Mercanti di Liquore
MIserabili [W/ Marco Paolini] 2008 - Cantautoriale

MIserabili [W/ Marco Paolini]

"Miserabili" segue di quattro anni "Sputi", primo frutto del sodalizio Mercanti di Liquore-Marco Paolini e uno dei dischi più belli degli ultimi anni. Là il tema era l'acqua, qui l'economia, con un occhio di riguardo per la fase in cui Thatcher e Reagan sacrificarono il welfare state sull'altare del neoliberismo. Lo sguardo è critico, tra l'incredulo e il distruttivo, e colpisce per l'attualità. Fatto per nulla scontato, perché questo lavoro sarebbe dovuto uscire un anno fa, quando la parola crisi non era certo inflazionata. Insomma, "Miserabili" è un concept vero, ortodosso, che parte dall'economia per parlare di lavoro, rapporti umani e società. È un disco difficile e solo a tratti riuscito. Rispetto a "Sputi", Paolini pare sottotono: mai istrione, ma "solo" narratore, finisce per appesantire un tema di per sé non leggero. In ogni suo intervento si avverte che il grottesco cede il passo all'amarezza, a una sorta di rassegnazione a rimanere a guardare. Su tutto aleggia un'aria di sconfitta: se la figlia del sindacalista irredimibile va a farsi soldato per campare ("Rossana"), vuol dire che sono scoppiati i sogni di libertà ed emersione di un'intera generazione. Quella generazione che si trova all'alba del pensionamento a dover cercare lavoro in un'agenzia interinale: è quanto accade in "Angelino Sempreinpiedi", pezzo bellissimo e struggente, che rielabora in modo originale sia Enzo Jannacci che nomi storici della canzone di protesta come Ivan Della Mea e Gualtiero Bertelli, dimostrando per l'ennesima volta il primato dei Mercanti di Liquore nel campo del cantautorato italiano. Paradossalmente, nelle difficoltà e nei passaggi a vuoto del disco emerge con maggiore forza la bravura del trio lombardo, che mette insieme i suoi pezzi più pop e più popolari, nel senso di tradizione. Ciò che manca è piuttosto la leggerezza d'animo che permeava "Sputi" e che permetteva di affrontare anche i temi più ardui senza risultare opprimente. Qui l'angoscia arriva già dal titolo, che ritorna in due brani nell'accezione di miseria economica e morale. Proprio in questa distinzione sta l'unica nota di speranza del disco: la miseria economica, per quanto nera, difficilmente riuscirà a uccidere la dignità degli Angelino Sempreinpiedi e delle loro donne (ritratte sullo sfondo con straziante dolcezza). Pare questa l'unica ancora di salvezza possibile: ragionare per sottrazione e con cognizione di causa e di classe, guardando alle bolle speculative come a balene impalpabili, inafferrabili e inutili da rincorrere. "Miserabili" è un inno alle radici operaie che puzzano di fatica e una critica spietata a voli finanziari che profumano di nulla. Parole pesanti, con una coscienza politica e civile e con la consapevolezza di non essere più negli anni sessanta. Per questo, per il suo coraggio di essere inattuale e schierato, "Miserabili" è un disco che serve, per quanto imperfetto e non del tutto riuscito. È un tentativo di riappropriarsi di una tradizione di canti operai e di lotta senza volerne riesumare il cadavere. È la volontà di dire parole di sinistra senza farne inutili slogan.

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