Ma quanto era bello andare al Circolo degli Artisti?

Un video-documentario racconta la Roma alternativa degli anni ’10 partendo dal suo epicentro musicale, un locale da cui sono passati tutti. Il Circolo era il cuore del Pigneto e dell’aggregazione e, una volta chiuso, ha lasciato la città più spoglia. Ne abbiamo parlato con Plavia, l'autrice

Plavia nel documentario Roma Esaurita - Circolo degli Artisti
Plavia nel documentario Roma Esaurita - Circolo degli Artisti
19/11/2021 - 10:55 Scritto da Antonio Coletta

Talvolta accade di frequentarsi a lungo e poi perdersi di vista, di separarsi per sempre in modo involontario, senza rancore e con affetto, di non ritrovarsi più e quasi dimenticare. Poi, all’improvviso, arriva qualcosa a riportare alla mente quei momenti felici e al contempo una terribile malinconia. La parola esatta per definire questo sentimento è, probabilmente, nostalgia, che è anche la sensazione prevalente che assale in modo quasi violento chi ieri ha frequentato il Circolo degli Artisti (lo storico locale romano punto di riferimento della cultura e musica indipendente, attivo fin dalla fine degli anni Ottanta e chiuso improvvisamente, per diverse vicende legali e amministrative, nel 2015) e si ritrova oggi ad assistere alla rievocazione di quel luogo celebrata su Youtube dal primo episodio del progetto Roma esaurita, un video documentario creato dalla reporter Plavia, cioè Flavia Scura.

 

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Ne parlo con il mio amico P. – o meglio, lo infastidisco mentre segue un corso di cucina. Gli chiedo: "Ti ritieni un nostalgico del 'Circolo'?", mi risponde: "Sì, senza dubbio" – e mi viene da sorridere ricordando gli amici che mi introdussero alla vita notturna romana ormai vent’anni fa e che mi raccontavano con altrettanto rimpianto del primo Circolo degli Artisti, quello di via Lamarmora.

Tutta questa malinconia, però, non nasce solamente dal confronto tra quei tempi della prima giovinezza e questi delle prime rughe, ma anche dalla consapevolezza che il “nostro” Circolo degli Artisti – il secondo, quello di via Casilina Vecchia, quello del Pigneto – è stato un punto di riferimento fondamentale nella formazione musicale, culturale e sentimentale di almeno quattro generazioni di ragazzi e ragazze che, a vario titolo, hanno abitato Roma nei primi 15 anni di questo secolo. Quel Circolo era un luogo nel quale era possibile fare e scoprire tantissime cose: ascoltare musica dal vivo ma anche ballare, mangiare e bere, assistere a presentazioni di libri, proiezioni di film e partite dei mondiali, partecipare a mostre e mercatini, festeggiare il carnevale e il capodanno. Incontrarsi, soprattutto. 

Non è poi troppo azzardato pensare che sia stato il riposizionamento del Circolo degli Artisti al Pigneto a dare il via alla riqualificazione di quel quartiere romano pieno di vie intitolate a nobili condottieri trecenteschi dai nomi roboanti che ne tradiscono la tradizione popolare e operaia. Negli anni successivi, del resto, nel circondario sorsero numerosissimi circoli e attività a finalità culturale o ricreativa che resero il Pigneto il quartiere simbolo della vivacità culturale romana, un po’ il suo luna park e un po’ il suo laboratorio – e mentre i dintorni si trasformavano, la pazzesca e inarrestabile programmazione del Circolo portava sul suo palco nomi della musica indipendente italiana e internazionale di alta qualità.

 

Quasi che fossero legati da uno stesso destino, alla chiusura del locale fecero seguito, per motivi diversi, anche quelle di altri luoghi simbolo della scena indipendente del Pigneto, come l’Init e il Circolo Dal Verme – in linea con lo spirito del paradosso che spesso caratterizza la vita della nostra Capitale, tutto questo accadeva proprio nel momento in cui, dopo 10 interminabili anni di lavori, la zona si apprestava a essere finalmente servita dalla metropolitana.

Penso a questo – e a quel che Roma era, e a quel che Roma è oggi – mentre telefono a Plavia, l’ideatrice di Roma esaurita, serie di brevi documentari dedicati ai locali «spariti» della vita musicale e notturna romana, reportage che – mi spiega – vogliono essere "un racconto generale dello stato della città attraverso i racconti e gli aneddoti delle persone che hanno vissuto quei luoghi, cercando di sviluppare una riflessione su quel che c’era e che non c’è più".

 

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Le chiedo perché il suo racconto sia partito proprio dal Circolo degli Artisti, e lei mi spiega che non poteva esserci altra apertura. "Era Il Locale, un punto di riferimento", mi dice Plavia. "Suonare al Circolo degli Artisti voleva dire essere arrivati, era il locale dove dovevi essere, il giusto punto di equilibrio tra la piazza e il club. C’era una grande programmazione musicale ma era anche un luogo sociale, dove bere una birra. C’era un’atmosfera unica".

"È stato anche un luogo importante per il movimento Lgbt+», mi ricorda – e a ragione – Plavia, "un luogo importante per tutta la città, nel quale poter essere liberi e farsi strada nella comunità".

Che quell’atmosfera unica sia oggi esaurita lo conferma nel documentario anche Fabio Luzietti, il dj che era anche il principale animatore dei famosi sabati sera del Circolo, quelli che si concludevano immancabilmente con una Don’t Look Back in Anger degli Oasis (abbastanza alcolica) cantata a squarciagola dai tantissimi ragazzi e ragazze che affollavano la sala grande. Afferma Luzietti nel video: "Credo che a Roma in questo momento manchi un luogo d’aggregazione come lo è stato il Circolo degli Artisti […] Credo pure che sia cambiato il modo con il quale a oggi vengono frequentati i locali: se il Circolo degli Artisti riaprisse domani, non so se avrebbe lo stesso tipo di successo che aveva all’epoca".

 

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Negli anni di attività del Circolo degli Artisti, Roma è stata nel suo complesso una città capace di offrire mille spunti e opportunità culturali: nel Circolo passava di tutto, dai Dinosaur Jr. agli Alt-J, dai Melvins agli Swans a Badly Drawn Boy, e naturalmente tutta la scena indipendente italiana, dai Massimo Volume fino ai più recenti campioni dell’Itpop. La mia sensazione generale, spiego a Plavia, è che negli ultimi anni – al netto della pandemia in corso e dei tanti che fortunatamente spendono ancora energie, tempo e denaro nella promozione culturale – Roma sia diventata una tappa un po’ secondaria per la musica indipendente, in particolare per quella internazionale.

Mi dice lei: "Io vedo una città spoglia. Esaurita, appunto. Anche statica, o meglio: prova a fare qualcosa, ma quel tipo di aggregazione lì non va più di moda. Io percepisco stanchezza e assuefazione. Ma non abbiamo dimenticato: il documentario sta ottenendo successo perché tocca delle corde importanti, c’è malinconia e un ricordo che è ancora vivo, in questa città assopita e stanca c’è ancora sotto una piccola scintilla, voglia di fare".

Lo speriamo, Plavia. Grazie per il ricordo.

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L'articolo Ma quanto era bello andare al Circolo degli Artisti? di Antonio Coletta è apparso su Rockit.it il 2021-11-19 10:55:00

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