Come amare il jazz, del tutto inconsapevolmente

Cos'è il jazz per chi non non ci si è mai avvicinato? Un'esperienza da vivere con gli occhi chiusi e la mente aperta, come nel caso dei live dei toscani MAG Collective in giro per l'Italia per presentare il loro ultimo album "Birth, Death and Birth"

I MAG Collective live
I MAG Collective live
16/11/2022 - 10:17 Giacomo Nessuno

Quando gli studi classici del conservatorio sono influenzati dal jazz, dal rock e dalla musica elettronica, ciò che ne viene fuori è il nuovo disco Birth, Death and Birth dei MAG Collective, che sono andata a vedere sabato 12 novembre, negli studi di RAI Radio 3 prima e alla Corte dei Miracoli di Milano. 

I musicisti di MAG (Giulia Galliani alla voce, Andrea Mucciarelli alla chitarra, Andrea Beninati alla batteria, Giovanni Benvenuti al sassofono e Marco Benedetti al basso) sono tutti toscani e suonano insieme da anni, anche in altre formazioni ed è questo - oltre al loro originale linguaggio - che me li ha fatti apparire saldi e giusti: le loro sfaccettate cifre stilistiche, che vengono fuori in ogni singola occasione, si sfogano nei MAG Collective, in particolare nel loro ultimo album che stanno presentando in giro per l’Italia.

Li ho seguiti per tutta l’estate nelle loro date nei jazz festival e mi sono ritrovata, del tutto inconsapevolmente, ad amare il jazz. Uso la parola “inconsapevolmente” perché il disco e i live dei MAG, non sono il classico jazz: il batterista in realtà è laureato in violoncello, ma la sua sezione ritmica va avanti e tira indietro come attimi dilatati a dismisura, il bassista suona il basso come se suonasse la chitarra e la sua personalità - del tutto predisposta allo stoner più che al jazz - emerge di continuo. 

 

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Con la testa bassa e senza troppi sorrisi, i MAG riescono a far avvicinare le nuove generazioni al mondo complesso del jazz e della sperimentazione, parlando un linguaggio contemporaneo che, ad ogni live, attira qualche nuovo ammiratore. Ti ritrovi così a sentire del jazz senza rendertene conto. 

Di solito, l'esperienza di un concerto jazz, che si tratti di una performance di inediti o di standard, si svolge quasi sempre con esecuzione e spiegazione di quello che il pubblico ha ascoltato o sta per ascoltare, differenziandosi molto dai concerti pop e rock. I MAG, sul palco, seguono questo approccio jazzistico anche per raccontare al meglio come sono nati certi pezzi che il pubblico non conosce. Di solito non amo molto le spiegazioni tra un pezzo e l’altro e quando sono troppo prolisse mi verrebbe da urlare un toscanissimo “ovvìa, sòna!” ma riconosco che sia, talvolta, necessario.

Tornando al disco, la prima volta che l’ho ascoltato, ero in Salento e volevo scriverne qualcosa ma, come spesso accade, per capirlo al meglio avevo bisogno di sentirlo dal vivo e quando è successo, ero al loro concerto all’Abbazia di San Galgano (Siena) e sarà stata l’atmosfera epica del posto o l’emozione di sentire dopo tanto tempo un intero concerto di inediti scritto da musicisti italiani e poco più grandi di me, insomma, ho avuto i brividi, quelli veri.

Pochi giorni fa ho preso un Italo e sono andata ad ascoltarli alla Corte dei Miracoli, incuriosita da come avrebbe risposto il pubblico milanese che è abituato al jazz e devo dire che sono rimasta sorpresa dalla giovane età degli ascoltatori e dalla loro partecipazione. Una ragazza ha esclamato un “merda!” di approvazione alla fine di un pezzo, l’abbiamo sentita tutti, anche i musicisti che l’hanno ringraziata. Sì perché quell’esclamazione è stata la “recensione” perfetta della loro musica. Se si entra dentro al groove di cui parlavo prima, si rimane ammutoliti dai ritmi che girano e che poi si fermano d’un tratto e l’unica cosa che si può dire, alla fine di questi loop, è proprio “merda!”.

 

Questa musica, evidentemente attiva, non ha effetto solo nella espressione materiale e immediata del concerto ma te la porti dentro, con qualche strascico, sotto forma di flash rapidissimo, anche nei giorni successivi all’ascolto. Inoltre, la chiave che ti fa entrare dentro il collaudato meccanismo dei MAG è sicuramente la coesione di tutte le loro giovani passioni, l’amicizia e la stima reciproca che li lega anche nelle altre formazioni al di fuori di questo collettivo. 

Giovani artisti che suonano per giovani ascoltatori: il linguaggio musicale “accademico” è spezzato dagli affetti singoli, nonostante resti la colonna portante di tutto lavoro dei MAG.

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L'articolo Come amare il jazz, del tutto inconsapevolmente di Giacomo Nessuno è apparso su Rockit.it il 2022-11-16 10:17:00

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