C.F.F. e il nomade venerabile
Canti notturni 2015 - Rock, New-Wave, Acustico

Canti notturni
09/12/2015 - 09:50 Scritto da Antonio Belmonte

Un lavoro musicalmente dimesso ma liricamente vigoroso nel suo raccontare storie e personaggi ungarettianamente posati in un angolo e dimenticati.

Dopo un fisiologico ep (“Al cuore”) appositamente realizzato per testare il cambio di formazione, di ragione sociale e formula musicale i C.F.F. si misurano con un progetto sulla lunga distanza figlio del crowdfunding e di un’orgogliosa progettualità ad “indicazione geografica tipica” volta a valorizzare i musicisti pugliesi.
Il trio di Gioia Del Colle prova a sviscerare, attraverso otto composizioni dall’alto coefficiente emotivo, la complessità simbolica della notte, tratteggiata come sacca placentare carica di sogni seducenti e più terreni timori esistenziali, come dispensatrice di bellezza e oblio, come imperscrutabile non-luogo di vulnerabilità e vitalità scalpitante, anticamera d’ogni inizio e fine.

Abbandonate completamente le impattanti folate elettriche della produzione marchiata C.F.F. e Il Nomade Venerabile Vanni La Guardia, Anna Maria Stasi e Anna Surico si adagiano dalle parti di un rock acustico, timidamente elettronico, che sembra (auto)declassarsi a mera cornice atmosferica della intensa vocalità della Stasi, interprete perfetta per vivificare l’inchiostro violaceo stillato dagli stessi La Guardia e Surico: “Stelle nere”, che si culla su frequenze folk-mediterranee vicine alle Corde Oblique di Riccardo Prencipe, la struggente ballata acustica “Forse”, dedicata alla memoria della giornalista musicale Livia Mezzapesa, e “Come fiori”, che ricuce la parentela con i CSI per romanzare al meglio la tragica storia del pugile di origini Sinti Rukelie - trucidato in un campo di concentramento - rappresentano i momenti più alti di un disco sbilanciato più sulla narrazione e l’aura evocativa delle parole che non sulla volubilità delle note. In tal senso rimangono immutati i riferimenti di sempre, da Fossati a De André, da Benvegnù alla Donà, passando da Ginevra Di Marco e Alice, per quello che rimane a tutti gli effetti un progetto musicalmente dimesso, sì, ma liricamente vigoroso, per sensibilità cantautoriale e letteraria, nel suo raccontare storie e personaggi ungarettianamente posati in un angolo e dimenticati.

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