Le 10 migliori canzoni di Paolo Conte

"Paolo Conte alla Scala, il Maestro è nell’anima" è un omaggio al grande artista, primo cantautore a esibirsi nel tempio della lirica. Giovedì 23 sarà in onda su Rai Tre e noi ne approfittiamo per risentire le sue canzoni più belle e indimenticabili

Paolo Conte - foto via Sugar
Paolo Conte - foto via Sugar

Paolo Conte alla Scala, il Maestro è nell’animaè già disponibile su tutte le piattaforme digitali e sotto forma di doppio LP. Si tratta del resoconto del live che il cantautore piemontese ha tenuto al teatro La Scala di Milano lo scorso 13 febbraio assieme alla sua orchestra, un concerto storico che prima ha fatto discutere e poi è diventato un pezzo di cultura contemporanea, la prima vera volta di un cantautore nel tempio della lirica.

E non è finita qui:giovedì 23 maggio, su Rai Tre, andrà in onda, a partire dalle 21,20, il docufilm relativo al concerto, da un’idea di Caterina Caselli per la regia di Giorgio Testi. Goduria pura. Sugar, intanto, ha comunicato l’acquisizione di Platinum srl, società detentrice delle registrazioni live delle più importanti opere del repertorio del Maestro, che ha riservato a Sugarmusic i suoi diritti di artista interprete e di autore di composizioni musicali.

Quale occasione migliore, queste giornate a lui dedicate, per tirare fuori una playlist dedicata all’avvocato di Asti? Dieci canzoni dieci per riassumere cinquant’anni di carriera, praticamente una missione suicida. E non perdete tempo a cercare Via con me: non la troverete, ma è come se ci fosse.  

UN GELATO AL LIMON

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Poco sopra si accennava alla carriera cinquantennale di Paolo Conte. I conti tornano: il primo album esce nel 1974, ma prima di esordire come solista, l’avvocato aveva già scritto la musica di canzoni ormai scolpite nella roccia come Azzurro, Insieme a te non ci sto più, La coppia più bella del mondo, Messico e nuvole…  Esordio sì, ma per modo di dire: quando arriva al primo 33 giri, Paolo Conte, 37 anni di età, non è certo l’ultimo arrivato, anzi. Tanto da tirare fuori il coraggio di presentarsi a modo suo: come un alieno dalla voce scartavetrata, distratta, confusa tra arrangiamenti scarni e brani di prim’odine, come Onda su onda o Questa sporca vita. Ma è al terzo tentativo che cambia qualcosa: il neo produttore Nanni Ricordi porta con sé musicisti del calibro di Patrick Djivas e Walter Calloni, ai cori c’è persino uno strapuntino per Claudio Fabi. Ne esce fuori Un gelato al limon, la cui title-track rappresenta una dichiarazione d’amore (rivolta alla moglie Egle Lazzarin) sui generis, al netto di un bel tot di pura poesia: “Ti offro l'intelligenza degli elettricisti, così almeno un po' di luce avrà la nostra stanza negli alberghi tristi, dove la notte calda ci scioglierà”, e via così…    

ALLE PRESE CON UNA VERDE MILONGA

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Ma la vera svolta è rappresentata da Paris Milonga, album del 1981: arrangiamenti fatati, jazz e swing a manetta, testi di rara bellezza. Nasce il Paolo Conte che conosciamo tutti, in grado di sfoderare brani ormai entrati nell’immaginario collettivo come la già menzionata Via con me, Blue Aways, Boogie. E come Alle prese con una verde milonga, un rarefatto omaggio al Sud America e alla sua musica, che rivela “molto più di quanto apparisse la sua origine d’Africa, la sua eleganza di zebra, il suo essere di frontiera, una verde frontiera. Una verde frontiera tra il suonare e l’amare”.

HEMINGWAY

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Il 1982 è l’anno di Appunti di viaggio, a rappresentalo ecco Hemingway, piccolo capolavoro con il quale Paolo Conte usava aprire i suoi primi concerti, compresi quelli (trionfali) tenuti in Francia. Una canzone notturna, rinvigorita da un kazoo che (in)canta, ambientata a Venezia, in un bar dove chi serve da bere parla (guarda caso) in francese e ama così tanto Ernest Hemingway da evocarlo in qualche modo: “Et alors, monsieur Hemingway, ça va? Et alors, monsieur Hemingway, ça va mieux?”. 

SOTTO LE STELLE DEL JAZZ

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Il 1984 è l’anno del distacco dalla Rca e del passaggio alla Cgd. Non cambia molto, in realtà, per Paolo Conte, che inaugura il nuovo percorso intitolando per la terza volta (su sei) un album con i propri nome e cognome. L’esordio in casa Cgd è il solito, arrembante carosello di donne, notti alcoliche e canzoni fumose. Non sfugge alla regola Sotto le stelle del jazz, diamante malinconico e onirico: “Ma quanta notte è passata, Marisa! Svegliami, abbracciami, è stato un sogno fortissimo”.   

MAX

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Max è del 1987 ed esce fuori da Aguaplano. Il suo è un testo scarno, tanto da passare in secondo piano, mentre la musica si inerpica in un crescendo fascinoso e suggestivo. Disco d’oro e platino nei Paesi Bassi, talmente folgorante da convincere alcune mamme olandesi e scegliere il nome Max per loro figlio. Ma chi è Max? Forse, spiegherà Paolo Conte, un amico che faceva un mestiere pericoloso, come il pilota di Formula Uno o di aerei, se non un domatore. Anche se “Max, non si spiega. Fammi scendere, Max, vedo un segreto avvicinarsi qui, Max”. 

DRAGON

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La copertina di Parole d’amore scritte a macchina è a cura di Hugo Pratt: Paolo Conte, in fondo, è il Corto Maltese di Asti, un viaggiatore incallito, un avventuriero. In viaggio, questa volta, il musicista piemontese porta con sé un pizzico di elettronica e una valigia non piena di perplessità ma di testi ermetici. Dragon, per esempio, è un boogie malato, messo assieme da parole di difficile comprensione: “Tu vuoi farmi un ritratto in forma di piano e me lo vuoi fare in forma di treno... Vuoi un titolo al quadro o alla sua imitazione? Un consiglio lo accetti? È da grande illusione”. Francesco De Gregori? No, Paolo Conte. 

UNA FACCIA IN PRESTITO

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Pianoforte e voce. È la dimensione di Una faccia in prestito, tratta dall’omonimo album datato 1995, l’ultimo del secolo scorso firmato Paolo Conte. La faccia in prestito, con ogni probabilità, è proprio quella dell’autore alle prese con la sua maschera, con il suo ruolo di intrattenitore. “Con una faccia imprestata da un altro, che se ti fa comodo. D’altra parte vorresti la tua da offrire a quel pubblico che ti guarda come a Carnevale. Si guarda una maschera, ma intanto sa che tu non sei così. (…) Non piangere coglione, ridi e vai!”. 

THE YELLOW DOG

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Razmataz esce nel 2000 ed è un progetto ambizioso, collegato alla colonna sonora di un musical ideato dallo stesso Paolo Conte. Come tutti i progetti ambiziosi che si rispettino, si tratta di un lavoro non facile, cantato quasi per intero in francese e inglese. Disco dalle canzoni folli, riferimento non casuale a The Yellow Dog, scheletrica e interpretata da un Conte ad alta gradazione alcolica. Come un Tom Waits d’annata.

SOTTO LA LUNA BRUNA

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Nelson è l’album numero quattordici di Paolo Conte ed è dedicato al suo amato cane, ritratto in copertina. Facile capire qual era il suo nome. Sotto la luna bruna è uno dei pezzi più movimentati del disco, una sorta di boogie ai confini con il rock’n’roll, nemmeno questa volta un paragone con Tom Waits ci sta male. Testo basato su di un no-sense, non si va oltre a un ripetuto “Sotto la luna sotto la luna bruna, luna velata, affumicata sotto la luna, sotto la luna come un merluzzo di Shanghai”.

FANDANGO

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Fandango l’avevamo già sentita da un’altra parte, per l’esattezza dalla voce di Malika Ayane: un regalo di Paolo Conte che la cantante milanese aveva sfruttato a dovere, inserendolo all’interno del proprio album di debutto, uscito nel 2008. Passano sei anni ed ecco che l’avvocato si riappropria della sua creatura, riportandola a una sacra essenzialità. Piano, voce e poco altro, l’elettronica se ne va via, resta un testo rabbioso, che si aggrappa alla fine di un amore: “Non mi toccare, non farmi tornare da te, non mi guardare, non farmi pensare più a te”. 

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L'articolo Le 10 migliori canzoni di Paolo Conte di Giuseppe Catani è apparso su Rockit.it il 2024-05-22 16:33:00

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