UnTimore
Il Falò dell'Umanità 2019 - Cantautoriale, Pop, Rock d'autore

Il Falò dell'Umanità
01/05/2019 - 10:30 Scritto da Emma Bailetti

“Il falò dell’umanità” sembra più un trattato filosofico-sociologico che un disco: è sguardo attento sull’individuo moderno e sulla società, tra debolezze e contraddizioni, in stile cantautorale.

Numitore Fiordiponti, in arte UnTimore, scrive e canta con un timbro bassissimo che fin dalle prime parole ricorda Mauro Ermanno Giovanardi dei La Crus. “Illusi reclusi” è il primo singolo tratto da “Il falò dell’umanità”, e definisce immediatamente l’idea che c’è dietro l’intero disco: parlare dell’individuo moderno in tutte le sue forme, con le sue debolezze e contraddizioni, attraverso uno stile cantautorale che fa dell’essenzialità il suo fondamento e dell’importanza delle parole la sua essenza. “Illusi reclusi”, infatti, siamo noi “dispersi affannati”, senza punti di riferimento rincorrendo vacuità.
L’attitudine, dicevo, è puramente cantautorale, con qualche lieve ingresso di synth (“Mentre ridiamo”, soprattutto), ma sono le parole e i concetti a dominare le melodie: così “Perder la memoria” è il peso dei rimpianti, accentuato dalle distorsioni in apertura del brano, l’idea che col senno di poi certe cose si possano sistemare (“vorrei perder la memoria così da riviver la mia storia”), ma non è che un’illusione, ché “ora ho perso la memoria e non ho più una storia”; “Il divano” è la nostalgia canaglia di un addio, un amore che finisce, io che “guardo il divano ma tu lì non ci sei”, tra nostalgia del passato e malinconia del presente; “Mentre ridiamo”, più ritmata e con zampilli di synth, è paurosamente attuale, è deriva tecnologica e un’accusa alla nostra tendenza distruttiva a sottovalutare le cose, e “precipitiamo nella miseria mentre ridiamo e ci scherziamo su”; “Strega” è un incantesimo che “trasforma il dolore in piacere”, e forse solo la magia ci può riuscire.

Allora “Il falò dell’umanità”, il cui titolo non è casuale, ma richiama evidentemente il più noto episodio del “falò della vanità”, che si proponeva ipocritamente di eliminare tutto ciò che provocasse vanità - non ultimi libri, canzoni e strumenti - sembra più un trattato filosofico e sociologico che un disco e si propone, allo stesso modo, di “bruciare” e condannare tutto ciò che ostacola l’umanità e ci fa perdere i valori realmente importanti. È un periodo d’ombra descritto con l’immagine ossimorica di un falò che, in quanto tale, diffonde luce intorno. E chissà che questa luce non possa farci risvegliare.

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