Il Concertone che porta via due anni di merda

Il racconto da dietro le quinte del Concertone del Primo Maggio a Roma, tra curiosità, dichiarazioni su lavoro e guerra e la folle gioia di rivedere così tanta gente in piazza per cantare dopo due anni in cui era vietato per legge

Ariete e Rkomi, foto di Marta Ferro
Ariete e Rkomi, foto di Marta Ferro

“Non ci credo che ci sia così tanta gente” - “Zì, non mi sembra vero, sappi che io mi butto in mezzo”. Sono queste le parole che mi accolgono appena arrivo accanto agli archi della piazza di San Giovanni, in attesa di superare la calca davanti all’accesso. Finalmente il Primo Maggio è arrivato, dopo giorni in cui passando con il tram vedevo il palco in fase di montaggio: sembra un miraggio, dopo due edizioni trasmesse solo in televisione mentre il mondo era bloccato, proprio come il sole che sta spuntando dopo la pioggia della mattina.

Mentirei dicendo che oggi sono qui solo per godermi del tutto il sole e la piazza, perché per la prima volta mi aspetta la sala stampa, la parte invisibile che si trova dietro il palco. Considerando che l’ultima volta che il Concertone si è tenuto dal vivo ero ancora minorenne, non nego di avere ansia ed alte aspettative, anche perché superare le transenne e scoprire quello che si nasconde dietro i tendoni bianchi è sempre stato un sogno proibito, un qualcosa di cui si parla con gli amici scherzando sui modi creativi per superare i controlli. Me del passato, te lo dico chiaramente, dopo i primi cinque metri saresti stata rimandata indietro senza ombra di dubbio.

Big Mama, foto di Claudia Rolando
Big Mama, foto di Claudia Rolando

La frase al centro di questa edizione 2022 è Al lavoro per la pace, anche perché oltre a tutto quello che già la pandemia ci ha portato via, questa volta anche la guerra, per quanto possa sembrare ancora lontana, occupa le menti di ciascuno di noi. È per questo che le prime parole di Ambra Angiolini, nuovamente alla conduzione (e che anche questa volta non canta T’appartengo, causando molti mormorii di dissenso ed infrangendo il cuore di qualche speranzoso, me compresa), sono dedicate a lavoratrici e lavoratori in una giornata di festa, certo, ma il discorso viene poi indirizzato verso il conflitto in corso, all’importanza della collaborazione, sottolineata da una versione cantata da più artisti di Imagine. Ad eseguirla anche i Go_A, band ucraina che abbiamo conosciuto sul palco dell’Eurovision 2021 con il loro pezzo folk elettronico Shum, che hanno riproposto qui. Tanto carisma che comincia subito a scaldare il pubblico, ma con poco tempo per parlare della difficoltà concreta che l’Ucraina sta vivendo.

Bufo, foto di Marta Ferro
Bufo, foto di Marta Ferro

Mi affaccio sulla piazza in cerca di un caffè, consapevole che si finirà tardi, e mi rendo conto del numero effettivo delle persone nel pubblico. La gente è tanta, tantissima, forse più degli ultimi anni pre pandemia e riempie ogni millimetro a disposizione nel prato, sui marciapiedi, nelle vie laterali. Uno spettacolo bellissimo e impressionante allo stesso tempo.

Mentre torno alla mia postazione, mi accoglie la sorpresa della giornata: la co-conduzione di Bugo, che annuncia le tre finaliste del contest Primo Maggio Next, Giorgieness, Mira e Mille. “Il primo maggio quest’anno è il segnale di ripartenza per un intero settore, che ne aveva bisogno”, mi dice Giorgieness, che sorride raccontando dell’esibizione appena conclusa, perché: “è stato strano, bellissimo, surreale. Sono contentissima che in finale siamo arrivate in tre, e lo sono soprattutto per Mille che come me è da una vita che fa questo lavoro”. Infatti, a vincere il premio ufficiale è stata proprio Mille, con la sua Sì, Signorina.

Carmen Consoli e Marina Rei, foto di Roberto Panucci
Carmen Consoli e Marina Rei, foto di Roberto Panucci

 

“Primo maggio per me significa lavoro - dice - Per anni, tutti i primi maggio della mia vita ho lavorato, e la sera davanti al televisore mi mettevo a guardare il concerto, dicendomi che un giorno sarei stata su quel palco. È la festa del lavoro, ma festeggiarla facendo quello che amo per me è incredibile. È stato fantastico vedere le persone sotto il palco, con la consapevolezza che la vita sia tornata quella di una volta, nonostante le difficoltà, ma non dobbiamo dimenticare che la musica ha il potere di lanciare messaggi amplificandoli. Sono grata di aver vinto questo premio e a coloro che mi hanno accompagnata in questo viaggio”.

La giornata va avanti, con il cielo che lascia intravedere sempre più sole anche nel nostro isolato angolo di piazza. Con un pezzo ciascuno, l’avvicendarsi sul palco degli artisti è sempre più frenetico, insieme alla tensione crescente da parte di tutti i presenti che si fanno sentire sempre di più. Poco riusciti sono molti dei discorsi scritti per intervallare le esibizioni: quando c’è la possibilità di far esprimere così tanti artisti con la loro musica, non tutte le parole scritte appositamente per ricordarci come il mondo stia cadendo in frantumi risultano convincenti o d’effetto, spesso mancando del tutto l’obiettivo per cui sono state pensate.

Valerio Lundini, foto di Roberto Panucci
Valerio Lundini, foto di Roberto Panucci

Dietro le quinte incontro BigMama e Fasma, con i quali scambio qualche parola sull’esperienza che hanno appena vissuto: “Per me è importantissimo essere qui oggi” - mi dice Marianna, dopo aver dimostrato un carisma ed una bravura invidiabili, perché - “nel mio piccolo posso dare un messaggio, molto chiaro. Non parlo solo con le parole ma anche trovandomi fisicamente sul palco. Spero di aver fatto la mia parte e spero serva a qualcuno, per capire ed accettarsi”. Per Fasma questo non è stata invece la prima volta sul palco del Primo Maggio, ma il primo concertone vissuto con l’accoglienza del pubblico. “Quando ero più piccolo la giornata aveva un valore diverso, mentre oggi essere qui è una vera festa a tutti gli effetti, e se c’è una parola che dovrebbe valere per tutti oggi è divertimento. Per me la musica ha un significato fortissimo, soprattutto in un momento del genere, che sia vissuta in prima persona o ascoltata dal letto con le cuffie: non va mai dato per scontato tutto questo”.

Come dargli torto. Tutto questo non era scontato. Più volte nel corso delle ore penso a tutti i pomeriggi che ho passato tra la folla, a tutti i gruppi di amici con cui sono passata sotto quel palco, ma ogni immagine mi sembra sfocata, perché a prendere sempre il sopravvento è il ricordo delle canzoni urlate a squarciagola, gli applausi, gli abbracci, il caldo o la pioggia. La musica e tutto quello che l’accompagna. Come mi dice poco dopo anche Hu, che sul palco ha portato un suo pezzo molto convincente, Avec Moi, ancora più di quello di Sanremo: “La musica deve fare del bene, è un modo veloce per arrivare alle persone e permette di arrivare a qualcosa che tutti si dimenticano: la felicità”.

Hu, foto di Claudia Rolando
Hu, foto di Claudia Rolando

Conosco bene anche le grida che avvolgono la piazza ogni volta che arrivano gli artisti più attesi della giornata, quei pochi istanti che bastano a farti tornare a casa disorientato e con le orecchie ovattate: non mi stupisco, quindi, quando si alza dalla piazza un suono stridulo in quelli che sono stati i momenti centrali.

I primi a scatenare le reazioni più incontrollate sono stati gli Psicologi. Urla ovunque. I fedelissimi che non aspettavano altro iniziano a saltare insieme alle nuove leve di fan contagiati dall’entusiasmo. Guai a sbagliare le parole delle loro canzoni, pena sguardi storti da tutti i vicini di posto. Abbracci e baci a suggellare quelle che per qualcuno sono le canzoni del periodo, intrecciando storie di sconosciuti che si sorridono e brindano davanti ad una birra. “Il primo maggio è per tutti una festa importante, ed è bello vedere che per un evento che da sempre è stato di culto vengano chiamati anche ragazzi come noi, dandoci uno spazio così grande. La musica è una delle poche cose belle che rimangono alla portata di tutti, per tutti, e questo concerto ne è una conferma”, sono le parole di Drast e Lil Kvneki, che nel giro di pochi secondi dal loro arrivo sono diventati i più bramati da tutti i giornalisti.

Venerus, foto di Roberto Panucci
Venerus, foto di Roberto Panucci

Scelta interessante è quella di Venerus, che sul palco invita a parlare Dosso Cyndou della Lega Braccianti, e poi propone Redemption Song, purtroppo non senza problemi tecnici. Quella di Bob Marley è però una canzone talmente profonda, che non viene fermata neanche dagli inconvenienti. “Ho deciso di partecipare anche perché con me c’era qualcuno con cui mandare un messaggio importante. Con il mondo televisivo non ho un grandissimo rapporto, però l’idea di poter avere davanti così tante persone comunicando qualcosa di così potente è incredibile”, racconta una volta tornato nell’area stampa. “La musica ha valore di resistenza, espressione e libertà, e bisogna prendersi la responsabilità di avere dei contenuti ed un’etica”.

Prima della pausa ci sono le esibizioni magistrali e di una forza emotiva non indifferente da parte di Coma Cose, padroni del palco con la loro intesa, e Rancore, oltre alla finta telefonata di Putin a Valerio Lundini (che si esibisce con I VazzaNikki) che accetta di far finire la guerra dopo aver ascoltato la sua canzone.

Coma_Cose, foto di Claudia Rolando
Coma_Cose, foto di Claudia Rolando

Mentre ci si avvia alla parte finale della maratona, quando si pensa che il pubblico potrebbe cominciare a disperdersi per la stanchezza, c’è invece un crescendo sempre maggiore di entusiasmo. All’inizio, quando sento l’improvviso boato proveniente anche dalla sala stampa, temo sia ricominciata di nuovo la pioggia della mattina. Poi, penso che forse potrebbe essere finito il vino. Invece, sul palco ci sono Veronica e Dario, La Rappresentante di Lista: come sempre stregano il pubblico, che si cimenta in una coreografia collettiva ballando Ciao Ciao. Seguono poi da Max Pezzali ed Ariete, che da sola con la sua chitarra riesce a riempire quel grandissimo spazio che la circonda, come se non avesse vent’anni, come se il pubblico non fosse di migliaia di persone ma di un paio di amici a cui confidarsi, e sono sicura che camminando tra la folla avrei trovato qualche lacrima versata.

Il momento karaoke arriva con Coez, che, lo ammetto, inaspettatamente mi sorprende per come riesce a tenere il palco e rendere l’intensità dei sui testi, e Tommaso Paradiso, che con le sue hit ha accompagnato questi anni e immerge la piazza in una nostalgica patina anni ‘80.

La Rappresentante di Lista, foto di Roberto Panucci
La Rappresentante di Lista, foto di Roberto Panucci

Altri due dei momenti più interessanti della serata sono quello di Rkomi, che dopo Sanremo è riuscito a far scoprire i suoi lavori precedenti anche ad una fetta di pubblico più ampia, e Luchè, con un nuovo album da poco uscito che ha ottenuto consensi ovunque, rafforzando ancora di più la fiducia dei fan. Il primo domina il palco come se nulla fosse, avvicinandosi al pubblico, saltando, sorridendo, dando prova di saper gestire anche una platea così ampia senza la minima esitazione, ed il secondo si pone in una veste più intima, in linea con quelli che sono i suoi pezzi, conquistando anche i più sprovveduti che ancora non hanno sentito parlare di lui.

Mentre l’ultima ora scorre inesorabile ed i primi sguardi stanchi cominciano a comparire sui volti delle persone dopo le ultime esibizioni, compresa quella di un tanto atteso Gazzelle di nuovo sul palco, esco tra il pubblico pensando di trovare una folla dimezzata, ma così non è: nonostante l’orario, nonostante la giornata passata in piedi, la gente è ancora radunata nella piazza, ad attendere l’arrivo di Mace e dei suoi ospiti, Colapesce, Joan Thiele, Venerus e Gemitaiz, che portano uno show che già da solo poteva essere un concerto completo.

Per finire, nota di merito va anche a Mecna e Bresh, che si sono distinti dalla sequenza veloce della prima parte del pomeriggio, artisti che con la loro scrittura hanno mostrato alcune delle loro sfaccettature più interessanti.

Tommaso Paradiso, foto di Roberto Panucci
Tommaso Paradiso, foto di Roberto Panucci

Tornare a casa con gli occhi pieni delle immagini della giornata, dei sorrisi della folla e degli artisti, ancora con la musica nelle orecchie, è una sensazione immensa. Avevo quasi dimenticato quello che è il Concertone, tutta la storia, i messaggi, le battaglie, la passione che si porta dietro, e non poteva essere dato per certo che questa sarebbe stata la risposta dopo un periodo simile, dove tutto cominciava a fare paura e niente sembrava più reale, compresi gli eventi di questo tipo.

Raccontare con le parole tutto quello che questa giornata è stata potrebbe sembrare superfluo, ma non bisogna dimenticarne il valore che il Primo Maggio ha sempre avuto (per questa edizione lavoro e pace, ma sono sempre emersi anche temi di uguaglianza, gender gap, ambiente, inclusività), trovando qui a San Giovanni, a Roma, un punto d’incontro tra tutte queste istanze. Come ha detto la Rappresentante di Lista, vaffanculo alla guerra, ed aggiungerei anche vaffanculo a questi due anni che sono stati tolti a tutti, perché le cose belle, come questa, troveranno sempre un modo di tornare e non si dimenticano facilmente.

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L'articolo Il Concertone che porta via due anni di merda di LucreziaLauteri è apparso su Rockit.it il 2022-05-02 15:00:00

COMMENTI (1)

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  • SimoneRiberto 17 mesi fa Rispondi

    Un concertone assurdo e buffo a sostegno dei parassiti della mafia sindacale CGIL CISL e UIL. Fate pena e schifo tutti a partire da Landini e i PDioti coi loro satelliti grillini.
    Firmato un lavoratore della sanità