Aurous, il Popcorn Time della musica, fa davvero schifo

Ci siamo presi la briga di scaricare e utilizzare Aurous per un pomeriggio, così non dovete farlo voi

Aurous
Aurous
15/10/2015 - 13:15 Scritto da Carlotta Freni

Se ancora non ne siete al corrente, finalmente è arrivato Aurous. Ne abbiamo parlato nei giorni scorsi qui: è un nuovo servizio di streaming musicale che, secondo molti, metterà in ginocchio il mercato discografico. Si pone come alternativa gratuita a colossi del servizio come Spotify ed Apple Music utilizzando i file torrent messi a disposizione degli utenti o dal altri siti con il caro metodo peer-to-peer.  

I sostenitori della libertà di condivisione libera e gratuita hanno gridato al miracolo, ma quanto è efficace e funzionante questo servizio? Ci abbiamo trascorso insieme un emozionante pomeriggio uggioso, confrontandolo con il suo diretto concorrente, Spotify.

Tanto per iniziare, l’installazione è elementare. Ma una volta avviato il programma, nella registrazione dell’account, incontriamo la prima scocciatura: per poter accedere a un numero maggiore di torrent bisogna iscriversi a un network sconosciuto che si chiama VK. Bisogna lasciare il proprio numero di telefono per l’invio di un codice di sicurezza utile a finalizzare la registrazione. Che problema c’è? Se pensate che ormai la privacy è un concetto lato, non vi farete problemi. Per dovere di cronaca ci registriamo e andiamo avanti.

All’avvio di Aurous, e specifichiamo ad ogni suo avvio, parte un “Updating” misterioso che sistematicamente si blocca necessitando il riavvio del programma. A volte parte senza questa fase, a volte la riprende e va liscia velocissima fino all’apparizione della home.
Bene, se si ha un po’ di fortuna, dopo cinque minuti di tentativi il programma è avviato e pronto per soddisfare ogni desiderio recondito e musicalmente impuro che si ascolterebbe solo in private session su Spotify, perché sappiate che su Aurous i vostri ascolti non vengono sbandierati ai quattro venti sui social network, o almeno così pare.

L’interfaccia è la brutta copia di quella di Spotify: poco fluida, continua a bloccarsi in un angolino dello schermo e bisogna riavviare l’applicazione per poter continuare ad usarla.

Superato il trauma di una profile pic di default in cui si sembro la cantante dei Paramore posso iniziare la ricerca, però prima bisogna impostare la fonte dei torrent, scegliendo tra: il network degli utenti Aurous, la rete dei vostri nuovi amici del network VK (vedi sopra), un invitante MP3WithMe e un insospettabile Soundcloud. Le due fonti che danno più soddisfazione e risultati sono la prima e Soundcloud, le altre due sono praticamente vuote. Queste fonti sono variabili e non è sicuro che, ad esempio, il network Soundcloud sia disponibile il giorno dopo.

La qualità dei risultati di ricerca è incostante, compaiono non più di 50 risultati e non sempre sono completi delle ultime uscite. Per quanto riguarda la musica internazionale il database è completo, si può spaziare dai Beatles, a Taylor Swift e Smashing Pumpkins fino ad arrivare a Gold Panda, Royal Headache e Beach House. È facile, anche se il repertorio disponibile non manca di grandi lacune.
Per quanto riguarda gli italiani, da Lucio Battisti e Ivan Graziani a Jovanotti, Daniele Silvestri, Le luci della centrale elettrica e Colapesce, i risultati delle ricerche ci sono ma non più di 50 e non sempre di eccellente qualità.

Ecco, la qualità. Pescando i risultati dai torrent degli utenti o da altre fonti non ufficiali c’è il rischio che la qualità dell’audio sia variabile. Tendenzialmente i risultati riscontrati non sono stati pessimi, ma la presenza di remix non richiesti e di album prevalentemente segnati come “Unknown” non promettono bene.

Le playlist sono una grande lacuna. Non solo non propone come fa Spotify delle playlist customizzate sugli ascolti, generi o situazioni particolari, ma creare delle playlist con i vostri brani preferiti importati dalle ricerche è praticamente impossibile

(errore nella compilazione di una playlist con i pezzi dei Beatles)

Aurous non si può utilizzare su smartphone, né offline; ma se si vuole scaricare il file mp3 del pezzo che si sta ascoltando basta solo schiacciare il comando “+” e lo ritrovi istantaneamente nella cartella designata come Music Folder. Un bel file mp3 esportabile e ascoltabile con iTunes, VLC, Windows Media Player e vari ed eventuali player.

In un’intervista a Billboard, il fondatore di Aurous Andrew Sampson, respinge le accuse che comparano il suo servizio a un nuovo Popcorn Time o un Netflix per pirati, affermando che il software estrapola contenuti da fonti autorizzate e che dal punto di vista legale quello che offrono è totalmente lecito perché non offrono hosting a file torrent illegali; tutti i file messi in streaming provengono quindi da fonti legittime, e playlist già esistenti e licenziate. Balla colossale: richiedere di designare un Music Folder sul proprio computer significa non solo mettere a disposizione i propri file (anche illegali) ma soprattutto scaricarne di nuovi, come nella migliore tradizione del peer-to-peer.
Quindi non solo Aurous non garantisce un minimo di royalties ad artisti e produttori, cosa che Spotify ed altri servizi di streaming garantiscono (seppur in infinitesima parte), ma non tutela per niente i file che mette a disposizione.

La favola di Aurous è già arrivata alla fine il giorno in cui è stata intentata la prima causa dalla Recording Industry Association of America (RIAA) per conto delle major discografiche, che sostengono che i creatori del software sono ben consapevoli della violazione del copyright perpetuata dal loro servizio e che volontariamente hanno intenzione che ciò accada.

Vale la pena spendere tutto questo tempo per impostare e cercare, anche con scarso successo, della musica da ascoltare? Vale la pena non pagare la musica o essere liberi da pubblicità per poi usufruire di un servizio incostante che non va oltre i cinquanta risultati? Vale la pena continuare a usufruire illegalmente di musica per poi lamentarsi che dalla musica non si guadagna nulla?
La risposta è no.

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L'articolo Aurous, il Popcorn Time della musica, fa davvero schifo di Carlotta Freni è apparso su Rockit.it il 2015-10-15 13:15:00

COMMENTI (4)

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  • simonelosi 9 anni fa Rispondi

    installato alle 11.50 disinstallato alle 12.05. Playlist impossibili da creare e da importare (come indicato sul sito ufficiale), in pratica effettua solo delle ricerche proponendo i vari file rastrellati sul web, download non funzionante. Interfaccia grafica gradevole ma servizio totalmente inutile, bocciato.

  • ginopetracco1 9 anni fa Rispondi

    Dalla recensione più che un concorrente di Spotify sembra Emule con l'aggiunta dello streaming.

  • hell.fo.3 9 anni fa Rispondi

    Vabbè, anche weibo è il social network più usato in cina, ma resta comunque sconosciuto (per noi), non facciamo i nerd dai, chi lo conosce VK in Italia.

    Comunque non capisco perchè smazzarsi con 'sto Aurous, quando già oggi si ha accesso gratuito e legale a praticamente tutto, tramite spotify e Youtube. Insomma proprio c'è la volontà di metterla in quel posto in tutti i modi a chi scrive musica, ma che senso ha? Che fastidio può dare una pubblicità ogni mezz'ora su spotifiy? Capisco la libertà di condivisione della cultura eccetera, ma qui si sta esagerando con questa tendenza al tutto gratis.

  • xeryan 9 anni fa Rispondi

    Se ha tutti sti problemi, a sto punto meglio youtube + vidtomp3 però l'interfaccia mi piace, pulita e funzionale.

    PS: dire che VK è un network sconosciuto è ridicolo.. forse non popolare da noi ma è il primo social network in russia e paesi vicini con più di 100 milioni di utenti, quindi più di linkedin..