Afterhours - Alcatraz - Milano



"Mai visto l'Alcatraz così pieno per gli Afterhours": questo ho detto con stupore ai miei compari appena entrata. Stupore, perchè l'ultimo lavoro del gruppo non mi convince per nulla, ma forse è perché spesso ho la presunzione di credere che le mie sensazioni siano universalmente condivise.

Anzitutto: acustica pessima, e, in aggiunta, chitarre troppo sopra le righe, che trasformano l'effetto complessivo da "piacevolmente sporco" a "reparto acciaierie Tyssen-Krupp". Risultato: voce praticamente sommersa, quasi indecifrabili le parole. Tra l'altro, Manuel Agnelli ha una curiosa "voce Diesel": inizia roco e quasi afono come fosse alla fine di una tirata di due ore e finisce il concerto con un timbro limpido. Mah?

Al proseguire del concerto, si consolida la mia opinione iniziale: i brani nuovi non mi coinvolgono, tranne forse quello di apertura che richiama anche al titolo del disco. Peccato che l'unica frase d'effetto azzeccata ("anche il sole sorge solo se conviene") venga usata come salvagente per restare a galla su una struttura monotona e scarna, su un testo stiracchiato a coprire l'ideologia agnelliana di base secondo cui tutto ti uccide dentro, in particolare l'amore. Temo che però, ormai, non basti più "l'involucro adolescenziale" a convincere; la mia sensazione è che, da "Hai paura del buio?" in poi i temi fondamentali (l'amore uccide, la tua nazione inquina, la gente sta male, il diritto all'infelicità, la mediocrità grigio-milanese) si limitino a "transumare" da un disco all'altro, presentati in modo diverso ma, nella sostanza, sempre uguali. Ed è proprio questo che considero un peccato, perchè se è vero che ripetere giova, è altrettanto vero che renda immuni e sordi al cambiamento. E soprattutto non entusiasma più neanche il pubblico fresco di ventenni che gli After, avviati verso gli "anta", sembrano voler mantenere quale interlocutore privilegiato.

Riprova ne sia il fatto che durante tutto lo spettacolo esplode entusiasmo vero solo sui pezzi storici di "Hai paura del buio?", seppur secondo me privati della loro magia da qualche riarrangiamento poco azzeccato ("Pelle") e forzatamente orfani della verve noise di Iriondo ("Musicista Contabile") che ne costitutiva, in my opinion, la vera anima... La folla e gli After consumano un rito scaramantico: siamo ancora giovani, siamo ancora potenti e pronti a spaccare il mondo. Tutto ciò è apprezzabile, ma è come se non ne fossero convinti nemmeno loro per primi, continuando a rappresentare un simulacro di energia che non è presente, se non nei ricordi.

Come dire, Quello Che Non C'è.



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L'articolo Afterhours - Alcatraz - Milano di Barbara Rossi è apparso su Rockit.it il 2005-04-21 00:00:00

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