Paolo Benvegnù - Casa 139 - Milano

(Paolo Benvegù alla Casa139 - Foto di BobMolt)

L'ultima sera, forse la più toccante, quella dove le tante anime di Benvegnù confluiscono in un unico spettacolo. La teatralità, l'ironia, le sue canzoni. Ecco "La stanza" il suo reading musicale. Eleonora Chiari racconta.



È una serata di prime volte. Con Paolo, alla Casa 139, nel ruolo di reporter. Piove, dai finestrini appannati dell’auto Milano sembra ancora più grigia. Ma è la giusta atmosfera per quello che non vuole essere il classico concerto tutto urla e paillettes, sembra tutto più intimo. Davanti al portone della Casa mi sento a mio agio. Merito del fatto che proprio lì, a due passi da me, Paolo sta rovistando nel furgoncino alla ricerca della sua chitarra, senza essere disturbato, ma semplicemente e naturalmente salutato da coloro che da lì a poco saranno accanto a me, catturati dalla sua performance.

Dentro l’ambiente è futurista, la luce soffusa e nessuno è capitato lì per caso. Al piano di sopra, lo spettacolo sta per iniziare. Mi ci vuol un attimo per capire che la radio disturbata in sottofondo non è affatto un problema tecnico, una semplice prova audio. Fa perfettamente parte della scenografia, è il sonoro della scena. Paolo accende una sigaretta, incurante della gente attorno. Ormai non è più lui, si tramuta in un uomo solo, durante il suo turno di lavoro nel non-luogo del casello autostradale. Non è un monologo, ma intrattiene una conversazione, o almeno ci prova, con gli automobilisti che gli dedicano pochi minuti di attenzione. Ad ogni auto una storia e una canzone. Si alternano vecchi pezzi degli Scisma, “Rosemary Plexiglas” in primis. Dopo poco qualcosa cambia, basta un velo di rossetto e prende servizio La casellante, strano lavoro per una donna.

Dietro una cultura e un talento poliedrico rimane una profondità umana non trascurabile e con “La stanza” Paolo riesce a darne dimostrazione, calandosi in realtà non sue.

Tra un passaggio e l’altro gli applausi sono pronti ad esplodere ma rimangono soffocati dall’incalzare della messinscena da cui non si riesce a distogliere l’attenzione. Rimangono le mani che fremono e dopo “La schiena” o “Only for you” contenerle e fermarle risulta impossibile. Così lo spettacolo finisce e, mentre gli inconsueti teatranti escono, si innalza un’ovazione spontanea, in un crescendo entusiasta. Come da copione, eccoli riapparire sulla scena per accogliere con un inchino tutto il calore che La Casa emana. Nell’informalità e complicità che ormai si è creata, Paolo rimpicciolisce, diventa quasi timido e impacciato presentando se stesso e i fedeli Baldini, Franchi e Ridolfo Gagliani al suo seguito. Siamo agli sgoccioli, è tempo dei saluti e decidono di regalarci ancora qualche pezzo, attaccando con “Cerchi nell’acqua” dove gli innamorati si prendono per mano e a tutti gli altri è concesso di sognare.

Chiamarlo concerto non è esaustivo. C’erano suoni e parole, momenti per sorridere e altri per pensare. È stato un reading dalle molteplici sfaccettature come colui che l’ha creato e interpretato. Un ultimo particolare tra i tanti: una sveglia, con grandi numeri che scattano. Non segna la giusta ora ma solo il tempo che scorre, che vada lento o veloce è solo una nostra impressione. In quel gabbiotto autostradale il tempo non passa mai, ma per noi stasera il tempo è volato. E non solo “il respiro è un dettaglio che ci rende uguali”, ma anche la soddisfazione per una serata da invidiarci.

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L'articolo Paolo Benvegnù - Casa 139 - Milano di Eleonora Chiari è apparso su Rockit.it il 2007-10-24 00:00:00

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