A Barezzi Festival la musica si ascolta per davvero

Due giorni a Parma, dentro uno dei teatri più belli d'Italia, per vedere i live di Spiritualized, King Hannah e altri grandi artisti alternative. Il nostro racconto del festival e di tutto quello che ci sta intorno

- Tutte le foto di Andrea Amadasi

Di fronte al Teatro Regio di Parma c’è un bar. Uno di quelli dove sostanzialmente l’oste non è proprio simpatico però è molto efficiente. Quei posti dove le persone stanno in piedi e si urlano addosso: una volta arrivati al terzo, quarto e quinto bicchiere poi iniziano a socializzare anche con i tavolini. Poi da lì in fondo parte tutto: qualcuno torna a casa perché la cena è pronta, altri iniziano la cavalcata verso altri lidi dopo il riscaldamento, mentre buona parte – come me – sta cercando un po’ di conforto autunnale prima di entrare al Teatro Regio.

E il Regio, visto da fuori, sembra sempre osservarti in silenzio: elegante, severo, immobile. Dentro, però, si apre un mondo. Sale decorate in stile neoclassico, velluti rossi che avvolgono lo sguardo, stucchi dorati che brillano appena la luce li sfiora. Il soffitto custodisce affreschi ottocenteschi e un enorme lampadario di cristallo che domina la platea, mentre corridoi e spazi museali raccontano secoli di lirica e il legame indissolubile con Verdi. Un tempio che conserva ancora, intatta, quell’aura solenne e insieme popolare che rende il teatro un rifugio, una promessa, un appuntamento da mantenere con qualcuno che non hai mai davvero conosciuto ma che continui a cercare.

Barezzi Festival è una manifestazione giunta alla sua diciannovesima edizione. Ciò che lo contraddistingue rispetto a tanti altri “festival” – termine spesso abusato e utilizzato nel modo sbagliato – è che qui, se vuoi ascoltare la musica, puoi davvero ascoltare la musica. Non ci sono file al bar, sudore o sgomitate che tengano: sei in un luogo in cui al centro di tutto c’è la musica. E allora sì, ti siedi, cerchi di metterti comodo, appoggi il tuo coprispalle e, mentre calano le luci, si parte con il primo spettacolo.

King Hannah è un duo di Liverpool formato da Hannah Merrick e Craig Whittle, noto per il suo sound oscuro e cinematografico che unisce slowcore, rock e suggestioni folk. Le loro canzoni, dense e atmosferiche, costruiscono paesaggi emotivi sospesi tra malinconia e inquietudine, perfettamente in sintonia con questo luogo. La platea è rapita e vorrebbe che lo show non finisse mai: io non avevo mai avuto il piacere di sentirli dal vivo e non ho un metro di paragone con una dimensione club o da festival outdoor. Ma la scelta di portarli qui è legata a doppio filo con l’idea stessa della rassegna: ricerca e restituzione, offrire a una comunità qualcosa che possa sembrare distante e allo stesso tempo sorprendentemente pertinente con il luogo in cui lo si vive.

Tra un concerto e l’altro ci aggiustiamo per bene il copri spalla e usciamo a inseguire l’autunno: c’è chi sogna di mangiare qualcosa di vegano, chi vuole bere un bicchiere senza eccedere e persino chi non vede l’ora di restare chiuso in questo luogo per ascoltare Tom Smith, che arriva con la faccia di chi non ha bisogno di chiedere niente a nessuno.

Se chiedessimo ai potenti mezzi di internet, ci direbbero che “sta affrontando un percorso solista che esplora temi di memoria, connessione e nostalgia, mostrando un lato più personale e riflessivo della sua scrittura musicale”, ma noi, purtroppo, con internet abbiamo un rapporto pessimo e sconfortante, quindi ci basiamo su ciò che viviamo nel qui e ora.

Faccia giusta, mentalità da profeta, voce potente e il Teatro in religioso silenzio. Ancora mi chiedo come si faccia a mantenere alta l’intensità di un concerto acustico per quasi due ore senza risultare mai scontato e, soprattutto, senza stancarsi. Quello che vivo con Tom Smith è una specie di sfida, in attesa di capire il segreto di tutta questa cura che riesce a mettere. Una sfida che, purtroppo, perderò, ma nel frattempo mi sono accorto di non aver tolto il copri spalla e di essere rimasto incollato a guardare quello che succedeva; e come me, il pienone perpetuo di questa manifestazione.

In realtà eravamo in tanti, ma per me era un 1 vs 1. Il live è intenso: andate a vederlo. Lui è così, non puoi capirlo fino in fondo perchè di base non vuole.

Per concludere, il venerdì si cammina nel centro di Parma e si entra in un locale estremamente carino denominata Borgo Santa Brigida, ma anche piuttosto pieno, dove sta suonando la cantautrice MILLE, che meriterebbe una serie di approfondite analisi per il percorso di successo che sta attraversando in questo periodo. MILLE è una cantautrice reduce da un talent show sotto altre vesti; come molti usciti da lì, attraversa una fase difficile, ma lei, in qualche modo, con canzoni molto ben scritte e un live piuttosto efficace, riesce a emergere. Ora riempie tutti i club, ha un fan club tutto suo e la gente canta i suoi pezzi.

Non c’è il pubblico snob che non capisce nulla di musica, né quello post-adolescenziale con un rapporto ancora complicato con social network e Spotify: ci sono tutte le persone che non vedevo dal liceo. Quelle che, mentre io pensavo di saperla lunga ascoltando musica alternativa, per fortuna non si mescolavano con me e vivevano una vita più serena, risolta e spensierata. Alcuni di loro oggi fanno arrampicata, altri vanno in palestra, ma di base tutti cantano le canzoni di MILLE e si divertono.

E niente, attraverso la città con il mio coprispalle e torno a casa.

Sabato è una bella giornata per conoscere Parma, vedere un mio amico che ha una bellissima famiglia – che ultimamente vedo più dei miei cari – e cercare di farmi raccontare da dentro, ma non solo, che impatto ha avuto questa manifestazione sulla città nel corso degli anni. Ognuno ha un ricordo positivo, un concerto che è rimasto nella storia: d’altronde diciannove anni di attività sono tanti, e l’idea di diventare un punto di riferimento per “ascoltare bene un certo tipo di musica” è una specie di asticella che viene portata sempre più in alto. Restituire qualcosa al territorio, soprattutto in un periodo di aridità culturale come quello che stiamo vivendo, è la prima missione se vuoi avere un festival solido e con una visione futura: sono certo che ogni anno qui cercheranno di stupire ancora, o almeno così mi racconta parte dell’humus sociale.

Soap&Skin è il progetto più congeniale a questo spazio: in lei si intrecciano neoclassica, elettronica e dark ambient. Un universo che si sposa perfettamente con questo Teatro, in un sabato pomeriggio in cui tutti fuori sembrano arrabbiati con il prossimo, mentre qui dentro assistiamo a una messa distopica, effettivamente molto potente. Forse la cosa che mi è arrivata più dritta, uno schiaffo forte. Per questo devo uscire prima del gran finale di stasera.

Mi perdo in un posto dove non c’è una vera e propria proposta vegana, alle spalle del teatro, ma dove lo scambio tra esseri umani è notevole: ci sono aspiranti attrici, giovani registri, appassionati di musica ma no, qui purtroppo non c’è spazio per i vegani. E allora niente, mi ci metto d’impegno e, accompagnato dalle persone giuste, attraverso i sapori della città – tanto io lo ammetto, non sono vegano, ma reputo giusto che ci sia una proposta vegana, anche se nel centro di Parma è assai complessa da trovare.

Il posto si svuota e, per fortuna, giusto con un po’ di ritardo si assiste a quello che per molti è il main event – come se fossimo davanti allo spettacolo numero uno del wrestling al mondo – ovvero gli Spiritualized.

Per un buon main event nel wrestling servono tre ingredienti: pathos – e qui ci siamo; colpi di scena – e qui, secondo me, più che colpi di scena assistiamo a un crescendo molto eclesiastico, quindi va bene lo stesso; e ottimi atleti – e qui la prova muscolare c’è tutta nei suoni. A fare da contorno c’è la reazione del pubblico, semplicemente entusiasta. Un vero e proprio main event a Parma per questo festival, che alla fine continua a stupire dopo ogni spettacolo. 

Al Barezzi Festival sarebbe molto bello passarci ancora più tempo: frequentare tutte le attività extra in questo splendido teatro e fare persino qualche gita per scoprire i sapori della città che lo ospita. Se Parma prosegue il suo percorso come piccolo centro di benessere emiliano, la manifestazione cresce insieme alla città.

E insieme, passo dopo passo, arriveranno le proposte vegane nel centro storico (in realtà un buonissimo ristorante c’è, lo so, ma per coerenza dello scritto funzionava tenere questo sketch fino a qui), gli assoluti discorsi da bar nelle enoteche diventeranno un futuro manifesto per la cultura, e il mio amico, dopo aver letto tutto questo, riderà insieme alla sua famiglia. Ma in fondo, se andiamo a vedere concerti, partecipiamo a festival e viviamo esperienze attorno alla musica, è proprio per queste cose. Il resto è qualcosa in più, e se è fatto bene, ancora meglio.

---
L'articolo A Barezzi Festival la musica si ascolta per davvero di Teo Filippo Cremonini è apparso su Rockit.it il 2025-11-17 18:37:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autoreavvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussioneInvia