Non c'è nulla da fare: le casse non suonavano come coi Dogo

Uscito nella notte con addosso un hype senza precedenti, "CLUB DOGO", colma in un istante dieci anni di vuoto per tre generazioni di fan del gruppo. Mancava da morire una cosa così per tutti gli appassionati di rap, e per fortuna non appartiene più solo al passato

I Club Dogo, foto press
I Club Dogo, foto press

Erano stati molti i segnali, anche i più piccoli, che avevano fatto sperare i fan dei Club Dogo in una loro reunion. Vederli tutti e tre assieme nel video di ∞ Love di Marra, le citazioni sofisticate nelle canzoni di Jake e di Gué e i suoi festeggiamenti per i vent’anni di carriera (e di Mi Fist, primo album in studio dei Club Dogo) durante il suo show all’Ippodromo in estate. 

Poi pian piano sono arrivate le conferme. Un bel giorno Milano si è svegliata tappezzata di cani a tre teste e della scritta Club Dogo is for the people, il dogo è per la gente. Era ufficiale, stavano tornando e sono tornati. E ancora il trailer con Claudio Santamaria e il sindaco di Milano Beppe Sala che addirittura li chiama in aiuto della città (il sindaco lo ritroviamo anche in C’era una volta in Italia, brano che apre il disco: "Voglio le chiavi di Milano, merce in sala, Beppe Sala". Solo loro penso possano permetterselo).  

L’escalation delle sorprese pareva dover culminare con l’annuncio di un live al Forum di Assago, che poi sono diventati due live, poi tre, fino a dieci date live, tutte, ovviamente sold out, e in tempi velocissimi e proprio mentre sto scrivendo è stata annunciata una data a San Siro il 28 giugno. Segno che l’amore per loro non si è mai spento, e anzi si è quasi alimentato mentre il rap rispetto ai tempi in cui ne erano i capi cresceva a dismisura e diventava grammatica di una generazione. Penso sinceramente che a molti sarebbe andata bene anche solo una reunion live per riascoltare i pezzi più belli della loro carriera, un po’ come hanno fatto gli 883, e invece c’è anche un disco. Semplicemente, grandiosamente e solamente CLUB DOGO, con varie cover esplicite realizzate per l’occasione e che parlano da sole. 

Veramente non ci sarebbe altro da aggiungere e bisognerebbe solamente ascoltarlo questo disco.

Quando parte, e una bella emozione c’è stata, sembra che questi dieci anni non siano nemmeno passati, fra loro tre quell’alchimia artistica che li ha portati dove sono è ancora molto forte e lo stile dei Club Dogo resta potente e inconfondibile. E mentre continui ad ascoltare non ti domandi più se lo hanno fatto per la gente, per loro stessi, per i soldi, se questo era il momento giusto calcolato a tavolino e col calendario alla mano o se la voglia di riunirsi c’è stata veramente e li ha portati a tornare proprio adesso, con questo disco. Oggi sembra che si siano presi solo una lunghissima pausa dal Club Dogo. Gli anni sono passati, loro sono cambiati, come persone e come artisti, ma con questo disco torniamo un po’ indietro, a quei beat e a quelle rime, a quei mood che erano e sono puramente dei Dogo e che sono incredibilmente attuali. 

Niente interviste, niente anteprime, niente conferenze stampa. Parla il disco, dicono, undici tracce e tre featuring, pochi per questi tempi: tanto quanto basta per spazzare via dieci anni di assenza e per riconfermare a pieno titolo quello che sono stati e le icone che sono diventate. Milano è loro e della loro gente, in questo weekend con un pop up store con merch esclusivo e varie attività (puoi farti tatuare il cane a tre teste per esempio) in Piazza San Babila, nel cuore della città e molto vicino a dove tutto è cominciato più di vent’anni fa. Sono anche romantici oltre che imprenditori.

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I Dogo non solo hanno fatto e cambiato la storia del rap in Italia, ma hanno creato uno scenario fortissimo attorno a loro, alla loro storia, alla loro immagine e a quella del cane con le tre teste, e vedendo le reazioni all’annuncio del loro ritorno, questo immaginario sembra essersi rafforzato in questi dieci anni di assenza, forse anche perché non se ne è mai andato e perché i Dogo sono sempre stati lì, nell’ispirazione di moltissimi altri artisti, nel cuore dei fan e anche nei loro: "abbiamo un cane al posto del cuore", dice Jake.

Ritornano anche le bandiere nei visual di C’era una volta in Italia e ricordano subito Brucia Ancora, e quel video epico girato a Desio. Un’immagine ormai consolidata, storica. E poi Milano, ancora e sempre Milano, di cui sono i re indiscussi e la strada, sempre la strada e la gente, nonostante i cambiamenti, le esperienze e gli anni passati. Soli a Milano, con Elodie, è una dedica d’amore alla città. Ancora e sempre più credibili, più trasversali, diventati un gruppo di culto anche per le generazioni più giovani e parte integrante della vita di chi li ascolta dagli inizi: la gente in strada ancora c’ha i tatto del cane sulle braccia. Chi li odiava li odierà ancora e forse di più, chi li amava li amerà ancora di più perché anche questa volta le aspettative altissime sono più che soddisfatte. "Dove la strada ti abbaglia la musica ti salva, questo è l’inno alla marmaglia, il dogo non abbaia, la gente mi ha dato questa medaglia".

Perché sì, Club Dogo è proprio un disco dei dogo: Don Joe è il genio che è sempre stato, con le sue intro, la sua pionieristica tag e i suoi campionamenti stilosi come quello di Nada, in Malafede. Compare anche a sorpresa l’attrice e cantante Kaze, in Indelebili. Nato per questo, con il grande amico Marracash è un piccolo capolavoro (bellissimo anche il video che celebra Franco Gatto aka Il Presidente della Dogo Gang, musicista punk e amico del gruppo, scomparso un anno e mezzo fa) e Milly con Sfera Ebbasta è un po’ come l’alter di questo capolavoro. Torna puntuale anche il jamaican mood, l’amato reggae, anche questo parte grande nel cuore dei Dogo. E il tributo di Jake a Note Killer in King Of The Jungle strappa una lacrimuccia e un sorriso. D’altronde è una delle più belle canzoni dei Dogo. E oso anche dire che non è cambiato niente, cioè sono forti come nel 2003, i tempi appunto di Note Killer.  

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I Club Dogo sono una certezza, ed è vero che il disco dice tutto, con suoni e parole. Dice che sono tornati e che per certi versi è come se non se ne fossero mai andati, e che valeva la pena aspettare e forse anche insistere e spingere per tornare ad ascoltarli, sono tornati a riempire quel vuoto perché le casse non suonavano come coi Dogo.

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L'articolo Non c'è nulla da fare: le casse non suonavano come coi Dogo di Carlotta Fiandaca è apparso su Rockit.it il 2024-01-12 14:32:00

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