Saymo
Odio su Tela 7X24 2018 - Rap, Hip-Hop

Odio su Tela 7X24
08/03/2019 - 14:30 Scritto da Marco Beltramelli

Cresciuti a Rosti di patate e Colle der Formento.

Un giorno, qualche tempo fa, sul treno, tornando da Torino, condividevo il posto con due ragazzi svizzeri. Entrambi portavano delle enormi cuffie calate intorno al collo, al primo, di origine sudamericana, spuntava un’enorme coda riccia dal retro del cappellino da baseball, era massiccio e continuava a ridere a voce altissima. L’altro, smilzo, indossava baggy jeans bassissimi e delle scarpe a pianta larga tipo quelle che andavano di moda una volta tra gli skater. Attaccarono bottone parlandomi della canapa legale, già commercializzata nella loro nazione, e continuarono il discorso sommergendomi di pezze sulla loro grande passione per il rap italiano, citandomi i nomi di Bassi Maestro, Jack the Smoker e Mondo Marcio. Esponendomi la situazione fervida del Canton Ticino dove, settimanalmente, si tenevano diverse gare di freestyle. Ma ciò che mi sconvolse di più fu quando, con il fervore di un ultrà, cominciarono a tessere le lodi di quello che era in assoluto il loro idolo musicale, Inoki, cantando sue strofe sul treno, mettendomi anche, sinceramente, un po’ in imbarazzo.

Arrivati a Milano, fortunatamente, loro cambiarono per Chiasso. Sorridendo, Pensai che non ci fosse niente di male, che in fondo non fosse nient’altro che una sana passione un po’ nostalgica. Come quella che, del resto, nutro io per gli ormai estinti fantasisti delle piccole squadre provinciali della serie A. Inoki nel rap un po’ come Flachi, Miccoli e Morfeo nel calcio. Le bandiere, i vessilli, Gli ultimi strenui portatori di quell’anelito di poesia che, nello sport come nella musica, è ormai stato sopito dalle trituranti regole del mercato. Solo oggi, ad un paio di anni di distanza, ascoltando per la mia prima volta un rapper svizzero, quest’assurda situazione assume dei contorni più definiti. A Lugano le strade saranno pulite, i servizi efficienti, il reddito di cittadinanza elvetico sarà mediamente più alto di quello italiano, la televisione pubblica trasmetterà in chiaro tutte le partite della Champions ma, se si parla di rap, la Svizzera rimane probabilmente ferma agli anni 90, al 2theBeat. Ora, io non sono un esperto conoscitore della scena musicale di ogni cantone ma presumo che, in una nazione così piccola nella quale si parlano lingue così differenti, sotto alcuni aspetti, una certa sudditanza psicologica dai Paesi vicini possa essere del tutto giustificabile. Tracciando un altro parallelismo con il calcio, i due ragazzi sopra citati -per quanto svizzeri- stavano tornando da una partita della Juventus. Ma, a quanto pare, da “Mr. Simpatia” in poi, gli album italiani sono rimasti bloccati alla dogana (sto scherzando amici svizzeri, è solamente un eufemismo).

Dall’alto del mio non essere un cazzo di nessuno, a meno che non sia spinto da motivazioni ideologiche valide, mi scoccia sempre parlare male di un disco. Ed è effettivamente impossibile parlare male del primo album ufficiale di Saymo. “Odio su tela 7x24” è un album ben prodotto, ben rappato, scritto accuratamente, con il giusto spazio dedicato ai featuring. Pecca solamente di un unico difetto: risulta un po’monotono. Non mi sto riferendo ai flow delle canzoni, comunque ben differenziate, È un lavoro che manca di un vero e proprio acuto, banalmente orfano di un singolo forte, non è abbastanza aulico da essere paragonato a Murubutu, non è abbastanza Hardcore da riuscire a trasmettere tutta la rabbia che racchiude. È un album che non aggiunge nulla di nuovo alla storia di un genere che sta andando in tutt’altra direzione ma, allo stesso tempo, non riesce ad emulare i livelli dei suoi predecessori, un disco cui titolo racchiude bene la “weltanshauung” di quest’opera: sarà pure un tributo ad una grande band del passato, i Colle der Fomento, ma rimane pur sempre una scelta banalotta e poco originale. Insomma, se nel (quasi) 2019 devo ancora sentirmi ripetere frasi del tipo preferisco continuare a “sfonnarmi” di Dj Gruff.

Saymo è un interprete molto giovane che ha sicuramente messo in vetrina delle doti fuori dal comune, a cui probabilmente il successo mainstream importa relativamente e che, a quattro anni dall’Ep di debutto, forse, deve semplicemente trovare la sua direzione. Ma ribadisco, di come vada la scena rap svizzera non ne so nulla, questo rimane un giudizio ad almeno 30 km dal confine. Lasciatevi ispirare dalla presenza di Guè Pequeno in città. Per ora, il più grande artista svizzero in Italia, rimane ancora Paolo Meneguzzi.

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