CCCP in DDDR: il nostro viaggio a Berlino e il racconto del live della band più di culto che c’è

Si è chiusa la tre giorni berlinese dei CCCP, e tra le migliaia di fan in pellegrinaggio dall’Italia c’eravamo anche noi. Per ammirare frammenti di Germania Est, contestazioni e due ore di canzoni immortali. Ecco tutto quello che è successo prima, durante e attorno ai concerti

Massimo Zamboni e Giovanni Lindo Ferretti sul palco dell'Astra Kulturhaus di Berlino - foto di Michele Piazza
Massimo Zamboni e Giovanni Lindo Ferretti sul palco dell'Astra Kulturhaus di Berlino - foto di Michele Piazza

Il rimbombo di una cassa in quattro sfida il traffico notturno di Warschauer Straße, una delle strade principali del quartiere di Friedrichshain, a Berlino. Anche se è un lunedì sera il Matrix Club, locale posto sotto la stazione della metropolitana, sembra non accorgersene. Così come sembra non darci peso lo sparuto gruppo di signori sulla cinquantina che si è parcheggiato in un kebabbaro lì di fronte e sta discutendo della curvatura del manico delle Fender, il tutto dopo aver assistito a uno degli eventi che mai avrebbero pensato di vivere sulla loro pelle. Capisco quello che stanno dicendo non perché il mio livello di tedesco sia così avanzato, ma perché sono italiani, come metà della popolazione berlinese è parsa essere in questo lungo e irreale weekend. Italiani qui per un motivo ben preciso: assistere dal vivo a uno dei tre concerti dei redivivi CCCP in DDDR, in ciò che resta della Germania Est (la terza D sta per dismantled).

Fan all'Astra Kulturhaus di Berlino - foto di Michele Piazza
Fan all'Astra Kulturhaus di Berlino - foto di Michele Piazza

Assieme a Nicolò, amico promoter di concerti a Milano che mi ha accompagnato in questa trasferta tedesca, ho il biglietto per la data di lunedì, l'ultima di questa trinità sacra e profana al tempo stesso, quindi vedere solo di rimbalzo quello che ci attende non fa che aumentare la curiosità. Ne parlo con tutte le persone che incontro che sono stati ai live dei giorni precedenti. Da Fabio e Altea, incrociati in un rave jungle al terzo piano di un palazzo industriale – esattamente lo stereotipo di festa berlinese che potreste avere in mente – e fin infastiditi da quanto hanno apprezzato il concerto nonostante la piega politica di Lindo Ferretti negli ultimi anni, a Giulia, che si piazza con i suoi amici in coda dietro di me per mangiare quello che Nicolò mi presenta come "il miglior kebab del mondo", la parola che mi entra più spesso nelle orecchie è "incredibile". La stessa che mi ritroverò a ripetere io ossessivamente dopo il live. 

Alla fine, che sia alla linea, a Dio o chi per lui, ai CCCP stessi, si tratta sempre di una questione di fede. Lo si percepisce già dai tatuaggi, dai piercing e dalle acconciature in coda in aeroporto nel viaggio di andata, dagli stralci di dialoghi tra sconosciuti a Mauerpark, dall'aria che si respira a Berlino, da quella cicatrice lunga 155 km che spaccava la città in due e di cui ancora si percepisce la presenza, dai mercatini di cianfrusaglie e dai negozietti "Späti" a Kreutzberg, il quartiere turco della città e epicentro della scena punk berlinese negli anni '70 e '80. Qua non c'è un pubblico radunato per un concerto, ma un gruppo in pellegrinaggio verso la cattedrale dell'Astra Kulturhaus (forse sarebbe più appopriata chiamarla Kult Haus per l'occasione), la venue che accoglierà questi tre giorni di celebrazioni solenni. E allora entriamoci, dentro a questa cattedrale.

Massimo Zamboni, Annarella Giudici, Giovanni Lindo Ferretti - foto di Daniela Ferretti
Massimo Zamboni, Annarella Giudici, Giovanni Lindo Ferretti - foto di Daniela Ferretti

Pochi i volti noti attorno a noi, ma non c'è dubbio che siano italiani quasi tutti, dallo spilungone col capello alla Keith Flint dei Prodigy al signore accanto a me che manderà video dei pezzi live su WhatsApp durante TUTTO il concerto. D'altronde, se steste assistendo al quarto segreto di Fatima vorreste rendere partecipi i vostri cari, no? Età media verso gli -anta, ma ci sono anche parecchi ventenni. È stata Giulia a raccontarmi che lei si è vista tutto il concerto di venerdì in prima fila accanto a una 17enne che ha costretto la madre a farsi portare lì.

Vedere salire sul palco Annarella Giudici, Danilo Fatur, Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni non sembra vero. Non sta succedendo veramente, non può essere, il muro è caduto, l'URSS si è sgretolata, la Germania è di nuovo una sola, eppure gli occhi della platea dell'Astra non stanno vivendo un'allucinazione. Tanto meno le orecchie: Depressione caspica è l'ingresso a passo strisciato nella scaletta, dopo il video di presentazione con le immagini della mostra ai Chiostri di San Pietro e l'inno della Germania Est in sottofondo e il discorso di benvenuto di Zamboni in tedesco, seguita a ruota dalla potenza maestosa di Morire. Alle mie spalle l'urlo "PRODUCI, CONSUMA, CREPA" fa partire un pogo immediato e vengo investito da mezza birra.

Fatur
Fatur

La tensione emotiva del live è giocata sui contrasti tra le parole recitate, quelle non dette e quelle aggiornate a distanza di anni, tra le due anime di una Berlino in cui una è stata fagocitata dall'altra, senza però riuscire ad annientarla del tutto, anzi, è nella sua latenza che se ne percepisce ancora la presenza. In Punk Islam non è più Allah a essere grande, né Gheddafi il suo profeta, in Radio Kabul si sta all'erta "come un russo nel Donbass, come un armeno nel Nagorno Kharabakh", parole pronunciate da Ferretti con la sua ruvidezza – molto simile al suono stesso della lingua tedesca e alla chitarra spietata di Zamboni – che sa di dogma incontrovertibile. In questo scontro mai del tutto esplicito c'è tutta la complessità del pensiero di Lindo Ferretti, che a fine concerto dirà: "Noi proteggiamo le differenze, tutte, anche quelle che vi stanno sui coglioni".

Il riferimento qua è chiaro, visto che se ne è parlato parecchio fin dalla prima data e che questa non è da meno: la contestata presenza di Andrea Scanzi sul palco, in quest'ultima occasione centrato pure in pieno alla gamba da un bicchiere. La verità è che, al netto dell'opinione che si possa avere sul giornalista, il suo contributo al live sembra davvero incomprensibile, visto che si limita a introdurre con poche e vaghe parole – mangiate dai fischi e dagli insulti – i 10 minuti di fuoco di Emilia paranoica. Lui rivendicherà tutte le critiche prese come il momento davvero punk del concerto, anche se sembra che lo dica più per convincere sé stesso.

Annarella - foto di Daniela Ferretti
Annarella - foto di Daniela Ferretti

Tolta questa parentesi, che ha comunque il pregio di offrire qualcosa di raro a un concerto come la contestazione, il live è una meraviglia. Dalle movenze di un petroliniano Fatur – da segnalare su tutti il momento in cui, mentre sta leggendo, dal pubblico vola un "sei un Carmelo Bene pelato" – e Annarella agli arrangiamenti gloriosi con la band di 6 elementi sul palco, compreso un violino, le due ore di concerto riempiono talmente tanto la sala che alla fine potrebbe ricominciare tutto da capo. Manca qualche pezzo iconico come Live in PankowMi ami, ma non si percepisce di essere stati privati di qualcosa, è già tanto poter dire di aver sentito una nota di loro quattro insieme. E poi ci sono momenti devastanti come Per me lo so, cantata dal pubblico con una forza granitica, Bang bang che attraverso lo sguardo spiritato di Lindo Ferretti diventa Spara Jurij spara, le spaccacuore Annarella, in acustico, e la finale Amandoti, con tutti sul palco e accompagnata solo dal violino. "Un concerto perfetto", è la prima cosa che mi dice Nicolò quando lo recupero in mezzo alla folla.

Nell'euforia del momento, c'è una minuscola nota di dispiacere nel non aver sentito Io sto bene. Non tanto per me, quanto per l'ospite più singolare in mezzo al pubblico. Si chiama Lei, viene da Shanghai ed è il protagonista di quel video incredibile in cui canta proprio quel pezzo tradotto in cinese per le strade della sua città e di cui vi avevamo raccontato la storia proprio qualche tempo fa. A portarlo sono stati proprio gli ideatori di quella cover, i ragazzi di Alterazioni Video, che per l'occasione dei concerti si sono messi al lavoro a un progetto di cui ancora non vogliamo svelarvi troppo, ma avremo ben modo di raccontarvelo. Così come avremo modo di raccontare della mezz'ora di chiacchierata che mi hanno permesso di fare con Lei in un baretto turco a Kreutzberg, dandomi così l'opportunità di chiudere un cerchio come mai avrei pensato. Se non un miracolo, poco ci manca.

Applausi finali - foto di Michele Piazza
Applausi finali - foto di Michele Piazza

Quello di davvero miracoloso che invece c'è, più di vedere una band così iconica tornare sul palco, più di vederli in una forma splendida, è la devozione totale dei presenti. Lindo Ferretti è un personaggio tanto affascinante quanto difficile da prendere per le sue posizioni politiche, simpatie meloniane ben dichiarate e inequivocabili, qualcosa che mal si sposa con quello che i CCCP hanno rappresentato e continuano a rappresentare per i propri fan. Eppure quell'attaccamento, fatto di carne viva e accordi secchi e tesi, non accetta ripensamenti, non accetta rifiuti, non accetta parole che non siano d'amore. Sono e siamo tutti lì ipnotizzati, disturbati, esauriti – come ricorda Annarella nel cartello che sfoggia al momento del suo ingresso sul palco –, messi alla prova, posti di fronte a una scomodità che accettiamo comunque, perché c'è qualcosa di superiore a cui abbiamo deciso di credere come la musica (a costo di suonare retorico nel dirlo). E non so se esista al mondo un altro gruppo capace di fare tutto questo.

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L'articolo CCCP in DDDR: il nostro viaggio a Berlino e il racconto del live della band più di culto che c’è di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2024-02-27 11:40:00

COMMENTI (2)

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  • ivan.b.zamellisar 55 giorni fa Rispondi

    Da quando l'han salvato (i sistemi mondialisti|atlantisti|nasonici), per me, sè proprio giustiziato l'Anima...preferivo il suo Sè di sè stesso, ma in fondo, tutto ha una seconda faccia e questo lo è sfacciatamente...
    L'ultima volta che l'ho visto non era così politico, era a venezia al goldoni ed era anche in un'altra veste, quella del musicista, paroliere, cantante...non del sensazionalista stalinista di destra che è ora (il nulla)...si dice sull'articolo; "Sono e siamo tutti lì ipnotizzati, disturbati, esauriti", ecco...le cose evolvono, ma non per forza di cose devono esser modellate nel grande calderone mainstream (seppur con qualche eco al KITSCH degradato)...
    Vi passo un video fatto da me del 2019...: youtu.be/54Gk9ZbBwdc

  • latitante 2 mesi fa Rispondi

    Visto che non lo ha scritto nessuno, vorrei aggiungere questo:
    non c'è nessuna colpa, niente da perdonare, ognuno fa le sue scelte nella vita e non deve rendere conto a nessuno, tantomeno ai fans...ma per me è disturbante il modo in cui Ferretti cerca di sdoganare le sue idee.
    Essere punk ed essere fascista sono due cose diverse, essere provocatori e sentire la necessità di dover dare del criminale a chi è a favore dell'aborto sono cose diverse, "proteggere le differenze" e votare Meloni sono cose diverse.
    Giusto per fare un po' di chiarezza di pensiero, ci sono momenti in cui ce n'è bisogno.