Una canzone è nulla senza contesto: perché "Bella Ciao" non è per tutti

Nessuna opera dell'ingegno umano è neutra, tanto meno un inno partigiano. E per quanto una serie tv, Steve Aoki o un terzino poco scaltro della Lazio lo possano "portare altrove". Una riflessione sul significato della musica, sul suo valore nel tempo e sulla sua capacità di unire e dividere

L'inizio - o la fine - di tutto
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23/07/2021 - 10:32 Scritto da Dario Falcini

Questa volta – e chi lo avrebbe mai detto? – tocca dare ragione agli ultras della Lazio. Perché, dall'abietta e patetica prospettiva da cui guardano la storia, hanno finito per centrare perfettamente il punto. Questo, per come riportato dal Post, il commento di Franco Costantino, detto Franchino, uno dei capi della curva biancoazzurra, all'episodio che ha visto coinvolto il neo tesserato della società romana Elseid Hysaj: "Non credo alla favola che poteva non sapere il senso di quella canzone, è albanese ma ci siamo informati, il padre era un operaio cresciuto qui. Chiunque viva in Italia non può ignorare il peso di una canzone politicizzata come Bella Ciao". 

Riavvolgiamo, ma veloce. Hysay è un calciatore appena arrivato alla Lazio dal Napoli e durante un momento del ritiro del club in Veneto ha cantato in goliardia una sua versione di Bella Ciao, poi finita sui social. La cosa non è passata inosservata e gli ultras laziali – da sempre schierati su posizioni di estrema destra e protagonisti in passato di vari episodi incresciosi tra "polemica politica" e autentica cronaca criminale – hanno subito chiesto la cacciata dell'atleta, appendendo a Ponte Milvio lo striscione "Hjsay verme,la Lazio è fascista". Il giocatore si è scusato (già...), o meglio ha cercato di spiegare che non c'erano intenti ideologici dietro alla sua "performance". Poi la società ha preso le distanzedai tifosi.

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Che, però, una cosa buona l'hanno fatta: dire le cose come stanno. "Siamo fascisti", dicono loro. Senza fare riferimento a "definizioni che appartengono al passato", dire che "non ci sono più destra né sinistra" o anche solo il correttivo "del terzo millennio". Sono fascisti e ragionano da fascisti, le carte sono sul tavolo girate. E dicono bene: Bella Ciao è "una canzone politicizzata" e una canzone partigiana, che è normale e anzi giusto che vada bene a una parte e non a quell'altra. 

Il problema degli ultimi anni, semmai, è stato proprio che un brano del genere – per suo carattere internazionale e talmente suggestivo da aver avuto già in passato gli utilizzi più vari, dal cinema alla realtà – abbia fatto dei voli immensi, per poi tornare sfigurato alla meta. In particolare è quello che è successo con l'inserimento del brano nella serieLa Casa di Carta, un successo planetario (anche grazie a un uso sapiente di teorie borderline e a un immaginario furbastro).

La storia di Bella Ciao è lunga e articolata, ve la raccontiamo più nel dettaglio sullaNEWSLETTER che da sabato mattina è nelle vostre caselle mail e a cui vi invitiamo ad iscrivervi scrollando fino in fondo questo articolo e lasciando nell'apposito spazio il vostro indirizzo di posta. Le origini della canzone sono dibattute – anche se sulla sua genesi in seno allaResistenza dubbi non ce ne sono –, e c'è chi fa risalire la melodia a un canto yiddish dell'Est Europa. Dal Dopoguerra è stata usata in milioni di manifestazioni e congressi politici – comunisti ma anche democristiani! –, "sdoganata" in tv, coverizzata all'estero.

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In un Paese con un altro rapporto con la propria memoria, sarebbe la canzone di tutti ad eccezione di un gruppo di marginali sconfitti dalla storia. Da noi non è così e ci sono interi gruppi politici – oggi per altro in netta maggioranza nel Paese – che ne negano l'universalità, e cercano formule per dire (senza poterlo dire apertamente) che la canzone non li rappresenta perché loro stanno dall'altro lato della barricata. Gli ultras della Lazio, invece, recitano il loro ruolo di "puzzoni" fino in fondo, senza tattiche e senza ipocrisie.

E ci ricordano che la musica, come ogni espressione del genio umano, perde molto del suo valore quando viene estromesso il contesto. Vale per ogni canzone, e pure un po' di più per quelle fortemente calate nel proprio tempo come un canto popolare. La Casa di Carta ne ha aumentato la popolarità a dismisura, facendola arrivare a una platea vasta ma senza alcun consapevolezza né interesse verso la vicenda che quelle note recano con sé. Tipo Hysay, con ogni probabilità. O tipo i calciatori dell'Inter che fecero la stessa cosa due estati prima in ritiro, gasando un sacco due amici del sottoscritto nerazzurri e parecchio di sinistra. Convinti che quella cena ad asado e canti della Resistenza – in realtà per loro era la colonna sonora di una serie tv – avrebbe scatenato la rivoluzione.

Senza contesto una canzone è "solo" una canzone, tot note una dopo l'altra. Una canzone magari bellissima, o magari no. Ma in fondo che significa bellissima, e per chi lo è? Senza contesto una canzone può essere rifatta da Steve Aoki (true story) così come da Tom Waits o Milva, ed è la stessa cosa. Per questo il contesto, il senso profondo di quell'opera che non può prescindere dal momento in cui è nata, è importantissimo. Perché, oltre ad unire, può servire a dividere, quando serve: un compito storico prezioso. 

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L'articolo Una canzone è nulla senza contesto: perché "Bella Ciao" non è per tutti di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2021-07-23 10:32:00

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