In "Multiverse", con il suo solo pianoforte, il compositore campano Marco di Stefano trasforma sei poesie di Lucilla Trapazzo in brani strumentali che sperimentano un'alta ricerca artistica a metà tra la dimensione classica, l'ambient e la spoken music. Con cambi di velocità, di andamento e di ritmi le tracce si materializzano così sui tasti bianchi e neri, come flash, saette e frammenti sonori, ad eccezione di "Salmodia" che è un pezzo lungo e strutturato. Dal punto di vista musicale le atmosfere più accattivanti sembrano essere quelle di "Indaco", prima movimentata e poi lenta, e di "Yoni", una dolce melodia variopinta con qualche sfumatura orientale unita a un profumo di romantico film muto senza colori.
La ricerca di una sofisticata bellezza e la volontà di unire note e poesia sono certamente obiettivi encomiabili, ma nella presentazione del progetto potrebbe essere utile qualche appunto in più sui testi da cui i suoni prendono vita, per poter immaginare facilmente emozioni, figure e fotogrammi durante l'ascolto. Sarebbe ancora meglio se le poesie potessero direttamente corredare i brani, sotto forma di testo scritto o di interpretazione vocale, come accade nella versione di "Ali" con la presenza dell'autrice, anche se qui forse in generale la qualità della registrazione e della produzione audio può essere ulteriormente migliorata.
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