Marlene Kuntz - Alcatraz - Milano



Puri, potenti, adamantini, devastanti. Questi e altri aggettivi mi turbinano nella mente già dopo i primi 5 minuti di un concerto apertosi con la sospesa soavità di Bellezza che, ingannevolmente, prolude ad un proseguimento soft.

Invece è Metallo Urlante. Quaranta minuti di fuoco in cui i Marlene hanno musicalmente "stuprato" gli astanti con una scarica senza tregua di classici tra i più intensi del loro repertorio (Cenere, Ape Regina, 1°2°3°), proposti quasi senza soluzione di continuità in un rimpasto magistrale spietatamente chirurgico ed affilato, eseguito con assoluta padronanza tecnica ed in barba alla famigerata acustica alcatraziana.

Hanno de-sacralizzato, eseguendoli poco dopo l'apertura, brani storici da bis quali Sonica, Festa Mesta, 1°2°3, come ad evidenziare che, pur rimanendone il cuore pulsante, non rappresentano più il climax della liturgia Marlenica essendo essi stessi ormai, giustamente (o dolorosamente per tanti), oltre ciò.

Quasi come in una rappresentazione teatrale, la seconda parte (o secondo atto) del concerto proietta subito un'atmosfera disincarnata con Amen, prosegue con la sconnessa bellezza cerebrale de La lira di Narciso e con la tormentosa reinterpretazione della Cognizione del Dolore di Gadda; il pubblico sembra gradire marcatamente anche i nuovi brani, ed è forse, finalmente, pacificato il rapporto fra Marlene e i Suoi, come se dicessero: non possiamo più replicare all'infinito ciò che siamo stati, ma lo possiamo rappresentare trasformandoci per un attimo in ciò che eravamo e goderne, e farne godere; la nostra onestà intellettuale ci impedisce di ingannarvi proponendo nel nuovo una mera ripetizione ammicante al passato. Andiamo avanti, seguiteci a queste condizioni, se volete. Io penso che saranno molti quelli che si affideranno fiduciosi alle loro mani, me compresa, che al primo ascolto avevo quasi scaraventato dalla finestra il cd. A questo punto mi auguro solamente che riescano a trovare un bassista che si amalgami a dovere...E' stato ovviamente salvifico il contributo di Maroccolo che ha permesso loro di finire il disco e di portarlo in tour, ma, sentito dal vivo, trovo il suo stile troppo schematico, tagliente (troppo...C.S.Izzato?) e non adatto ad inserirsi con continuità nelle spirali marleniche (già il perpetuo uso del plettro mal si accorda con certe atmosfere, e fa spesso svettare il basso oltre la "soglia consentita" anche nei brani che, apparentemente, lo consentirebbero). Nei bis, la sempre bella Mala Mela rispolvera l'incredibile veggenza compositiva di Godano, che anche nei brani più "adolescenziali" non è mai scaduto in eccessi che ne sfigurassero la bellezza, pur ascoltati dodici anni dopo; la quasi-progressive "Inganno" stupisce per il riff meno marlenico mai concepito.

Sono sicura che, dopo averli ascoltati live, Bianco Sporco rientrerà in ben più di un lettore cd, e si rivelerà a poco a poco l'ennesima perla di squisita fattura che anche stavolta viene buttata nella porcilaia della discografia italiana, e conseguentemente fruita.



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L'articolo Marlene Kuntz - Alcatraz - Milano di Barbara Rossi è apparso su Rockit.it il 2005-05-05 00:00:00

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