Compilation
Songs For Another Place Vol. 1 2006 - Strumentale, Sperimentale, Psichedelia

Songs For Another Place Vol. 1

Telefona. Dice che arriva, poi tarda. Bussa. Entra piano. Entra, però. Ti stavamo aspettando. Come si fa? Ci sediamo e ascoltiamo, semplice. Prendiamo un caffè assieme. Italiano, certo, almeno questo... Non è un problema di sonno, resterei comunque sveglio, anche così senza caffeina: basta aspettare la prossima canzone. Se proprio non reggo al massimo spengo, lascio lì, riprendo dopo. No maratone in musica: se non c’è il fiato, mettiamo in pausa. Per noi che ascoltiamo, il tasto con le due stanghette non significa gabbia.

Just relax and take it easy, la frase giusta. Qui si tratta di un progetto che, grazie alla neonata AwfulBliss e alla rinomata Urtovox, unisce due continenti nel nome dell’indie-Qualità. E poco importa se non tutte le canzoni sono Capolavori o altro: il livello medio è alto come i picchi emozionali che si toccano talvolta. Le distanze s’annullano e la sensazione è di sentirsi in una grande famiglia: il padre statunitense, naturalmente portato, il figlioccio adottato italiano, che ha imparato e sta imparando. Non ci sono star, tutti scrivono per esserci.

D’altronde, è una compilation che si chiama “Songs For Another Place”. Un posto immaginario senza confini e gerarchie musicali. Per chi sogna che anche l’Italia possa produrre senza timidezze roba che non abbiamo storicamente nelle corde. “Ambizione” non è la parola giusta, ma è la prima che viene in mente. Perchè questa compilation che infila in un cd una collana di canzoni americane (curata da AwfulBliss) e nell’altro un variegato percorso artistico di band italiane (curate da Urtovox) significa distribuzione reciproca. Scambio culturale. Un discorso di comunicazione in senso ampio, come afferma Paolo Naselli Flores di Urtovox.

Così, racchiuse dentro un digipack giallosenape (almeno il mio, ma ce ne sono due versioni), si alternano grazia e delicatezza e anche un po’ di maniera senza soluzione di continuità (quella è assicurata dal caffè italiano). Nel primo cd, americano, predominano la chitarra acustica e gli slow-tempo e la country-atmosfera, e stupisce ancora una volta quanto la facilità e la naturalezza di approccio anche negli episodi peggiori non venga mai a mancare. “Attitudine” non è la parola precisa, ma è la prima che viene in mente. Nel secondo, invece, tutto italiano, è come pensarsi in un best of della nostra scena indie. Songs For Ulan apre come apre nel suo ultimo LP di recente pubblicazione, e apre bene. Rincuora il ritorno di Prague, che aspettiamo con un nuovo disco felicemente stonato. Non potevano poi mancare gli alt-country per antonomasia: Midwest e Franklin Delano, naso-naso fra il mezzo capolavoro degli Hogwash e le godurie jazzy-core dei Rosolina Mar. Ma è inutile citarli tutti. Sprecheremmo parole. Meglio affondare in poltrona, chiudere gli occhi, viaggiare. Ma occhio al caffè: macchia.

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