C’è una velata malinconia che attraversa le diciassette tracce di “Omnia”, il nuovo disco di Capibara, insieme a una tensione che costringe l’ascoltatore a un vago senso di apnea. Nel sollecitare percezioni diverse, il produttore romano ha giocato sui contrasti, trasferendo in musica le anime diverse che fanno parte del suo bagaglio artistico e tessendo una trama che, pur apparendo uniforme, lascia che i differenti elementi restino in rilievo.
La sua forza è proprio questa: in un quadro eclettico che dall’elettronica muove verso il dub, la techno, ma anche la black music e il reggaeton, colpi di scena e lampi di follia spiazzano e seducono, conducendo lungo un percorso poliedrico e originale. "Omnia" è per questo un disco complesso dentro cui cercare stimoli e trovare soluzioni singolari e diversamente contaminate, facendo convivere il gusto per le dissonanze acide e percussive ("Prodigio", "Santa Roma") alla morbidezza quasi lineare delle melodie ("Kojima", "Ultra Pop Love Song"), le direzioni cinematografiche ("Cattivi United") e quelle apparentemente spensierate ("Tsundere", “Asinine”), la sperimentazione ("Ex prodigio", “Wall Maria Asteroid Blues”) e la spinta propulsiva e liberatoria (“Mon Amore”, “Fantino”).
Nella sua ricercatezza, “Omnia” è un disco che esce dagli schemi, impegnando l’ascoltatore a misurarsi con un linguaggio nuovo da decifrare per entrare in completa sintonia con questo percorso sonoro.
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