teatrali, Čechov, con l’omonimo “Il Gabbiano”. E così la voce recitata introduce il brano successivo (che è anche il titolo dell’opera), “Valse de Meduse”, definendola una “canzone triste che parla di amore perduto”.
Il secondo personaggio è la “Dama di cristallo” (traccia omonima) che vive in una bolla e così gira il mondo, soffermandosi spesso a Parigi a guardare i balli nelle piazze. Innamorandosi e volendo far parte di quel mondo fatto di musiche e di valzer vuole liberarsi della sua bolla. Solo una cantante lirica, “capace con un solo acuto di liberarmi”, può aiutarla: parte l’acuto e la bolla, come sfiorata da uno spillo, scoppia. E così la “dama di cristallo” è libera e può finalmente partecipare a quel mondo desiderato e ammirato fino a quel momento da dentro la sua bolla.
La terza storia è quella de “L’amante di Saint Jean” (ottava traccia), che racconta la disperazione per un amore finito a Parigi, che non è solo la città della felicità e dell’amore realizzato, ma è anche tristezza e malinconia, quando sulla Senna si passeggia per dimenticare i dispiaceri, bagnati da una pioggia estiva sottile e incessante.
La quarta storia, infine, è quella de “L’uomo di Golconda”, narrata stavolta da una voce maschile (quella di Ivan Radicioni): caduto dal cielo con la sua tromba, incontra le tre donne e trova la gioia e la felicità.

Le quattro storie trovano allora la loro unità nello sfondo comune di una Parigi retrò che non esiste più. Eppure, anche per chi non l’ha mai vista o vissuta, o l’ha conosciuta solo grazie a immagini e musiche di quegli anni, quella Parigi appare chiara e limpida come se fosse presente. È la Parigi dei cabaret, del Moulin Rouge, delle piazze, delle sale da ballo colme di donne con gonne lunghe e larghe e uomini ben vestiti, che si muovono al ritmo di valzer, si avvicinano e si corteggiano secondo le regole della società. Sono le luci e le ombre di una città ancora avvolta da mistero e magia che rivivono chiare nei ritmi delle Cardamomò, coniugando realtà retrò e immagini surreali in un equilibrio perfetto. Chapeau.

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