Attraverso questo viaggio nel “Superspazio” i Tubax festeggiano la loro ultradecennale carriera durante la quale il virtuoso combo bolognese ha prima forgiato e poi consolidato il proprio sound che più che un genere musicale rappresenta piuttosto una vera e propria scuola di pensiero basata sul continuo flusso creativo.
Le composizioni del trio procedono infatti completamente libere da schemi preimpostati, enfatizzando il racconto sonoro e dando priorità alle sensazioni evocate. Per questo motivo all’interno dei brani si possono trovare ispirazioni anche contrastanti ma perfettamente giustificate dalla visione finale del lavoro che riesce a dare coerenza ad un impasto quanto mai eterogeneo: un concentrato di math rock che si scioglie in espressioni psichedeliche da cui nascono esplosioni in bilico tra dance robotica e krautrock che talvolta inceneriscono schegge funk (lanciate in aria soprattutto dalla sezione ritmica) rendendole polvere cosmica, e altre volte invece si diramano in mille direzioni tramite le inafferrabili improvvisazioni di frenesia jazzistica.
Il passaggio tra un brano e l’altro è impercettibile poiché sfumato dall’attitudine a cambiare repentinamente ritmi, umori e scenari che è interna anche alle singole composizioni, per cui l’ascolto di “Superspazio” procede come fosse un unico racconto in dieci capitoli attraverso i quali, proprio come in un viaggio spaziale, si affrontano momenti più tranquilli e altri di tensione crescente fino a giungere a vere e proprie rincorse di navicelle intergalattiche nei momenti più concitati e adrenalinici.
Il viaggio dei Tubax conduce lontano nel tempo e nello spazio, tra fantascienza e futuro.
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