Giglio
Mamma Quartieri 2015 - Cantautoriale, Pop, Funk

Mamma Quartieri
24/12/2016 - 10:00 Scritto da Sergio Sciambra

Fra canzone popolare e sound cinematografico all'italiana, l'ottimo esordio solista di Giglio dei The Gentleman's Agreement

Con i The Gentleman’s Ageement era passato per country, swing, musica brasiliana, italiano, inglese e portoghese fino ad arrivare a una sintesi sorpendente, quella del concept “Apocalypse Town”, che cantava di Moloch industriali à la Metropolis e decrescita felice a ritmo di una specie di samba psichedelica prodotta con l’ausilio di bizzarri strumenti autocostruiti.
Non era facile da immaginare quindi, ma forse nemmeno deve stupire, che il frontman di quella formazione, Raffaele Giglio, per la sua prima prova da solista sia ripartito dal mondo nelle sue immediate vicinanze; ovvero da Napoli, precisamente i Quartieri Spagnoli: il Ventre di Napoli dà il nome all’album e quella “Mamma Quartieri” è il palcoscenico su cui si muovono i personaggi delle nove storie che lo compongono. Il femminiello, il mariuolo, la signora del vico e il pazzo di quartiere, la ragazza rom; personaggi della mitologia dei vicoli di Napoli o nuove figure di quel complesso mosaico si raccontano, spesso in prima persona, prendono vita come nel teatro di Viviani (fra i primi a raccontare la Napoli popolare).
O come in un film: anzi, l’influenza musicale e culturale che informa è impreziosisce questo album è proprio quella delle colonne sonore di scuola italiana. Quello di Nino Rota, anche perché qualcosa di neorealista forse c’è pure nella prospettiva di molti dei testi dell’album, è uno dei primi nomi a venire in mente, insieme a quello di Morricone e a quelli di gruppi come Guano Padano, Sacri Cuori, per certi versi anche Calexico, che da quell’humus musicale hanno attinto linfa negli ultimi anni.
Anche in “Mamma Quartieri” troviamo proprio quella miscela di spaghetti western (“Figl’e ddio”), anni 60 made in Italy, malinconici arrangiamenti circensi e toni da banda di paese che ci rimanda a quell’immaginario a metà fra l’Italia e l’America vista dagli italiani. Ma non bastano riverberi e chitarre slide a farci dimenticare che qui non siamo né in New Mexico né nella Romagna felliniana: siamo a Napoli, e se non bastasse l’impeccabile napoletano di Raffaele a ricordarcelo, c’è sempre forte l’influenza della tradizione musicale partenopea, nella versione più classica (“‘O bammeniello”) o in quella ibridata con lo swing di Carosone (la murder ballad “T’accido Carmé”, che delle canzoni del grande pianista condivide anche lo spirito umoristico e surreale). In effetti, l’album di esordio di Giglio si può inscrivere nella vivace scena cantautorale che da qualche anno abita il capoluogo campano (se ne parlava qui )e che, soprattutto dal punto di vista tematico, parte da premesse simili a quelle di “Mamma Quartieri”. C’è però da dire che la forza del concept complessivo che riassume la scelta e lo svolgimento attento di sonorità e tematiche probabilmente mette questo album una spanna avanti alla maggior parte di quello che si produce in città. Ma anche in una posizione interessante ed originale all’interno del panorama nazionale, per la grazia con cui unisce la canzone popolare e l’attitudine da cantastorie con un certo gusto musicale retrò che trova spazio perlopiù in progetti a vocazione strumentale.
Insomma, qualunque sia il vostro rapporto con la canzone napoletana, a queste nove canzoni potrebbe realmente valere la pena di dare un ascolto.

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