I cantautori sono tornati a fare il loro mestiere (ma alcuni non hanno mai smesso di farlo)

I cantautori italiani hanno ricominciato a fare la rivoluzione

La prima critica che viene imputata alla musica italiana degli ultimi tempi è quella standard: vuotezza di contenuti, niente oltre la forma. Polemica generalista e generalizzata che spesso non tiene conto del fatto che negli ultimi tempi, i cantautori sono tornati a parlare dell'emotività collettiva, del tessuto sociale e degli ultimi, senza imbastirci sopra storie melodrammatiche e senza buttarla sullo storytelling post-moderno che ha stancato già da qualche anno. Un grande risultato per quelli, e sono molti, che chiedevano qualche parola decisa che venisse in loro aiuto per affrontare questi tempi bui. 

Nada tratta il periodo storico con chirurgica precisione con un testo che può essere associato alla vita emotiva quanto a quella sociale: "Una tristezza che si taglia nell'aria, da quando il cuore non mi segue più, ho troppe cose, nessuna che mi tiri su, nessuna che mi tiri su, è un momento difficile, tesoro." a cui fanno eco gli amici Zen Circus sanremesi con uno dei testi più belli della loro produzione, che riesce a trattare argomenti come i porti chiusi, il femminicidio, l'assuefazione dalla tecnologia per chiosare con un commovente: "E speri ancora che qualcuno sia lì fuori ad aspettarti, non per chiederti dei soldi e neanche per derubarti, non per venderti la droga e soffiarti il posto di lavoro, ma per urlarti in faccia, che sei l'unica, sei il solo". Per concludere il triangolo toscano più famoso d'Italia, anche il Motta sanremese ha dato il suo forte contributo alla causa del combat cantautorato dando voce ai migranti che cercavano di approdare in Italia dopo lunghe notti nel mare al buio, gridando "Dov'è l'Italia amore mio? Mi sono perso", che gli è valso i fischi del pubblico conservatore e borghese dell'Ariston quasi un anno fa.

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Quella borghesia tanto sarcasticamente dipinta da Giovanni Truppi nel pezzo omonimo: "Borghesia, sono bastati un paio di secoli e già sei spazzata via. Tra l'incudine e il martello, tra gli schiavi ed i padroni, tu dimostri che pensare solamente ai fatti propri, è da furbi solo per i coglioni." Un passo obbligato per il cantautore napoletano che, come biglietto da visita per il 2019 aveva descritto gli esseri umani solamente facenti parte di due categorie e che l'unica cosa oltre l'amore a definirli fosse: "Quella che ci divide tra chi simpatizza con chi vince e dall'altra parte, ovunque da sempre e per sempre, chi simpatizza con chi perde." Anche Brunori SAS nel recente singolo si smarca dall'amore per parlare di qualcosa di più concreto, meno lirico ma probabilmente più utile di questi tempi, qualcosa che potremmo definire empatia, che si ottiene staccandosi dalle logiche social della narrazione dell'odio: "E vedrai che andrà bene, andrà tutto bene, tu devi solo smetterla di gridare e raccontare il mondo con parole nuove, supplicando chi viene dal mare di tracciare di nuovo il confine fra il bene ed il male, se c'è ancora davvero un confine fra il bene ed il male. Difendimi al di là dell'amore." 

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Levante nel suo singolo estivo già parlava del sentimento distopico di positività nell'aria quando tutto va a finire male e, parlando di Cucchi, immigrazione, ambiente e dell'amore fatto per non pensare afferma sarcasticamente: "Questo è il futuro che sognavi per te, credevi fosse più lontano eh? Ti senti fuori tempo limite contro ogni previsione hai perso il desiderio della rivoluzione.". Sarcasmo ancora più accentuato dalle parole dure di Pierpaolo Capovilla che insieme ai Tre Allegri Ragazzi Morti parla della mancanza di etica nel progresso, che porta a un egoismo cronico: "Lavorare per il male è una cosa naturale, è un lavoro normale, non ci devi pensare. L'avvenire dei tuoi figli merita molto di più: fatti solo i fatti tuoi, fatti i fatti tuoi." A ricordarci che siamo ospiti, sempre, ci ha pensato La Rappresentante di Lista nella canzone omonima: "Siamo ospiti a casa delle madri, a casa dei miei figli, a casa degli uomini o dei ricchi con le case in salotti. Siamo ospiti quando abbiamo pianto, siamo ospiti vestiti da padri, vestiti d'amici, vestiti da cani, chiusi fuori casa in fila coi numeri." Se poi si tratta di nuove generazioni e di ragazzi di neanche 20 anni, gli Psicologi sanno il fatto loro e insegnano l'antifascismo ai ragazzi confusi della loro età: "Al padre di Alessandra manca suo padre, che indubbiamente ha fatto la storia, ma fatti due domande se per un uomo così grande non c'è il giorno della memoria."

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Anche i cantautori più old school hanno dato un peso maggiore alle proprie parole: Vinicio Capossela ha immaginato la nuova venuta di Gesù in una canzone che non dà spazio alla speranza: "Il povero Cristo è tornato sulla croce, con il dono che a tutti qui ha portato. La buona novella dove per scritto e messo "Ama il prossimo tuo come fosse te stesso", ma troppo era difficile forse anche oltre l'umano così si è ritirato, all'uomo ha rinunciato. Una veste di silenzio si è cucito addosso, il povero Cristo tace, grida all'uomo a più non posso.". Niccolò Fabi è tornato con un pezzo potente proprio sull'empatia, qualità che abbiamo irrimediabilmente perduto: "Io sono l'altro, sono quello che spaventa, sono quello che ti dorme nella stanza accanto. Io sono l'altro, puoi trovarmi nello specchio, la tua immagine riflessa, il contrario di te stesso. Io sono l'altro, sono l'ombra del tuo corpo, sono l'ombra del tuo mondo, quello che fa il lavoro sporco al tuo posto".

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Non tutti optano per la critica sociale in ogni canzone, d'altronde siamo in Italia e qui le canzoni d'amore non moriranno mai, ma anche loro si trasformano, ammantandosi di cupezza nel generale andazzo. Così Daniele Silvestri, che con le parole ci sa fare,  dopo aver parlato della prigionia emotiva di un adolescente nel pezzo dello scorso Sanremo, ha spalancato le labbra ad un ingorgo di parole per descrivere un amore che sembra finito, proprio come la speranza si cui sopra: "E se potessimo tornare al ricordo che hai di me, alle cose come sono o come erano prima di distruggerle." Dimartino invece è meno greve, si posa sulle cose con la dovuta leggerezza e scrive "Sono giorni buoni fatti di ore crudeli, ma sono giorni buoni per confondere il fuori col dentro, l'estate e l'inverno, un amore col vento, la pioggia, il cemento."  

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Il cantautorato è vivo e sta imparando a lottare di nuovo, con quelli che non hanno mai smesso e con quelli che hanno voglia di riniziare a farlo. Con le parole belle, ricercate, con quelle dure, col sarcasmo e con la dolcezza, con l'odio, l'empatia e l'amore. 

 

 

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L'articolo I cantautori sono tornati a fare il loro mestiere (ma alcuni non hanno mai smesso di farlo) di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2019-09-26 14:29:00

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