Dario Serafino
S/t 2007 - Soul

S/t

Quell’ uomo disse: “Now listen to the beat, Kinda pat your feet, You got soul, and everybody knows”. Si chiamava Curtis. Amava la chitarra funk, il r&b e l’amore. E fu tra i primi impression-isti a spingere l’idea di message music. Non solo ritmo. Sentimenti e anima. This is soul baby, riiight? Il soul singer Serafino sa sicuramente di chi parlo. In quei giorni il rock’n’roll storpiava la musica “italiana”. Mina, Celentano e quegli altri che già sapete non ci capivano più nulla. Però parlavano molto di amore nelle canzoni. Come nel soul. La musica dell’anima per assurdo era molto vicina all’attitudine italiana di gente come Lucio Dalla e amici vari. Non si capisce perché quindi il Soul Italiano non sia mai esistito realmente, nonostante le somiglianze tra le storielle bianchiccio-europee e i suoni afroamericani. Pochi ci hanno provato. Molti ci hanno rinunciato. Alcuni sono finiti a Sanremo a chiedersi cosa fare sette-giorni-su-sette. Ma una vera scena Soul non c’è mai stata. Dario Serafino fa parte di un nuovo gettito indipendente parecchio legato alla black music. Ma. E metto in risalto ma. E’ tutta un’altra storia. Lì si sfamavano con toast, blaixploitation e “Superfly” (musicato dallo stesso Curtis Mayfield), qui si beveva vino nel "Giardino dei Finzi Contini" di De Sica. Due grandi figate forse. Ma due realtà opposte. Nel disco di Serafino ad esempio oltre quelle quattro leggere paroline gentili si percepisce al di là dell’educata voce quel vorrei-farcela/dai-ti-prego/spingi-diaframma-di-merda/che-somiglio-sempre-più-a-Musiq-Soulchild. Ma. E rimarco il ma. E’ l’attitudine che manca. Guardate in faccia Dwele o Amp Fiddler e poi date un occhio a Dario Serafino. Mondo, Italia. Le differenze sono molte. Sono troppe. Nonostante il buon tappetino di suoni easy listening. Soffice mood sospeso come il fumo sotto le lampade. Insicuro. Raphael Saadiq vive a Oakland e ha una voce che agli stessi brividi viene la pelle d’oca, Van Hunt dall’Ohio ha un timbro fighissimo per fare soul, e si potrebbe continuare fino a sazietà del lettore. Dario Serafino invece ha una voce. Punto e basta. Non è nemmeno tutta sta novità fresh. Questo disco dovrebbe chiamarsi “The Italian Version Of Afroamerican Soul”. Con estrema onestà. Se vogliamo giudicare un disco ok, ma se si vuole introdurre un suono inesistente da queste parti c’è da ascoltarsi e viversi un beat e battere nel modo giusto i piedi. Se hai anima la gente lo sa.

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