I napoletani non hanno diritto a guardare i concerti nella loro città

Tra luoghi disfunzionali, posti lontanissimi da raggiungere e promesse mai mantenute, la situazione dei live in città è deprimente, e un po' surreale. Al di là della "febbre da Coldplay" o del meritorio 64Bars, la terza città d'Italia non meriterebbe di rientrare nel giro della musica che conta?

Vasco durante la ricognizione prima della sua recente data a Napoli - foto Simoni
Vasco durante la ricognizione prima della sua recente data a Napoli - foto Simoni

Ero a un concerto, a Napoli. Era fine estate e c’era tanta gente. Guardavo la folla festante urlare e cantare le canzoni del cantautore sul palco, ho spostato lo sguardo sul cartellone del festival, su un lato del palco. Grandi nomi, certo, ma una minoranza strettissima rispetto ai concerti in giro in Italia, quest’estate. Anche dopo la pandemia, con i tour da recuperare, troppi concerti, a Napoli, non ci passano. E se è vero che è il paese d’o sole, d’o mare e d’a musica, la musica sembra non ricambiare l’amore e per i napoletani andare a un concerto è sinonimo di prendere un treno, e un hotel e tutto il resto.

Se la maggior parte dei concerti degli artisti pop italiani, parlando di nomi grossi, si svolge in un palazzetto, le tournée non passano da Napoli perché mancano innanzitutto le venue. I tour nei palazzetti in Campania fanno tappa a Eboli, al Palasele, non semplicissimo da raggiungere e che equivale a una trasferta nella capitale per chi viene da fuori la provincia di Salerno. Le rare volte in cui concerti da palazzetto arrivano a Napoli è al Palapartenope, più simile a un teatro tenda che un palazzetto dello sport, dove le produzioni hanno difficoltà con palco e scenografie.

L’appendice Casa della musica è una struttura, diciamo così, modulare, capace di ospitare a seconda delle esigenze grandi nomi, ma sempre fuori dal campionato delle popstar vere e proprie. Anche al quasi dimenticato Palamaggiò di Castel Morrone (Caserta), altrettanto difficile da raggiungere e con un’acustica affatto buona, le produzioni mancavano delle trovate sceniche più spettacolari, quando il palco era strutturato in altezza. Vengono graziate le produzioni molto teatrali – per fortuna, Marracash sta portando in giro questo tipo di live – e quelle con un assetto di palco più intimista che spettacolare. Altri palazzetti dello sport a Napoli non ce ne sono, se non quelli utilizzabili esclusivamente per l’attività sportiva e le stesse associazioni sportive sono in difficoltà.

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Abbiamo visto altre location reinventarsi in venue da concerto, come la Ex base Nato che ha ospitato il Festival Suo.Na, un posto enorme e difficile da riempire ma che ha portato grandi nomi a Napoli con appendici nelle altre città della Campania, ma da settembre in poi, tutto tace: spariti i posti in cui suonare d’inverno, ad eccetto di posti piccoli seppur cazzuti come Common Ground e Duel: anche qui, per la platea pop sono necessarie modifiche allo staging a causa di spazi ristretti e palchi piccoli, mentre per la scena indipendente sono perfetti. Nella stessa categoria, invece, abbiamo perso l’HART  – cinema riconvertito a spazio multiculturale – e la Galleria19, ma la sua pagina Instagram è ferma ad Agosto 2020. D'inverno, insomma, sono guai seri.

D'estate le cose sono andate sicuramente meglio, ma problemi ce ne sono stati eccome (è il periodo storico, d'altronde). La rassegna nella splendida cornice dei Giardini di Palazzo Reale (sempre all’aperto) ha visto cancellati quasi la metà dei concerti o spettacoli di Stand-Up per covid o altri motivi, mentre l’altra metà ha avuto buoni numeri. L’Arena Flegrea – enorme location storica, che purtroppo non gode di una narrazione tale da metterla tra le venue cariche di emozione come l’Arena di Verona o il Teatro Antico di Taormina – ha lavorato bene con live grandi come Ariete o Achille Lauro con l'orchestra, gli Psicologi – che qui giocano in casa – o De Gregori & Venditti. I festival? Il glorioso Neapolis Festival ci ha lasciati nel 2014 e, ancora: si tratta di live all’aperto. Al chiuso, tutto tace e nessuno può passare di qua, perchè mancano gli spazi fisici.

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Erano iniziate le conversazioni per aprire un palazzetto dedicato esclusivamente alla musica dal vivo e ai grandi eventi nella zona di Giugliano, verso il litorale domitio-flegreo, riscattando il nome della cittadina a nord di Napoli dalla pesante etichetta della Terra Dei Fuochi. Il palazzetto avrebbe dovuto sorgere nel complesso di un famoso parco acquatico e di divertimenti, il Parèo Park – ex Magic World, ex Acqua Flash, il parco acquatico in teoria più grande del sud Italia. Annunci, conferenze stampa, la consulenza di Mogol, ma il parco acquatico è fallito, spariti i fondi russi e il progetto previsto per il 2019, si è arenato.

Si pensa che, almeno d’estate si possa puntare sulle superstar che riempiono gli stadi, e c’è giusto qualche passo in avanti, con sette/otto passi indietro. Ci sono stati sporadici episodi di concerti in curva dello Stadio Diego Armando Maradona, ex San Paolo: icone della città come Nino d’Angelo, Gigi D’Alessio o personaggio nazionalpopolari come Alessandro Siani, ma fino alle Universiadi del 2019 è stato usato per pochissimi concerti, anche per via dell’ingombrante presenza del patron della SSC Napoli Aurelio De Laurentiis che tiene moltissimo allo stato del campo da gioco anche a luglio, lamentandosi dopo ogni singolo evento non-sportivo. Piccola nota a margine: lo stadio è di proprietà del Comune di Napoli, e non della squadra di calcio.

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L’ultima apparizione di Ligabue risale al 2014, Lorenzo Negli Stadi nel 2015, poi il buio per cinque anni. A riaprire le danze nel 2019 furono Vasco, Ultimo e l’evento Pino È in memoria di Pino Daniele. Proprio a Pino Daniele, tralaltro, nel 2011 fu negato il San Paolo per il concerto storico con Eric Clapton, costringendo i due bluesman a suonare a Cava Dè Tirreni (paradosso!). Per il 2020 erano stati annunciati Ultimo e Tiziano Ferro, rinviati per pandemia al 2022 e 2023. Cesare Cremonini non è passato da Napoli, e spesso le tournée negli stadi hanno preferito alle scocciature del San Paolo lo stadio Arechi di Salerno.

Forse per questo è scoppiata l’isteria per i live dei Coldplay al Maradona: Napoli, nonostante l’incredibile voglia di live e di concerti, non è abituata a vedere delle superstar di caratura mondiale in città. Come il concerto di Paul McCartney in Piazza Del Plebiscito previsto per il 2020 e poi cancellato, o quello di Elton John nel 2009, sono eventi che riuniscono la città intera, paganti e non paganti – che a Piazza Trieste e Trento comunque qualcosa si sente, jamme. Vengono vissuti come piccoli miracoli. Di default c’è Roma, c’è Milano, c’è Torino o Bologna, praticamente mai Napoli.

Nel caso del Music Of The Spheres Tour, invece, si è respirata in città l’aria di normalità, che i live grossi grossi possano ricominciare passare serenamente da partenope, e anche non prendere i biglietti è stata vista come esperienza collettiva, di comunità cittadina. Ovviamente io no, non li ho presi. E conto sulla clemenza dei miei superiori di Rockit in vista di futuri accrediti, lo dico in anticipo di un anno, usando questo articolo come captato benevolentiae. L’intero Sud Italia si è organizzato per spostarsi verso Napoli, da Puglia o Sicilia o altre regioni dove i live estivi, al contrario nostro, sono ancor più rari. Persiste, soprattutto nel caso della band inglese, il “leggero” problema del bagarinaggio. A botteghino digitale ancora aperto, c’erano già persone che vendevano i biglietti a 400€.

Geolier al 64 Bars Live di Scampia - foto di Gabriele Seghizzi
Geolier al 64 Bars Live di Scampia - foto di Gabriele Seghizzi

Poi arriva in città il Red Bull 64 Bars Live: l’evento che celebra la rap culture e che per farlo sceglie il posto più urban dell’intera città, piazza Ciro Esposito a Scampia. Guè, Marracash, Fibra, Madame, Ernia, Geolier e DJ TY1 si alterneranno su un palco a 360 gradi, con 8000 spettatori che hanno mandato l’evento sold out con euforia rara, spostando tutta questa gente in una zona periferica, vista dagli occhi di tutti con il filtro scuro e sporco della fotografia di Gomorra, ma che è perfettamente in grado di essere la cornice perfetto di questo tipo di eventi. Non è tanto il genere, che ora continua ad essere il più mainstream di tutti, il più amato e in fermento d’Italia, ma la consapevolezza che, in mancanza d’altro, a questi eventi valga la pena esserci.

Anche se non esistono i live a Napoli, la voglia di andarci c’è sempre e dopo questi eventi enormi si rinnoveranno le domande nella mente del pubblico napoletano dei concerti. Quando prenderemo un altro biglietto per un’altra città, un altro treno, un altro hotel, ci chiederemo: davvero non posso guardare un concerto nella mia città?

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L'articolo I napoletani non hanno diritto a guardare i concerti nella loro città di Marco Mm Mennillo è apparso su Rockit.it il 2022-10-28 10:37:00

Tag: live Napoli

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