Nulla di nuovo in pentola, la musica di Iggy & His Booze richiama alla mente decine e decine di band che dagli anni '60 tracciano i solchi del rock'n'roll sudista e desertico, con camice sfrangiate e cappelli a tesa larga.
La band bolognese sforna un disco che si chiama "A Place to Call Home", ed anche qui le novità sono da cercare col lanternino: la cara vecchia casa rock-blues, quell'ingresso con gli scalini, il corrimano bianco di legno e la porta senza serratura, che tanto confortevole in ogni angolo pare, ma non è altro che la solita casa polverosa dove si rifugia il musicista senza un vero e prorpio tetto.
Le solfe con le armoniche alla Bill Haley, i fraseggi di chitarre elettriche tipo Lynyrd Skynyd, tutto questo ha preso il treno a vapore e se n'è tornato a Jacksonville da tempo assieme agli stivaletti a punta. In Italia, oggi, far uscire un disco così è anacronismo puro.
Intendiamoci, non c'è nulla che non vada dal punto di vista tecnico (ogni tanto gli assoli sono fuori tempo ma vabeh capita) o nell'ambito puramente stilistico, ogni singola canzone è suonata col cuore e questo si avverte, ma il 2020 richiede a chi fa musica quantomeno uno sforzo innovativo nei suoni o nell'approccio interpretativo a chi sceglie di fare un genere così classico, a meno che non lo sappia fare meglio di chiunque altro.
E chi sta scrivendo ama il blues sopra ogni genere. Ma c'è sete di novità.
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