Vappa
Funk Bazar 2006 - Soul, Ska, Funk

Funk Bazar

Contaminazione dei generi. Un’espressione che suona estremamente à la page, in qualsiasi ambito artistico lo si applichi. Se poi si parla di musica, in molti si leccano i baffi: come se maneggiare stili diversi, contemporaneamente, sia sempre una gran garanzia di bravura, d’apertura musicale/mentale, d’ergonomia in generale. Perché su questo siamo tutti d’accordo: il mondo è bello perché è vario, e uno non può fare dieci pezzi tutti uguali, senza cambiare nessuna virgola. O ancorarsi sempre allo stesso genere. Tuttavia, i dischi dovrebbero avere una loro coerenza interna, sono davvero in pochi a potersi permettere certi lussi, e certamente non agli albori di un’eventuale carriera.

Il lavoro dei Vappa ha cercato di rispondere proprio alla chiamata della cosiddetta contaminazione dei generi, un po’ perché è la contaminazione stessa che si è fatta genere – soprattutto quando vengono tirati in ballo lo ska, il reggae, la patchanka. E mettiamoci il funk, ovviamente, visto che il titolo del disco è proprio “Funk Bazar”. Un gran bazar, dunque, un pentolone che ribolle con energia. Ma che confonde le idee, traccia dopo traccia: non è il massimo aprire un disco con un felice stacchetto di fiati, perché ci si immagina un gruppo simil-ska, alla Matrioska per esempio. E non è così, perché subito dopo c’è la base funk con tanto di woa woa. E poi bridge accelerato con assolo di chitarre un po’ incazzate. E poi di nuovo il funk ma stavolta con la voce che si esibisce qualcosa che vorrebbe essere uno scat un po’ soul, un po’ etnico. E tutto nella stessa canzone…
Certi cocktail rischiano di essere fin troppo pericolosi: dopo un paio di pezzi come "Lugano In Love" o "Capolinea", si rimane basiti dall’intro pseudo elettronico di "Frankie" – e non è l’unico. O dalla più rockettara "Club Prestige".

Dal vivo probabilmente fanno venir una gran voglia di ballare e riescono ad essere più coinvolgenti e convincenti. Su disco forse devono ancora chiarirsi un po’ le idee, accordarsi ben bene per limare il surplus e lavorare su quei due/tre passaggi davvero meritevoli. E trovare coerenza, appunto.

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