È il momento giusto per amare i Brucherò nei Pascoli

Siamo stati al live della band di Milano Nord-Est più calda di Via Padova, e abbiamo ascoltato il loro EP “Bar Adriana”. Suonano e scrivono bene, spremono la vita nelle canzoni e usano l'ironia nel modo giusto: forse abbiamo trovato i nuovi Blues Brothers

Brucherò nei pascoli al Biko, foto di Mattia Pastore
Brucherò nei pascoli al Biko, foto di Mattia Pastore

Di questi tempi incerti in cui le drammaticità geopolitiche si intrecciano a dinamiche psicosomatiche, di Natali sempre più poveri ma mai meno grassi, la verità è che sono pieno di sbatti. Scrivere richiede molta energia, molta attenzione. Scrivere è studiare, mangiare, digerire: se twittare è sputare, scrivere è cucinare bene, e insomma chi mi conosce sa che non sono un mago ai fornelli. Per farla breve e senza voler finire a fare il milanese imbruttito che va sempre di fretta, ogni tanto vorrei dedicarmi a spingere cose che mi piacciono molto ma banalmente non me lo posso permettere perché ho lavoro da fare.

Però.

Domenica notte, dopo aver balzato causa burnout durante il weekend almeno tre appuntamenti interessanti di una Milano unstoppable, mi sono dunque recato a quell’oasi di biodiversità che è il Biko di Milano, per assistere in maniera del tutto non casuale ai “migliori musicisti esibirsi coi peggiori cantanti di Milano, cose che neanche a Sanremo”, definizione coniata dalla stessa band. Tornato a casa, avrei poi pensato che di questa cosa che avevo appena visto, di questo concerto “fuori da Google” e di questa presentazione del nuovo EP dei Brucherò nei Pascoli, be’, non scriverne sarebbe stato un gravissimo errore. E allora eccomi qui.

 


Chi sono i Brucherò nei Pascoli dovrebbe saperlo chi abita a Milano Nord/Nord-Est (si apprezzi che non ho ceduto a usare il geotag “Nolo”), chi frequenta il Cinema Beltrade laddove organizzano una rassegna, chi li ha incrociati per motivi professionali o sociali, insomma i loro amici e le loro amiche. Chi ne abbia visti i videoclip, benissimo fatti (cinema e videomaking sono la loro altra dimensione preferita). Oppure chi li abbia già vissuti dal vivo, magari in maniera altamente casuale al MI AMI 2022, laddove si sono guadagnati il premio di act più chiacchierato del festival grazie ad un concerto sorprendente (qualcuno la definì ironicamente “strage”).

Brucherò nei pascoli al MI AMI 2022, foto di Silvia Violante Rouge
Brucherò nei pascoli al MI AMI 2022, foto di Silvia Violante Rouge

La loro biografia di Facebook recita: “Davide e Ste, tre poeti d’autore”. Il che fa già capire tante cose. A me furono introdotti la prima volta da Paolo Cerruto e dal team del Premio Dubito, il più importante riconoscimento underground italiano alla poesia con musica, slam poetry e spoken word. I miei appunti circa la loro candidatura all’edizione 2021 (ero in giuria) recitano: “CCCP trap” - potrebbero finire qui ma vanno avanti - “più musicali che testuali, con un discreto grip, potenzialità“.7

La verità è che Davide e Stefano, i tre poeti d’autore altresì chiamatisi Brucherò nei Pascoli, macinano musica da ormai cinque anni. Dapprima con momenti più maleducati dedicati alle ragazze di seconda generazione che prendono la linea 56, poi con l’esaltazione dionisiaca in chiave iperlocale dei baretti di via Padova, di cui sono i cantori ufficiali, non a caso incorniciati nella bella fanzine disponibile al merch intitolata Sale l’animale e curata da Mattia Pastore (purtroppo non un mio parente, autore peraltro delle foto). Fra i loro fan più autorevoli, Federico Dragogna, il chitarrista e songwriter dei Ministri.

Forti di una purezza trasversale e di una personalità evidente, si è accorta di loro la genovese PioggiaRossa Dischi di Rachid Bouchabla (per gli amanti dei curricula: batterista degli Ex Otago) che ha iniziato a spingerli e pubblicarli. E così si arriva a Bar Adriana (che pezzo, che pezzo). I ragazzi tolgono da YouTube tutto il vecchio materiale, è una nuova ripartenza, segnale che è cambiata la marcia.

Pronti a fare show, Blues Brothers
Occhiali da sole anche se sono le nove, si fottano le prove
Cazzo ce ne, sì, dimentichiamo le parole
Madonna bagascia, la sbronza non passa.

Se non fossero semplicemente parole scritte da loro stessi sarebbe una vivida premonizione. Undici dicembre duemilaventidue, ore ventidue. Alla una del giorno dodici dodici uscirà il loro nuovo EP intitolato appunto Bar Adriana, la prima vera hit dedicata al baretto laddove erano (sono?) soliti ubriacarsi. È proprio un contenuto video - una sorta di mini docu dedicato alle registrazioni di questo capitolo discografico - che apre il concerto. Preceduti dai musicisti, lattina in mano eccoli entrare: loro due, i tre poeti d’autore.

Foto di Mattia Pastore
Foto di Mattia Pastore

La prima gag è il saluto al pubblico in inglese. Davide ha un vistoso cerotto al collo; sembrerebbe una gag anche quella ma invece no, è effettivamente tutto bloccato. Hanno ancora un secondo strato di vestiti addosso ma presto sveleranno il loro look per la serata: Davide in maglietta originale Familia Povera “Morte al macho”; Stefano in termica capsule collection Kipsta con aderenza su panza. A Milano anche il trasandato è stiloso, trasiloso o stasandato diciamo, non c’è niente da fare siamo fatti così: accettatelo.

La scaletta segue l’ordine di tracklist dell’EP: Morale e Scema, i due pezzi più punk rock del disco, superchitarristici da pub singalong. Il locale è ben fornito, il pubblico si scalda, c’è voglia, le ragazze ballano. Ma la forza dei Brucherò nei Pascoli non è il saper correre ad alto tasso etilico sul filo che separa il lol dal non lol, conoscendo la nobile e sopravvalutata arte dell’ironia. È possedere la vita, sapercela mettere dentro le canzoni, cantandola a sguarciagola per convincerti a cantarla assieme a loro. E, in più, avere con sé ottimi musicisti con cui poter giocare con generi e arrangiamenti.

Mi ripeti il tuo nome
dai ripetilo ancora
tipo tormentone
tipo che sto sbronzo
ma si tralasciamo
va beh
va bene
L’importante è che ridi
così senza motivi

Immenso è infatti una hit assolutamente pop, di pop italiano signore e signori. Una hit in cui si canta di relazioni (leggasi scopare), di gioventù eterne e fiammeggianti, di quotidiano/notturno e contemporaneo: “dimmi a che ora stacchi, prendo due birre al pachi” o - scusate se rimarco il turpiloquio ma è inevitabile - “mi dici pochi cazzi, io dico poca figa”. È come se Vasco Rossi incontrasse Dargen D’amico, d’altronde entrambi hanno sempre amato gli occhiali da sole. Qualcuno potrebbe buttare sul piatto il nome di Auroro Borealo, soprattutto in quei momenti più funky: capisco la fascinazione, accade che possano convergere premesse diverse.

Foto di Mattia Pastore
Foto di Mattia Pastore

Chiudono la prima parte di show Lugano addio e I sorrisi nelle foto, che appunto mostrano l’altro aspetto dei BR Pascoli (nome per i già adepti). Qui l’esplorazione passa per costruzioni più morbide e sinuose, toccando elementi addirittura fusion e jazz. La coda del concerto è infatti una strumentale molto piacevole. È qui, prima di congedarsi, che appoggiano un’altra immagine densa.

Ogni tanto si è pute, ogni tanto si è Putin
Il meglio viene fuori alla fine dei pasti, come i rutti

Rende l’idea, no? Amanti della scorrettezza, non disdegnano l’utilizzo boccaccesco di bestemmie (“madonna bagascia”) e il consumo senza pentimento di alcol, un po’ come Massimo Pericolo ma senza essere truzzi di provincia bensì raga di quartiere. È questo che li rende diversi? È la bravura nei pezzi, o è la maniera di porsi? Non lo so, sono maschi bianchi (“morte al macho”), non so dirvi se borghesi o no, in ogni caso questo potrebbe non tirare loro la volata dell’hype.

Foto di Mattia Pastore
Foto di Mattia Pastore

A questo punto è tempo per un paio di bis largamente richiesti dal pubblico. Risalgono sul palco con una bottiglia di whiskey praticamente finita. Eseguiranno pezzi attualmente non editi e che finiranno nei loro prossimi lavori, che nel frattempo hanno già quasi confezionato. Il primo di questi due ha un ritornello che recita “fanculo il rap italiano”, ma non ne conosco il titolo. Sono comunque due brani forti, e danno l’idea che con questa band molto debba ancora succedere.

C’è qualcosa in questo progetto che ti lascia addosso la voglia di farne parte. La personalità, la vita spremuta (cit.), le canzoni. Sono così puri che vien quasi voglia di non augurare loro successo - anche se lo meriterebbero assai e ne hanno per farlo - per non rovinare la magia. E se al momento pare il caos a governarne le mosse, io ho visto voglia di fare sul serio dietro quegli occhiali da sole. Vedremo. Qualsiasi cosa accada, o voi che ascoltate e non cucinate e magari la musica ve la godete e basta, accettate questo consiglio: è questo il momento di esserci. It’s time to brucare nei pascoli, tè capì.

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L'articolo È il momento giusto per amare i Brucherò nei Pascoli di Carlo Pastore è apparso su Rockit.it il 2022-12-13 16:33:00

COMMENTI (1)

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  • mario.miano.39 2 anni fa Rispondi

    Complimenti e grazie per farci leggere storie reali e per il coraggio di chi ancora fa giornalismo di ricerca per alzare una asticella ormai a terra. Quando senti un banger come Bar Adriana è come ascoltare i Chemical Brothers che fraseggiano un Guccini aggiornato. C'è in giro in Italia gente molto brava, ho motivo di credere che nel 2022 il livello di scrittura si sia alzato parecchio. Mancano ancora produzioni all'altezza (parlo in generale) che rimangono ad appannaggio dei giovani boomer da streaming ma se in un anno vengono fuori Ibisco, Brucherò nei pascoli, i sottovalutatissimi Ada Oda, i Leatherette, Andreotti Beatrice Pucci e Kuni secondo me non è un caso. Ce ne sono molti altri ma ho citato prendendo dai miei gusti e sulla base che li ho scoperti quest'anno. Complimenti e grazie per la stupenda musica