Dieci anni in Bianco

Il diario di una vita in musica del cantautore piemontese, tra la nascita della INRI, la produzione di Levante, i tour con Gazzé e Fabi, i concertoni e la nuova raccolta, “Canzoni che durano solo un momento”, per mettere un punto e andare avanti spediti

Alberto Bianco, foto di Giorgia Mannavola
Alberto Bianco, foto di Giorgia Mannavola

Il primo aprile esce Canzoni che durano solo un momento, il nuovo album di Bianco, che festeggia anche i dieci anni dal doppio esordio: primo album per lui e prima release per INRI, la casa discografica che ha ridisegnato la scena cantautorale torinese. Il quinto album di Bianco è una raccolta com cinque inediti, tra cui il singolo Come se, Mattanza che vede la presenza di Colapesce e Proiettile con GNUT e Luca Carocci

 

Un disco che segna la fine di un percorso iniziato 10 anni fa con Nostalgina, ma anche un punto di partenza per tutto il futuro che un artista che, negli anni, ha saputo importi prima come cantante, poi come musicista, produttore e autore anche per altri illustri colleghi. Proprio Alberto Bianco ci ha scritto di suo pugno gli avvenimenti principali che hanno segnato punti di svolta nella sua carriera, una sorta di autobiografia semiseria e toccante del periodo in cui la musica indipendente è cresciuta fino a diventare grande.

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L'incontro con Dade e la nascita della INRI

Nell’estate del 2009 mi ritrovo in vacanza al mare con degli amici tra cui Diego Perrone dei Medusa e Dade dei Linea 77 e rispettive fidanzate. Tra una schitarrata e l’altra, tra una birretta e una vodka, inizio a suonicchiare quelle che erano le mie prime canzoni. Alice, la fidanzata di Dade, mi propose di andare a suonare qualche volta nel locale in cui lavorava: Giancarlo ai Murazzi di Torino. La cosa rimase un po’ sospesa fino all’inverno successivo, momento in cui presi coraggio e la richiamai per chiederle se quella proposta era figlia dell’aria di Sardegna o se era reale. Forse solo per educazione, mi invitò a suonare una volta, che diventarono due, che diventarono tutti i giovedì per un annetto.

Dade, per stare con Alice, faceva il fonico da Gianca quindi ascoltò almeno una decina di quei concerti, fatti di idee più che di canzoni vere e proprie. Ad un certo punto mi chiese se avevo voglia di registrare un disco insieme a lui. Da fan dei Linea 77 ma soprattutto di Anti Anti, pseudonimo di Dade, accettai con grandissimo entusiasmo. Registrammo in cantina a casa dei miei con un microfono, un computer e un compressore gentilmente offerto da Tati, gestore di Gianca. Mi ricordo le decine di sigarette rollate grazie alle “ciuffe” di tabacco che Dade staccava dalla punta delle sue, e, in mancanza di musicisti, batterie simulate con pacchetti di brioscine per fare la cassa, bottiglie di coca cola e altri oggetti a caso.

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Finito il disco ci chiedemmo cosa ne avremmo potuto fare. Non avevamo intenzione di proporlo a qualche etichetta perché sarebbe stato difficile raccontarlo, era “strano”, non apparteneva a nessun genere, non aveva singoli radiofonici e soprattutto volevamo che rimanesse a casa. Eravamo molto gelosi di quell’esperienza.

Dade mi chiamò dopo qualche giorno e mi disse che lui, suo fratello Paolo e Pietro Camonchia (manager dei Linea77) avevano intenzione di aprire un’etichetta chiamata INRI e di pubblicare come primo disco quello che avevamo fatto insieme. A lavoro chiuso tutti presi bene di questa pazzia, io lo richiamo e gli dico che vorrei tanto aggiungere un pezzo al disco. Il pezzo era Mela. Il 28 Marzo del 2011 uscì il video di Mela e il primo aprile uscì Nostalgina.

 


Gli MTV Days a Torino

2012, mi ricordo che fu una notizia. Giravo per Torino e vedevo dei cartelloni enormi con scritti dei nomoni tra cui anche il mio. Il backstage fu abbastanza scioccante perché avevamo il camerino tra quello di J-AX e quello di Giorgia. Elena Grazi, all’epoca label manager di INRI, continuava a dirmi di stare calmo e di pettinarmi. Salii sul palco con la maglietta dei Malibu Stacey, la mia band punk in cui suonavo la chitarra, e tutto volò in un batter d’ali. Mi ricordo l’intervista per Rai Gulp. Le birre calde e Federica Ceppa, che lavorava per Mtv, che continuava a dirmi che avevamo spaccato e che eravamo tra i pochi ad aver suonato dal vivo. 

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La prima volta in TV con Victoria Cabello a Quelli che il calcio

Avevo fatto stampare, spendendo una fortuna, delle balene di cartone molto grandi sperando di poterle usare come scenografia. Sapevamo che in quell’occasione sarebbe stato impossibile suonare dal vivo per esigenze televisive e ci venne l’idea di usare proprio quelle cazzo di balene al posto degli strumenti. Quando una delle autrici del programma lo venne a sapere ci cazziò dolcemente raccontandoci che un anno prima i Muse avevano fatto una minchiata simile con Simona Ventura che per quello scherzetto diventò una bestia e minaccio di morte tutti quelli che lavoravano lì. Per cui suonammo per finta gli strumenti veri. La sigaretta offerta a Rocco Papaleo e il backstage con lui e Virginia Raffaele vestita da Belèn… tanta roba.

 

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La produzione di Manuale Distruzione di Levante e il nuovo dio del basso 

Beh, che dire? Claudia faceva la barista in Drogheria, locale che frequentavo parecchio con Dade e altri pazzi, suonava già ma non era ancora riuscita a trovare la sua strada. Era già incredibilmente brava a cantare e a scrivere. Rimase molto colpita dal mio disco Nostalgina e voleva arrangiare le sue canzoni più o meno nello stesso modo, per cui iniziammo a lavorarci. In quel periodo io ero praticamente resident in uno studio chiamato Cavoretto Hills, a Cavoretto appunto, sulla collina di Torino. Il disco stava venendo una bomba e diciamo che aveva già tante belle canzoni secondo me. A disco finito mi fece sentire Alfonso, mi piaceva ma era un po’ meno “cool” rispetto agli altri pezzi e poi avevamo già smontato lo studio. Claudia insistette e la registrammo con quello che era rimasto in studio: una Cajon, un ukulele e un’acustica. Alfonso adesso ha 12 milioni di views su YouTube e 7 su Spotify. Da lì diventai ufficialmente il produttore artistico di Claudia e lo feci per qualche anno seguendola anche in tour come bassista.

 

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Abbi cura di te di Levante e Un’ora sola ti vorrei

Nel 2015, durante le registrazioni del secondo disco di Claudia, che contiene Abbi cura di te, il mio pezzo preferito di sempre, uscì il mio terzo disco Guardare per aria. Lo stesso giorno uscì un altro disco molto importante, quello di Daniele Celona. Anche lui era nella band di Levante insieme a Federico e Alessio dei Nadar Solo. Nell’estate di quell’anno Max Casacci ci invitò a suonare al Traffic Festival di Torino 

Decidemmo tutti insieme di portare su quel palco così importante un concerto speciale. Creammo una super band composta da Celona, i Nadar Solo ed il sottoscritto e invitammo gli Eugenio in Via di Gioia, gli Anthony Laszlo e Johnny Fishborn. Quello fu un momento molto importante per la scena torinese perché avremmo potuto benissimo fare i nostri concerti separatamente e invece decidemmo di condividere quello spazio tutti insieme. Se ne parlò in tutta Italia. Eravamo uniti e tutti con lo stesso scopo: riportare la musica e la scena torinese sotto i riflettori dopo qualche anno di forte individualismo.

 

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Il tour in supporto a Max Gazzè

Sì, a un certo punto Rolling Stone mi chiese di intervistare Max Gazzè in vista della sua data torinese all’Hiroshima Mon Amour. Lo incontrai in Drogheria, dove c’era sempre Claudia che lavorava e quindi sapevo avremmo avuto accesso ad un privè, e lo intervistai. Alla fine dell’intervista Max mi chiese se volevo andare al concerto. Io pensavo che mi avrebbe lasciato un accredito invece lui voleva che io gli aprissi il concerto.

Salì prima lui sul palco e fece una presentazione strappa lacrime, quando salii io il pubblico mi accolse in un modo che non dimenticherò mai. Fu la prima volta forse in cui capii che le mie canzoni potevano avere un senso. Da quel momento poi continuai a seguirlo in tour per aprire qualche suo concerto.

 

Le date all'estero 

Visti i cachet che c’erano per le date in Europa, il mio obiettivo era partire con 20 euro in tasca e tornare con gli stessi 20 euro. Magicamente successe il miracolo: tra i dischi venduti e la gentilezza e l’ospitalità dei promoter tornai a casa con i miei venti euro che adesso stanno attaccati al frigo di casa in ricordo di quell’esperienza che ricordo a sprazzi sempre a causa della gentilezza dell’ospitalità dei promoter.

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Nella band di Niccolò Fabi

Niccolò era presente ad uno dei tanti concerti del 2010 da Giancarlo, da quel giorno diventammo amici e mi propose di aprire i concerti del suo tour estivo nel 2013.  Nel 2016, dopo il disco Una somma di piccole cose, mi chiamò dicendo che aveva voglia di cambiare band e mi chiese di aiutarlo a trovare dei musicisti torinesi per partire in tour. Io proposi immediatamente i ragazzi che suonavano già con me, i miei fratelli Damir Nefat, Filippo Cornaglia e Matteo Giai. Le prove andarono alla grande e partimmo per un tour di 80 date che durò più di due anni e che si concluse al Palalottomatica di Roma. 

Mi ricordo esattamente il momento in cui chiesi alla mia band se gli andava di andare a suonare con Niccolò Fabi, era il 10 gennaio ed eravamo al Caffè Boglione di Bra, tutti fatti di Barbera; la loro reazione la porto ancora nei miei occhi.

 

Giorgia e il percorso da autore

Scrissi Chiamami tu e chiesi a Levante di registrare la voce del provino. La registrammo con l’iPhone e la mandai a Camonchia che non mi disse nulla. Dopo circa un anno ricevetti una mail di Dropbox che mi chiedeva se accettavo la richiesta di una certa Giorgia Todrani di accedere alla cartella “Chiamami tu”. Sinceramente non sapevo che il cognome di Giorgia fosse quello, quindi guardai su Facebook e ovviamente non trovai nessuno, Google invece svelò il mistero. E poi da lì in poi si sa già com’è andata a finire.

 

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Primo Maggio con Colapesce

Quello del Primo Maggio è forse il palco più ambito dai musicisti italiani. Un po’ perché suoni davanti a centinaia di migliaia di persone e un po’ perché il backstage permette incontri interessanti tra addetti ai lavori e non. Quando ricevetti l’invito a partecipare decisi da subito di condividere quei 12 minuti con un amico. È una cosa troppo bella per tenersela tutta da soli. Così chiamai Lorenzo e gli chiesi se gli andava. Lui un anno prima mi aveva accolto nella sua Ortigia come solo i grandi amici sanno fare. Gli dovevo una carineria e così salimmo insieme sul palco del Primo Maggio.

La band era composta un po’ da torinesi e un po’ dai musicisti di Lorenzo. Furono tre giorni romani molto intensi e molto importanti per consolidare ancora di più la nostra amicizia e la nostra stima reciproca.

 

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L'articolo Dieci anni in Bianco di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2021-03-30 11:16:00

Tag: album

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