La bancarotta di Egreen, la bancarotta morale della discografia

"Nicolás" è il nuovo disco del rapper di Varese del tutto indipendente: lo ha scritto, fatto stampare, promosso, e ora cerca le date. Non è una scelta. Aveva toccato il fondo, non aveva più un euro. Ora riparte dall'ultimo gradino. La sua storia ci dice molto di un sistema completamente deragliato

Egreen in Colombia, foto stampa
Egreen in Colombia, foto stampa
28/02/2022 - 09:20Scritto da Egreen Egreen9

Sono Egreen e qualche giorno fa è uscito il mio nuovo album, Nicolás, completamente indipendente. La storia è questa.

Ho gestito male a livello fiscale le mie entrate e gli anticipi negli ultimi tre anni e mi sono trovato in bancarotta. Ne più ne meno, bancarotta. La quale probabilmente avrei potuto evitare se non ci fossero stati due anni di pandemia e le mie entrate legate ai concerti non si fossero ridotte a zero. Ho chiuso il calendario concerti a maggio del 2019 dato che avevo un disco in uscita da lì a sei mesi, di solito si fa così. Io non suono da allora. Poi il salto nel vuoto con un disco in licenza a Sony. Dal 21 febbraio 2020 è stato un concatenarsi di problemi, tasse, debiti, una convivenza/ rapporto sentimentale che credevo fosse quello della vita andato completamente a puttane e infine il mio trasferimento “forzato” a Bogotà per via di un problema famigliare che ha coinvolto mia madre in prima persona, fino a trovarmi letteralmente bloccato in Colombia per un anno.

C’è stato un momento in cui non sapevo davvero quando, come e SE sarei tornato in Europa. Un incubo. Due anni che non auguro di vivere neanche al mio peggior nemico. Mi sono trovato con un disco in mano a settembre a Bogotà e solo al pensiero di dover affrontare "al buio” un percorso burocratico fatto di anticipi e fatture mi ha mandato nel panico. Dato che non credo che, fra le altre cose, si tratti di un disco con un potenziale commerciabile, mi sono messo il cuore in pace, facendo anche pace col concetto che non potevo più permettermi di disperdere per strada o a terzi le pochissime eventuali fette di guadagno dal disco stesso, qualora ci fossero state, data una situazione personale e lavorativa per me inedita. C’è quindi poco romanticismo rivoluzionario nella mia scelta.

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Ho toccato il fondo e l’unica cosa che mi è rimasta è la conoscenza di come lavorare e comunicare un progetto musicale, acquisita negli anni, quindi eccoci qui, con un disco indipendente, Nicolás. Un disco indipendente significa amplificare al massimo i rischi d’impresa, non dormire la notte, svegliarti tutti i giorni alle 6 e cercare di monitorare al meglio tutte le operazioni. Interfacciarmi con l’ufficio stampa, autoprodurmi le date di presentazione parlando direttamente con le venues e prendendo gli accordi commerciali, gestire e caricare il disco sulle piattaforme digitalisenza fare errori, inquadrare una strategia visiva coerente e in linea col mio personaggio artistico, preparare il contenuto destinato alla comunicazione social, gestire l’aspetto SIAE legato alle copie fisiche, parlare con gli stampatori, preparare il drop del merchandising e le relative operazioni di spedizione, capire come strutturare un live show, trovare persone che dopo tutti questi anni credano ancora nel progetto e dedichino il loro tempo e la loro fiducia alla causa. Non sto vivendo benissimo. Sono molto stanco. La macchina per portare alla luce un disco ufficiale rispettando determinati benchmark è qualcosa che ti drena l’esistenza.

Non so davvero quanto un disco come questo sia necessario o meritevole di attenzione in questo momento storico. Non era neanche in programma e non ho manco le strutture in grado di valorizzarlo, qualora ci fosse uno spiraglio di speranza per farlo. Ogni tot qualcuno dice che un determinato suono è pronto a ritornare, come se fosse questo fantasma zoppo del Natale passato dell’hip hop. Non so francamente. Il feedback che ho ricevuto dal primo singolo Incubi, questa mia cronistoria autobiografica, è andato ben oltre qualsiasi aspettativa, non ero pronto e non me l’aspettavo. Questo mi fa riflettere semplicemente sul fatto che forse una differenza fra contenuto e contenitore in effetti c’è e forse c’è anche una differenza fra verità e un qualsiasi dispensatore del vero. Non so. Sicuro se questo pezzo di dieci minuti fosse uscito due anni fa da indipendente, major o con una piccola etichetta, avrebbe rischiato di farmi passare da boomer o da qualcosa di simile.

Percepisco che è indubbiamente un momento molto strano e che stanno cambiando delle cose, non so se in bene o in male. La scelta di farlo uscire come singolo è stata dettata dal fatto che non ho più niente da perdere. Ho già perso tutto. È stato un bold statement non a fini di polemica o di provocazione, ma semplicemente per dire che per qualcuno tutto questo è al di sopra di schemi, algoritmi e marketing. Così era, così è e così sarà, per qualcuno.

Per quanto riguarda la mia esperienza in major, la verità è che io mi sono presentato a Sony col disco Fine Primo Tempo pronto e quasi impacchettato, loro sono quelli che hanno avuto meno colpe in assoluto, anzi, nessuna. È stato semplicemente il disco sbagliato nel momento sbagliato e per me ha rappresentato l’inizio della fine, una fine durata due anni e mezzo più o meno. Indipendente o meno c’è una cosa che mi chiedo: cos’è la libertà per un artista nel 2022 in cui il CEO di uno dei più grossi player digitali al mondo dichiara apertamente che, al netto di una retribuzione che si aggira intorno ai 0.0020€ a stream, gli artisti dovrebbero “piangere di meno” ed aumentare la loro produttività come se fossero dei polli da allevamento?

Ovvio che a tutto questo un ragazzino al quale vengono offerti 10mila€ di anticipo non ci pensa, but it’s deeper than that. Perché non c’è un dibattito REALE su dove siamo realmente in questo momento e dove siamo diretti? Nel 2022 un artista dovrebbe avere le idee più chiare possibili. Credo che debba essere chiaro il concetto di “proprietà intellettuale”, di anticipo royalties, di master, di come funzionano le tasse basandoti sulle entrate che dichiari, il concetto di “break even” sugli anticipi e quali sono fattori che influenzano e determinano il mercato della distribuzione fisica e digitale. Tornando al mio disco, sarò sincero, non ho un messaggio da mandare, non voglio dire più niente a nessuno. Ma davvero. Qui hanno tutti un parere, un’opinione, una strategia infallibile in testa, il piano marketing perfetto, un nuovo artista urban-pop-rap-cantautore da lanciare. Io amo il rap, lo faccio da vent’anni, mi ha dato e tolto tutto, è l’unica costante della mia vita, per ora e va bene così.

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L'articolo La bancarotta di Egreen, la bancarotta morale della discografia di Egreen è apparso su Rockit.it il 2022-02-28 09:20:00

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