Addio Ruvido, addio Jean: siete stati la musica come dovrebbe sempre essere

Cristiano Baldo, il Ruvido, storico collaboratore dei Punkreas e mille altre cose, e Jean Luc Stote, anima di Radio Onda d'Urto, se ne sono andati a pochi giorni di distanza. Erano amici, non poteva che essere così tra chi vive la vita e il lavoro sullo stesso lato della barricata. Quella giusta

Jean Luc Stote a sinistra e il Ruvido a destra
Jean Luc Stote a sinistra e il Ruvido a destra

Me li vedo così, al tavolino all’ingresso del mondo che c’è — se c’è — dopo la vita: il Ruvido e Jean Luc, con una birra in mano, a raccontare aneddoti e storie di musica, lotta, amicizia. Lì, a salutare tutti quelli che stanno per entrare, a dire una parola a ciascuno, offrendo uno shottino. Il Ruvido e Jean Luc, due persone tanto diverse, ma unite dalla musica. Sono morti uno venerdì 26 settembre, in un giorno di pioggia, e l’altro martedì 30 settembre.

Erano amici e colleghi. Il Ruvido ha riempito l’etere della provincia di Varese sulle frequenze di Radio Lupo Solitario, poi con la Ruvido Kaos Gang ha fatto ballare tutti i locali della zona. Non solo ha portato la musica dal vivo in quel lembo di terra che separa le province di Milano e Varese. I sabati sera al Circolone di Legnano prima, il Malavida a Busto Arsizio poi. La storia della musica lì è passata, lì si è fatta i muscoli, lì ha imparato come si sta sui palchi, quelli veri.

Al Malavida ho visto una delle mie prime risse, con un gruppo di nazi bustocchi che cercò di rovinare l’inaugurazione del secondo anno, e che — per una volta — nella nera Busto si trovò davanti un gruppo di persone che non solo non si girò dall’altra parte, ma rispose colpo su colpo. Jean Luc, antimilitarista radicale, qualche mese di carcere in Francia, poi Brescia, con i suoi dj set, con la radio e i concerti, il lavoro con Vasco Rossi, il Monamì a Gambara di Brescia. Jean Luc eRadio Onda d’Urto: responsabile musicale, le dirette dall’acquario, ovvero lo studio mobile della festa.

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Nel periodo delle lotte migranti del 2010, quando alcuni migranti occuparono una gru per esigere diritti per loro e per tutti, Jean Luc non voleva lasciarli soli: trasmetteva tutta la notte. Il Ruvido e Jean Luc erano buoni. Amavano la vita e, per questo, la musica. Odiavano i soprusi, e anche i privilegi semplici. Quando gli chiedevi un contatto, un supporto, un aiuto, non dicevano mai di no.

Dopo che i fascisti diedero fuoco al Centro Sociale Magazzino 47, Jean organizzò un festival musicale in tre giorni. Il Ruvido fu il primo a chiamarmi per darmi la solidarietà. Uno mi chiedeva dell’altro, l’altro dell’uno. Si conoscevano, si erano conosciuti in quel posto incredibile che è la festa di Radio Onda d’Urto. Il Ruvido era stato lì più volte, con i Punkreas, e l’ultima volta con Omar Pedrini. Jean Luc era nell’acquario a parlare, usciva a bersi il suo caffè, e tornava in studio con la sigaretta tra i denti.

Dovevo ricordare il Ruvido, e mentre scrivevo è arrivata la notizia della morte di Jean Luc. Ho chiuso gli occhi, come fa Said alla fine de La Haine, e ho sentito quella voce che dice: “Il problema non è la caduta ma l’atterraggio". E così ho pensato che, anche se diversi, Jean Luc e il Ruvido potevano stare in un unico testo, perché tutti e due erano narratori di storie, osservatori di particolari, professionisti unici, persone buone, dal cuore enorme. Potevano raccontarti di tutto: di quando avevano incontrato “quello” o “quella”, di quando avevano intervistato l’altro, di quando Joe Strummer aveva firmato la chitarra del Noise dei Punkreas, di quando Vasco aveva fatto quella roba lì. Raccontavano storie vissute, lette, imparate. E potevi ascoltarli per ore.

Sì, se devo dire che cosa tiene insieme due miti della musica indipendente — della musica come cultura, prima che come business, della musica come cultura e come lavoro da pagare degnamente, della musica come cultura da pagare degnamente, e dove l’ultima dei facchini è importante quanto il più grande degli artisti — è la loro capacità di raccontare aneddoti.

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Quel che è sicuro è che, ancora una volta, ancora un poco, l’ambiente musicale si inaridisce, perché perde due suoi fieri attori principali. Perché se Jean Luc ha fatto sì che Brescia diventasse la capitale italiana della Festa della Musica, il 21 giugno, il Ruvido è stato parte di Festoria a Saronno e di una stagione epica della musica indipendente, quella che alla fine degli anni ’90 si è presa la scena principale. E se il Ruvido faceva le foto dei tombini in tour e stava per scrivere un libro sui Clash in Italia, Jean Luc continuava a raccontare musica su Radio Onda d’Urto, a produrre gruppi, a farsi venire idee.

Due instancabili sognatori, due persone che avrebbero potuto — se avessero voluto replicare logiche opportunistiche — essere tra i “top” della scena musicale, e invece hanno deciso di stare al loro posto: uno facendo il volontario alla Croce Rossa, l’altro facendo tre quarti delle cose che mangiava in casa. Scelte di vita che rompono con la scontata logica che la musica debba essere pura economia. Per loro due, la musica era cultura. Ed era sì arricchimento, ma umano, collettivo, sociale.

Tenere assieme il Ruvido, Cristiano Baldo, e Jean Luc Stote forse non è possibile, ed è forse un parto dell’immaginazione e della rabbia di non averli più con me, con noi, in onda su una radio o nel backstage di un concerto. Forse non ho raccontato nulla di loro. O forse sì.

E allora torno lì, a quel tavolino, con il Ruvido con un bel Montenegro in un tappino e Jean Luc con il caffè e una sigaretta in bocca. Il primo che dice:
“Ehi Jean, sei pronto?
E l’altro che risponde:
“In effetti, no.”

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L'articolo Addio Ruvido, addio Jean: siete stati la musica come dovrebbe sempre essere di Andrea Cegna è apparso su Rockit.it il 2025-09-30 19:24:00

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