Frammenti (di specchio)
A Long Walk 2016 - Elettronica, Alternativo, Pop rock

A Long Walk

Begli arrangiamenti in una commistione di più anime, che vanno dai suoni analogici verso chillwave e nu-disco

Non è possibile descrivere in un unico frammento l’anima poliedrica e sicuramente non di così facile ascolto dell’album "A Long Walk". Il gruppo veneto sfoggia fin da subito nelle orchestrazioni e nelle dinamiche un’ottima disinvoltura e naturalezza. Rilassati, con un approccio tra il chill e l’acustico più intimo, i quattro musicisti si esprimono al meglio sugli arpeggi perpetui che dominano “Jeux” e “Moon Mirror”.

Seppur i timbri della band siano dettati da suoni analogici, grazie ad una produzione particolarmente curata, l'estetica dei Frammenti (di Specchio) si rivolge altrove, ad esempio alla chillwave di “A Day to the Lake”, brano morbido dalle venature psichedeliche sulle orme di producer vicini alla nu-disco.

Dalle atmosfere calde della prima fase, s’intensificano le composizioni come in “Eating Time” diluita dai lunghi riverberi sulle voci poste in primo piano e avvolte da un’aurea di mistero culminante in un’evoluzione costante di suoni ovattati, come se fossero immersi nelle profondità marine.

La traccia più ambiziosa dell’album, “Afrodite” è di per sé un concept. L’ossessiva ricercatezza della storia porta il marchio delle produzioni lounge di fine anni ’70 senza distrarsi troppo dalla vicinanza sperimentale dei Radiohead, sfruttando una vera e propria marcia mitologica recitata in italiano. È senz’altro il pezzo più sentito dell’album.

Nel repertorio più avvezzo all’elettronica, la band passa dal solco più tradizionale e intimista firmato Bon Iver fino alle reminiscenze trip-hop senza trascurare gli elementi più disco. Una commistione d’influenze, che porta al compimento di “Free to Go”, canzone dotata della medesima filosofia visionaria, quasi mistica, ma in parte frenata rispetto al brano finale. Infatti “The City”, chiude il disco nel modo meno scontato e commerciale possibile, mettendo ancora una volta in luce l’evidente e apprezzabile maturità del gruppo, capace andare oltre a puri esercizi di stile, ma di portare a casa piuttosto un album ben costruito nella sua interezza. Una sinergia tra i quattro musicisti tanto forte quanto la loro abilità nel produrre arrangiamenti ineccepibili tanto da far invidia a molte delle produzioni underground quanto a quelle mainstream.

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