I Camillas hanno visto il futuro delle canzoni, e ce lo raccontano

A poche settimane dalla scomparsa di Zagor esce per People Edizioni il nuovo volume della band pesarese "Storia della musica del futuro", di cui vi offriamo un estratto in anteprima. Si ride come sempre, anche se questa volta fa un po' male.

La grafica di copertina della "Storia della musica del futuro", di Riccardo e Tommaso Catone
La grafica di copertina della "Storia della musica del futuro", di Riccardo e Tommaso Catone

Zagor Camillas è scomparso il 14 aprile 2020. Abbiamo terminato e consegnato il libro nella prima settimana di febbraio. Siamo stati immersi per sei mesi nel futuro, raccontandolo come se fosse già passato. Abbiamo evitato con cura slanci di fantasia, per rimanere il più possibile fedeli a quanto avevamo visto e conosciuto. Il presente ci sembrava noioso, come uno stivale beige piantato nel fango, una specie di seme sterile e mimetizzato. Lo sentivamo, quello stivale, vantarsi della sua foggia terrosa, convinto che la sua identità fosse salva, perché ben inserita nel contesto. E ridevamo del presente, lo colpivamo con leggere manate sulla nuca e poi fuggivamo ridendo, certi che l’avremmo di nuovo trovato distratto. Gli facevamo le coccole, lo chiamavamo con nomi che non capiva e si ritrovava scritti addosso aggettivi iperbolici e inaspettati. Ne abbiamo fatte tante assieme, noi e ogni tempo presente. Poi lui si è rivoltato, con la calma che caratterizza l’attimo, quando vuole farti capire bene che cosa sia l’esistenza. E adesso niente è più come prima, per noi.

Con queste parole Vittorio Ondadei, alias Ruben Camillas, co-fondatore de I Camillas, ricorda Mirko Bertuccioli, in arte Zagor Camillas, nella nota conclusiva del libro La storia della musica del futuro, il secondo romanzo dei "fratelli", edito da People records, che una collana diretta da Paolo Benvegnu’ e gestita da Blackcandy & People Pub. (il primo è La rivolta dello zuccherificio, 2015, Il Saggiatore), che uscirà il 28 maggio in libreria, ma che è già disponibile sul sito della casa editrice e in ebook in tutti gli store (qua Amazon). Questa la dichiarazione degli editori:

Avremmo voluto presentarvi “La storia della musica del futuro” con la gioia che accompagna sempre una nuova pubblicazione per noi di People. Stavolta, però, non possiamo farlo, perché uno dei due autori di questo libro – che per mesi abbiamo sognato di fare – non c'è più. Zagor ci ha lasciati un mese fa, qualche settimana dopo aver completato, con il fratello Ruben, “La storia della musica del futuro”. Crediamo che questo libro, così bello, così divertente, così unico, sia il modo migliore per celebrare la memoria di una splendida persona come Mirko “Zagor” Bertuccioli.

Leggere questo libro è come entrare nella mente di due che hanno davvero visitato il futuro, e che ce lo descrivono minuziosamente: vizi e virtù della scena musicale, di conseguenza della società. Fatti surreali, eppure verosimili, raccontati credendoci così tanto che non ti poni neanche il problema se siano verità o fantasie. Ci hanno regalato qualche estratto dalle prime pagine di Storia della musica del futuro, che siamo onorati di pubblicare qui sotto. Fa un po' male leggerlo, alla luce di quanto è successo, ma si sorride comunque. Come sempre, con i Camillas. 

State per leggere una storia. Cose che sono già successe. Non nel “nostro” passato, ma nel passato di un domani lontanissimo. Non si tratta di profezie o presagi. Sono istantanee di un futuro già accaduto. Non possiamo dirvi come le abbiamo sapute. Questo è un segreto che è necessario non rivelare al momento. Fidatevi di noi e leggete tutto quello che è contenuto in questo libro: fatti rilevanti, interviste, playlist, dichiarazioni, recensioni, commenti, classifiche, te- sti pubblicitari, rider, lettere di fan, storie d’amore ispirate a canzoni, testi impegnati, storie di musicisti, saggi analitici e d’archeologia musicale, scambi epistolari. La storia della musica del futuro.

Conchiglie volanti?

La prima fotografia di un buco nero, scattata nel 2019 grazie a un aggeggio tecnologico prodotto da aziende di cose spaziali italiane e tedesche, venne archiviata per noia dopo circa quattro anni. Migliaia di scienziati avevano passato il tempo a contemplare quell’immagine, fatta di raggi gamma e riflessi di taglierini usati negli uffici spaziali per dividere le pagine dei libri su argomenti spaziali, distribuiti gratuitamente agli scienziati spaziali ma con poca cura tipografica, in quanto l’inchiostro nello spazio non è ritenuto utile e la carta non viene utilizzata se non nella sua versione spaziale, tutta traforata e profumata di satellite.

Guardavano e non succedeva nulla. Monitor immobili, occhi che incrociavano tragedie interiori, cataste di bucce di noccioline  che nella variante spaziale avevano tre semini dentro, di cui uno parlante. I gomiti degli impiegati degli uffici spaziali ormai erano consumati dall’attesa, così a un certo punto uno disse «basta!» e altri lo seguirono: «Basta! Basta!».

Chiusero la finestra con l’immagine del buco nero e andarono a guardare supernove e nane gialle. Oppure sbirciavano nelle case degli umani dai loro satelliti roteanti, sognando di rubare biancheria intima stesa. E ridevano del buco nero. Che pena.

Fu dimenticato. E con esso tutta la vicenda dell’antimateria. Nessuno ricordava più la Squadra Spaghetti: otto volontari addestrati nella promozione della conoscenza dell’antimateria che vagavano per le scuole primarie cercando di far capire ai bambini il contraccolpo della relazione rovesciata fra densità e volume in un quadro di variabilità degli elementi nel quale non si salvano né l’ipotenusa né il dittongo. Utilizzavano gli spaghetti perché avevano questa forma allungata: un po’ raggi spaziali, un po’ tentacoli duri. Assolutamente poco compatti da crudi, eppure poi avvolti in loro stessi una volta cotti. Andavano nelle scuole, raccontavano, facevano le mosse dell’antimateria e poi tutto si concludeva sempre con un pranzo selvaggio; ubriachi loro, le maestre e i bidelli. L’esperienza li aveva condotti a identificare l’antimateria con una forza rivoltosa, che resiste alla normalizzazione del reale e punta pian piano a modificare pensieri e comportamenti, verso l’emancipazione dai limiti fisici e politici. Come fiorisse gioia da un’incostanza formale, prevedibile solo per brevi tratti spaziali e temporali.

Avevano scritto un canzoniere sull’antimateria e con chitarra e birulo lo eseguivano in coro, anche nelle piazze delle Capitali. Ricordiamo con piacere Seminole, una canzone sulla necessità di sviluppare la giungla che è in noi, oltre la metafora frattale e organicista; oppure Io ballo a nolo, sul disagio dei ricercatori costretti a pagare l’affitto degli strumenti di ricerca, perché l’antimateria giustamente se ne impossessava e non li restituiva più. Distribuivano volantini nelle scuole, incitavano i bambini alla resistenza violenta, promuovendo una forma di caos sociale eccitante, condivisibile e praticabile.

La Squadra Spaghetti era stata fermata, all’alba del 12 Lucido del 2287, da una pattuglia di irregolari dell’esercito del Pulito: i Ciucadores de lenzuolas. Li avevano costretti a scendere dal loro pulmino rosso con la scritta «siamo scienziati che lavorano per voi». Erano spaventati. Gli uomini scuri avevano divise con le insegne governative abrase e macchiate di ketchup.

«Fuori i documenti.»
«Siamo la Squadra Spaghetti!»
I fucili mitragliatori avevano riso.
Il primo a cadere era stato il dott. Carletti Aveno, colpito alla fronte da una mazza spuntata dal buio. Poi i colpi. L’assistente di laboratorio Ginevri era caduto senza una voce. Il dott. Zanna e la dott.ssa Gelli gridavano aiuto nei loro superphone, mentre le pallottole foravano mani e gole – «non lasciate tracce», «no, capo». Avevano preso l’ultimo, rannicchiato fra scatoloni di antimateria giocattolo, e lo avevano ucciso con un piccone.

«Perché ti porti il piccone, se abbiamo i fucili mitragliatori?» «Mi piace il suono che fa. Umf. Umf. Umf. Umf.»
«È sempre questione di suono, hai ragione.»
Al telegiornale del giorno dopo, la notizia del ritrovamento fu data per terzultima. Una strage di terroristi folli provenienti da lontano.

«Li prenderemo, li prenderemo» aveva detto piangendo il tizio del piccone.

E singhiozzava al microfono. È sempre questione di suono.

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L'articolo I Camillas hanno visto il futuro delle canzoni, e ce lo raccontano di Redazione è apparso su Rockit.it il 2020-05-25 09:32:00

Tag: libro

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