Djeco
Animambo 2022 - Metal, Alternativo, Shoegaze

Animambo
14/02/2022 - 16:58 Scritto da Stefano Gallone

Orrore suburbano, contorsioni a metà via tra Zappa e John Zorn, ossessioni ritmiche, fame di nuova carne sonora, lucida follia. Questo e molto altro è il nuovo lavoro firmato Djeco

Basta guardare bene e provare a comprendere il senso della copertina di Moseca, il primo Ep del progetto Djeco, per capire come il duo Sguanci/Betti sia qualcosa di salvificamente fuori dal comune, almeno per quanto riguarda casa nostra. Quella citazione così evidente e diretta, in riferimento al Paviglianiti mangiafagioli della Cinico Tv di Ciprì e Maresco, ben evidenzia l'essenza e, probabilmente, anche lo scopo di un corpo sonoro così apparentemente contorto e sconclusionato.

Quello che in realtà sta alla base del disarmante flusso di coscienza sonica di un album come Animambo è qualcosa di molto ben delineato secondo una personale e oscura visione del mondo, un'idea di esistenza terrena che fa tesoro di preziosi riferimenti talmente intrisi di disillusione estrema da riuscire quasi a creare mondi paralleli dove la più assoluta ma ragionatissima follia è il comun denominatore di ogni respiro e ogni scampolo di movimento.

Il discorso portato avanti con enorme consapevolezza dai bassi e dalle ritmiche di Sguanci e Betti, infatti, trae linfa vitale da una commistione molto particolare di progressive sperimentale, noise underground e psichedelia tribale perfettamente in grado di dar vita a una 'nuova carne' – come da citazione cronenberghiana finale – che sia matrice di un orrore suburbano e subumano troppo spesso celato dalle apparenze e ora, finalmente, alla portata di tutti tra uno streaming e l'altro. Un po' come se Lovecraft o il Sutter Cane di Carpenter aprissero un canale YouTube per invitarci a un corso online di vita tra gli inferi, nel qui e ora dell'essere quanto più distante possibile dal comune senso del pudore.

Animambo non le manda di certo a dire, anzi estremizza proprio quel concetto di putrefazione artistica che non è affatto mero escremento gettato in pasto a sterili opinionismi, semmai veicolo essenziale per l'innalzamento dell'asticella di approcci sempre più corposi a un dato sonoro in divenire. Giunti a buon punto di una particolarissima evoluzione stilistica, infatti, Sguanci e Betti sadomasochizzano l'ascolto a forza di liturgie malate e spossanti, spaventose e stranianti quanto perturbanti nel loro saper coniugare riferimenti zappiani al lato oscuro, fantasmatico e assassino del John Zorn di Naked City e Moonchild, passando anche per incursioni underground alla Fugazi, simulazioni jazzate e sbeffeggiamenti funk-pop solo per aumentare il livello di fruizione hard esplicativa.

Gran disco, gran progetto e grande idea sonora complessiva.

Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.