"Colpa d’Alfredo" è la canzone più bella di sempre di Vasco Rossi?

Andrea Giacobazzi, amico fraterno di Vasco, aveva un gran talento nel rovinargli le serate. Se n'è andato qualche giorno fa, ma per tutti rimarrà il mitico Alfredo. La canzone dedicata a lui è una delle più amate – scorrette, folli – del repertorio di Vasco. Ecco perché

Vasco Rossi e Mauro Leoni nel 1993 ad Ascoli, foto per gentile concessione del secondo
Vasco Rossi e Mauro Leoni nel 1993 ad Ascoli, foto per gentile concessione del secondo

Premessa doverosa: non amo Vasco Rossi. Quel Vasco Rossi. I suoi “Ehhhhhhh!”, quell'eccesso di tamarraggine, alcuni testi che nemmeno in terza media. Quello che, quando esce il disco nuovo, i giornaloni e il web mainstream sono pronti (e proni) a incensarlo fino all’imbarazzo. Mai letta una critica negativa, sensata o no, poco importa, sul meraviglioso/imperdibile/straordinario album di Vasco Rossi appena uscito? No, vero? 

Continuo con il coming out: non ascolto un disco intero del Blasco dai tempi di Cosa succede in città. Lo trovai orribile, pieno di suoni plastificati, di canzoni insulse, inutili. La fine di un amore. Fermiamoci un attimo, però, perché sento arrivare un’obiezione. Eccola: ma se son quasi quarant’anni che non ascolti dall’inizio alla fine un disco del più grande rocker italiano di tutti i tempi, cosa parli a fare? Vero, ma quando vedi che uno dei tuoi artisti preferiti, conosciuto da tre o quattro sfigati come il sottoscritto, finisce per riempire gli stadi, allora ti senti defraudato.

L’ho scoperto io assieme agli altri tre o quattro sfigati di cui sopra, si può sapere cosa c’entrate voi? Voi che andate in orgasmo con un “Ehhhhhhh!”, che ne sapete di Jenny che sbadiglia o di fegati spappolati? Certe canzoni adesso le cantate a squarciagola pure voi, vero, ma dove eravate quando noi ragazzini in calore ci trovavamo in prima linea a combattere contro il dogma del cantautore impegnato, dotato di barba incolta, pronto a impartire lezioni di vita non richieste? Vasco era diverso, era il nostro fratello maggiore, quello con cui avresti voluto uscire la sera. Davvero avreste preferito passare del tempo, che so, con Francesco De Gregori? Non scherziamo, dai. In compagnia di Vasco sarebbe potuto accadere la qualunque, con il Principe al massimo avresti potuto ragionare attorno all’ermetismo dei poeti austro-ungarici di fine ottocento o su di una ragazza la cui faccia ricorda il crollo di una diga. Sai che allegria...

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Bene, ora osservate con attenzione la foto che apre questo articolo. Fu scattata il 26 giugno 1993 allo stadio Del Duca di Ascoli Piceno, nel backstage di "Gli spari sopra" tour. Vasco è ritratto assieme al mio vecchio compagno di scorribande radiofoniche Mauro Leoni (che ha gentilmente concesso la foto), ed è talmente stravolto, (Vasco, non Mauro), stranito (qualsiasi altro termine che cominci con “stra” va più che bene) che non si può non volergli bene (a Vasco, volendo anche a Mauro). Questa citazione, invece, l’ho rubata su Facebook e mi sembra adatta al contesto: “Sono indeciso se partecipare a un dotto convitto sulla musica dodecafonica relazionata alla ricerca del tartufo bianco nelle Lande o andare a sfondarmi di alcool al bar”. Ecco, Vasco faceva parte di quella generazione che voleva sfondarsi di shottini come se non ci fosse un domani. Non solo di shottini, a dirla tutta. E il tartufo? Roba salutare, certo, ma per cantautori tristi. Vasco ha da poco compiuto 72 anni, è in piena forma e sprizza allegria da tutti i pori. Avrà ragione lui, no?

Vasco Rossi ha offerto il meglio di sé, discograficamente parlando, tra il 1978 e il 1981. L’esordio sulla lunga distanza con …Ma cosa vuoi che sia una canzone…, poi ecco, uno dietro l’altro, Non siamo mica gli americani, Colpa d’Alfredo e Siamo solo noi. Non so come la pensiate, ma credo che Colpa d’Alfredo abbia un qualcosa in più, che rimanga insuperabile. È il disco di Susanna, Anima fragile, della delirante scheggia Asilo Republic, di Tropico del cancro. Per lanciarlo, la scelta del singolo cadde sulla ruffiana Non l’hai mica capito, forse il pezzo più debole del lotto. In realtà, sul lato A del 45 giri doveva finire la title-track, ma i capoccia della casa discografica di Vasco (la Targa, per la quale incideranno anche due future icone trash come Barbara D’Urso e Wanna Marchi) decisero che sarebbe stato meglio evitare. “Se n’è andata con il negro, la troia”: sessismo e razzismo aleggiano nell’aria, lasciamo stare che è meglio. Eppure parliamo di uno dei pezzi preferiti dal popolo del cantautore emiliano. E, con ogni probabilità, dal suo stesso autore. 

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È il primo luglio del 2017, il Vasco nazionale decide di festeggiare i suoi primi quarant’anni di attività artistica con un mega concerto a Modena, al parco Enzo Ferrari, meglio conosciuto come Modena Park. Arrivano in più di 225.000, una cosa mai vista prima né dopo. Bene, sapete con quale brano parte il live? Esatto, con Colpa d’Alfredo. Sentite che energia, sentite come sferraglia la chitarra di Stef Burns. Il giusto tributo a una canzone folle e stravagante, portatrice sana di una discreta scartavetrata di risvolti psicologici tra giovani uomini e giovani donne. Risvolti psicologici? Be’, no, diciamo che sarebbe più indicato parlare di sesso e carnazza.

Ma a cosa si riferisce il testo incriminato? A una storia vera, che Vasco ha raccontato in più di un’occasione. Cambiando versione su di un dettaglio, peraltro fondamentale, per almeno un paio di volte. Riassumendo: il protagonista, un giovane cantautore di Zocca, vorrebbe portarsi a letto una bella ragazza, tale Daniela. Ma non c’è trippa per gatti. Il giovane cantautore insiste fino allo sfinimento e, un pomeriggio, i suoi sforzi sembrano essere premiati: porterà Daniela a casa in macchina, appena fuori Modena (Modena Park) ed è già qualcosa, poi accada quel che deve accadere.

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Però spunta fuori Alfredo, che in realtà si chiamava Andrea Giacobazzi, un amico fraterno, un guru, uno di cui puoi fidarti a occhi chiusi. Ma anche un maledetto rompicoglioni che con i suoi discorsi seri e inopportuni ti fa sciupare tutte le occasioni. “Vasco, non puoi fare tardi, lascia stare, stasera devi suonare a Misano Adriatico, se ti imbottigli nel traffico non arriverai in tempo. Dai, che Daniela la porta a casa Santino”. Santino, ovvero il negro. Che possiede una Bmw, una macchina che conta. Perché negro? Due le versioni, entrambe verosimili: il nomignolo deriva dal fatto che Santino era molto abbronzato, o forse no, l’alter ego di Vasco, in realtà, era un superdotato, come il luogo comune impone quando si ha l’ardire di paragonarsi agli uomini di colore. Quale sia la verità non si sa e, forse, non la sapremo mai. Di certo, non potremo più ascoltare la versione di Andrea Giacobazzi, alias Alfredo, scomparso qualche giorno fa a causa di alcune complicazioni insorte dopo un intervento chirurgico. Vasco lo ha salutato commosso sui social: “Andrea è sempre stato dalla mia parte, anche quando molti mi voltavano le spalle: mi mancherai moltissimo, sarai sempre vivo dentro al mio cuore. Lui è stato tra i primi ad avere la ‘visione’ di quello che è poi diventato Modena Park”.

Un’occasione persa si è così trasformata in una canzone entrata di diritto nell’immaginario di un bel tot di appassionati di musica. Anche in quello di chi non ascolta un disco di Vasco Rossi da una quarantina d’anni. Merito di Alfredo. Pardon, di Andrea.        

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L'articolo "Colpa d’Alfredo" è la canzone più bella di sempre di Vasco Rossi? di Giuseppe Catani è apparso su Rockit.it il 2024-02-19 10:19:00

COMMENTI (2)

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  • AntonioPostacchini 2 mesi fa Rispondi

    Bravo Peppe! Bellissimo articolo, hai colto in pieno il cantante e i tempi. Io avrei anche aggiunto la sua strampalata comparsa a Sanremo dove divenne veramente il nostro idolo!

  • MarioMiano 2 mesi fa Rispondi

    Cari amici, non prendetela a male, vi stimo da sempre ma lasciate che esprima il mio totale disappunto per il passatismo che impera. Il giornalismo è diventato (dappertutto): festeggiare il compleanno di un album + cover stories su dark side of the moon dei pink floys + le più belle canzoni di tizio caio + gli anni ottanta e l'indie che fu.
    Per non parlare dei voti a tutto, anche subito dopo aver ascoltato per la prima volta una canzone. L'unico giornalista che conta oggi è Barack Obama, di cui tutti riportano la playlist di fine anno.
    Il risultato darà numeri nell'immediato ma in realtà leggere una recensione è diventata una chippa lippa, il nulla.
    Manca completamente l'immaginazione di uno scenario nuovo, neanche a provarci. Pensate che non esiste una radio che passa solo musica nuova o recente, ma voi pensate che non ci siano persone interessate veramente a un contenuto?
    Dovreste essere voi a stimolare e immaginare un'alternativa.
    Personalmente mi è venuta voglia di mollare un pò l'interesse per la musica, infatti questo articolo io non l'ho neanche letto ma ho avuto subito voglia di scrivere qualcosa che mi sta sul groppone da tempo. Cheers!