The Huge
Landescape 2006 - Soul, Pop, Acustico

Landescape

Persone normali, accorrete. E' il vostro momento per atteggiarvi alternative e cantare tutte insieme senza passare da una major. E voi, indierocker, non fuggite, qui c'è tutto il mainstream del mondo, ma è filtrato da un'etichetta indipendente, potreste anche sopravvivere e canticchiare. Da ascoltare c'è il disco di Gianluca Plomitallo, che in arte indossa gli enormi panni di The Huge per mettere insieme le melodiose ballate pop che compongono "Landescape", suo disco d'esordio (già recensito in versione demo su questo pagine) e forse migliore uscita de L'Amico Immaginario (per dovere di onestà, non vado pazzo per le altre).

Tutto parte da Elton John e finisce con George Michael. La voce, le melodie, i suoni. Un ragazzo campano fulminato dal pop inglese fine'70-fine'80, che prova a risuonarlo mettendoci tanto talento, qualche sporadica buona idea e pure un po' di classe. Il risultato è altalenante, ma molto credibile. Qualcuno potrebbe definire The huge un piccolo Robbie Williams senza atteggiamenti di immensità, o per restare nella penisola, un talentuoso Mike Francis alternativo dei giorni nostri. Certo è che il buon Gianluca ha nulla da spartire con l'immaginario indipendente nostrano. Il suo sguardo innamorato punta dritto all'Inghilterra. L'approccio internazionale è però solo parzialmente efficace, la sensazione è che la sua musica oltreconfine farebbe una figura tipo quella degli italoamericani newyorkesi convinti che Gigi D'Alessio produca dischi moderni. E forse il limite è proprio questo, l'aver ammorbidito ogni suono come in un grande bidone di ovatta, rinunciando alla ricerca di una personalità per riscaldarsi in una sorta di neomelodismo napoletano virato verso la Londra anni ottanta. Voce sempre (e giustamente?) in bella vista sopra tutti gli strumenti. Tappetoni elegantissimi di pianoforte. Delicati rintocchi orchestrali a disegnare soffici cornici melodiche. Ritmo lento ed allungato. Canzoni malinconiche ed ammiccanti, interpretate con l'aria da navigata popstar coperta di lustrini che lancia sguardi ad uno stadio pieno di accendini accesi a dondolare.

Un disco interessante per il suo essere fuori da ogni moda e tendenza. Indubbiamente coraggioso e riconoscibile. Al suo interno trovano spazio canzoni splendide come la killer popsong d'apertura "Winter out in my summer", ma anche alcuni momenti lagnosi e ridondati, difetto che alla lunga ammoscia un disco che tende ad appiattirsi nonostante lo spessore e che avrebbe potuto essere entusiasmante con una maggiore ricerca sonora e qualche imprevista soluzione strumentale. Resta comunque l'impressione di un talento puro, quasi straordinario nel riproporre il pop alla maniera dei grandi interpreti storici. Magari The Huge diventa davvero famoso, perchè no.

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