“Splende il sole, Altrove, Dove?”. Già, dove? Ascoltando questo caleidoscopico esordio del musicista romagnolo si viene colti da un senso di disorientamento, quasi che la paracusia voglia causartela lui a forza di riverberi, melodie stranianti e testi che oscillano fra minimalismo e flussi di coscienza. Come in una vertigine ipnagogica, la materia che ci circonda appare ovattata, e ci sembra di fluttuare in un magma sinestetico di onde sonore e luminose, che ci conducono da una Riccione psichedelica di giochi acquatici e luci stroboscopiche ai tropici dark di "Vulvapop", dall'albachiara sotto acido di “L'archetipo di Artemide” all'intervallo psychofunky di “De columnis herculis”.
Quello di Lennard Rubra è un universo strambo, onirico, retrofuturista, affascinante in modo perverso, come i suoni che arrivano distorti quando soffri di paracusia.
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