Afterhours
I milanesi ammazzano il sabato 2008 - Rock, Alternativo

I milanesi ammazzano il sabato

Anticipato da un’inedita attività promozionale (ovvero 2 singoli fatti girare sotto forma di video e pubblicati, insieme ad altre tracce, nell’ep “Le sessioni ricreative”), “I milanesi ammazzano il sabato” arriva dopo le due versioni di “Ballate per piccole iene” e la relativa avventura della tournée estera che ne è seguita. Quattordici tracce che rappresentano la cosa più lontana che si potesse immaginare dopo il parto gemellare italo/anglofono, probabilmente perché Manuel (con tutta la band) riprende saldamente il controllo delle operazioni, pur avendo assortito un parterre di ospiti che arricchisce la tavolozza di colori. C’è poi il nuovo acquisto Enrico Gabrielli, già in squadra da oltre un anno, il quale si ritaglia lo spazio concessogli nel migliore dei modi, architettando arrangiamenti fiatistici di prim’ordine. Con tutti questi presupposti non poteva non venir fuori un album pienissimo, che traccia dopo traccia cambia “umore” senza però mai toccare sfumature solari sullo stile di “Bianca” o “Non è per sempre” (eccezion fatta, al limite, per “Riprendere Berlino”, a tutti gli effetti il primo singolo spedito ai network). Altri due aspetti contraddistinguono fortemente questo lavoro: uno è di certo la paternità - quanto la (contrastata?) vita di coppia ("Musa di nessuno") - di Manuel che fa più volte capolino nei testi fino alla splendida ninnananna finale intitolata “Orchi e streghe sono buoni”, mentre l’altro riguarda - ancora una volta e sempre più prepontemente - questo infinito (e giustamente impietoso!) ritratto di Milano, alimentato dal rapporto di amore/odio (espresso fin dal titolo e di cui già conoscerete ogni singolo dettaglio in merito all’ispirazione) che continua a ricoprire un ruolo centrale nelle tematiche della band (“Tema: la mia città”).

Ma oltre ad essere il disco più umorale, “I milanesi ammazzano il sabato” è forse il lavoro in cui la band si apre a nuovi orizzonti su suoni e arrangiamenti, sintetizzando al meglio il percorso compiuto fino ad oggi. La scelta di integrare Enrico Gabrielli risulta infatti più che (con)vincente: le canzoni acqistano molto sul piano della dinamicità e quello di di aggiungere i fiati non risulta un semplice capriccio ma una scelta ponderata e consapevole: “E’ solo febbre”, il primo estratto in assoluto, ne è la dimostrazione più efficace, mentre a chi pensava ancora agli Afterhours come una band che avrebbe messo definitivamente in cantina lo spirito più tipicamente rock, troverà diverse sorprese durante l’ascolto. Oltre, infatti a “Pochi istanti nella lavatrice” (sì, è vero, deve molto agli Stooges ma si ascolta che è un piacere), a rincuorare i più nostalgici ci sono tracce come “E’ dura essere Silvan”, “Tutti gli uomini del presidente”, “Neppure carne da cannone per Dio” e “Tutto domani”.

Al di là di ogni aspettativa è invece “Tarantella all’inazione”, riuscitissimo esperimento in cui il gruppo si allontana da tutti i possibili schemi previsti e ripesca archetipi folk come furono tradotti negli anni settanta per reimpiantarli in una canzone del 2008. Il risultato è da applausi e il primo pensiero va alle esecuzioni dal vivo del brano, potenzialmente infinite.

Un lavoro che di certo piacerà tanto ai fan oltranzisti quanto ai nuovi adepti, ricco di sfumature a tratti improbabili - e forse affascinante proprio per questo motivo - a confermare la grandezza di una band che sa rigenerarsi per continuare a soprendere.

Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.