The Collettivo
Something about Mary Quant 2008 - Rock, Punk-funk

Something about Mary Quant

Funk, electro, cazzutamente groove. Interpreti magistrali di un nuovo suono partenopeo (Atari, The Gentlemen's Agreement) decisamente easy, libertario ed ironicamente festaiolo, i The Collettivo incarnano la leggerezza dell'attuale scena che gravita intorno alla città di Napoli e che abbandonate le Posse e le sue forme di militanza musicale, dà il benvenuto al pensiero mutant-disco. "Tonight I feel the king of dancefloor" è il manifesto esistenziale recitato dai cinque ragazzi napoletani in questo esordio per Materia Principale, che con in sottofondo il combat-rock dei Clash (beniamini citati fra i riferimenti possibili) punta a diventare la colonna sonora ideale per nuovi eroi che rockeggiano ma nella sala da ballo. Dedicano dieci tracce affilatissime a Mary Quant e al contributo che la stilista londinese e la sua "minigonna" diedero negli anni 60 al processo di emancipazione femminile, all'esorcismo solenne di decidere del proprio corpo, tanto quanto dei propri pensieri. La freschezza rigenerante del debutto, l'uncino melodico azzeccato: i The Collettivo mostrano un appeal accattivante, senza nessuna pretesa di velleità intellettuale; solo una ferma determinazione a far smuovere le gambe, ad agitare le braccia. Si parte con una micidiale tripletta, tre fendenti ben assestati: "The Dancer", il basso che rotola come meglio non potrebbe di "Selfish", e quelle trovate vocali che tanto fanno pensare ai Kaiser Chiefs in "Does Anybody Want Me?". Così se sono i Franz Ferdinand a far capolino in "Supermen", è il funk che va tanto per la maggiore in questo album a permeare la struttura generale dei brani, mentre i Rapture di "Mirror" vengono saggiamente strattonati nell'invitante "My Sweet Radio". Il pop ammiccante si unisce ai rintocchi new-wave di "Calm down", il tutto unito alle ondate indie-brit di "We Don't like the Muse". La capacità dei The Collettivo di trasformare tutto ciò che incontrano in un party furioso è qui portata ai massimi livelli. Le argomentazioni per buttarsi nella dancefloor ci sono tutte e dunque non resta che dire: "Silenzio signori, perché ora si balla".

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