"Area song", la prima canzone di questo disco, sembra essere una specie di "biografia istantanea" per Brighèla, cantautore nato a Livorno ma cresciuto a La Spezia. Già perché questo è un lavoro al contempo moderno, con quel folk scanzonato e "analogico" caro a tanti cantautori di questa generazione, e dall'altro anche antico, visto che "Una storia siciliana", forse il pezzo più bello di tutti, potrebbe essere stato scritto nel 1976 e nessuno se ne sarebbe accorto. Eppure Brighèla, nonostante qualche incertezza, come in "Atlantide", in cui non si capisce se "conti più il testo, la musica o l'unione delle due", realizza un disco molto interessante, caratterizzato da una penna che è in grado di suscitare "ruvide emozioni", non sempre, purtroppo, sostenuta da arrangiamenti degni. Infatti la vera pecca di "Brighèla" sta negli arrangiamenti, che alle volte sono davvero troppo scontati e un po' inconsistenti rispetto a dei testi mai banali (sì, ci stiamo riferendo ancora una volta a "Atlantide", ma si potrebbero fare anche altri esempi). Tuttavia, lungi dal voler criticare tutto del lavoro dello spezino, va detto che Brighèla è davvero un disco con spunti molto ma molto interessanti, che mantiene il suo "buon sapore" anche dopo svariati ascolti. Insomma: questo è un esordio e se Brighèla passerà più tempo in studio, il prossimo disco sarà un gran bel lavoro. E noi, siamo certi, che sarà proprio così.
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