Porfirio Rubirosa
Fresco e Spumeggiante 2005 - Rock'n'roll, Pop, Easy-listening

Fresco e Spumeggiante

Porfirio Rubirosa era un notissimo atleta, playboy, spia e diplomatico, figlio di un generale di Santo Domingo, che impazzò nel jet set internazionale dagli anni 30 al 1965, quando, dopo mille intrighi economici e politici, morì in un incidente d’auto. La sua dote più nascosta e importante diede il nome a quei grandi macinapepe, larghi quanto un polso e lunghi come un braccio, che si trovano nelle pizzerie. Altro che Rocco Siffredi.

Ora un avvocato trentenne di San Donà di Piave, provincia di Venezia, immagina che in realtà dopo Porfirio sia stato avvelenato e quindi criogenizzato, e che dopo 40 anni - trovato l’antidoto al veleno - e il suo cadavere sia stato scongelato. Bella idea. Il nuovo Porfirio è proprio lui, e si presenta sulle scene con un cd di canzonette simil-sessanta sbarazzine e volutamente scioccherelle che citano indifferentemente un po’ di beat, il post-rock’n’roll melodizzato di Pat Boone e della sua “Speedy Gonzales”, un certo immaginario alla “Sapore di mare” dei fratelli Vanzina. Pieno spirito revival, alla cui buona intenzione di partenza però non segue adeguata realizzazione. Stona un po’, quel Porfirio così anni 40 accompagnato da una band, i Sessantamidatanta, addobbata in stile space-age. Notazione che in sé è una quisquilia, una pinzillacchera, ma che invece è rivelatrice dell’approssimazione con cui l’operazione è condotta. Perché allo stesso modo stonano quei brani più chitarrosi e quasi garage (“Quando scendi in pista tu..”) al fianco di quello bambino, perbenista e un po’ latino alla Pat Boone di “Il pedalò”, stona quel pedalò – come ha notato Franco Zanetti in una bellissima recensione su Rockol.it che vi consiglio di leggere – che negli anni 60 non c’era, stonano certe rime forzate, stona quell’eccesso di divertimento rassicurante alla Vanzina anni ’80. Insomma, certo, non si pretende la filologia, che non è davvero il caso, perché questo è un disco fatto per divertire: ma non si può mischiare ogni cosa senza far nascere nulla di nuovo e limitandosi a un catalogo di luoghi comuni – anche musicali – che vorrebbero essere divertenti e fan solo sbadigliare. Peccato: una così bella idea buttata via, con così brutte maniere.

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