Terre Differenti
Cities of dreams 2005 - Jazz, Etnico, Elettronica

Cities of dreams

L’importante è contaminarsi e contaminare. Mettere insieme tutto e il contrario di tutto, fidarsi del jazz, convertirsi alla new age, accendere un cero al rock, fermarsi a fare compere in un suk. È la logica dei Terre differenti, è il verbo di “Cities of dreams”, il loro secondo album. Un lavoro molto ben curato, figlio di un melting pot a tutto campo, fusione di stili, di antico e moderno, di oriente e occidente. Un atterraggio tra le lande della world-music, proposta in chiave elettronico-acustica e corrotta dalla potenza della madre-terra, ispirata da arrangiamenti sempre all’altezza e mai banali. L’unico problema è un po’ di monotonia, che fa spesso capolino, specie nella prima parte del cd, quando le atmosfere dei pezzi si appesantiscono dietro un suono a volte troppo meccanico, risentendo eccessivamente di una certa piattezza in salsa new age. Anche se nessuno potrà mai disconoscere la bellezza dell’atmosfera onirica di “Flower of sorrow” (un piccolo capolavoro), le cose migliori “Cities of dreams” le offre quando i Terre differenti mettono insieme minimalismo elettronico e richiami jazz (“Jaded moons”), tirano fuori le chitarre di Robert Fripp (“Lost in her world”) e omaggiano i primissimi Genesis (quelli di Peter Gabriel). Cose decisamente interessantii, che però cozzano con tutto il resto della track-list e con i suoi eccessi di autocompiacimento.

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