Dark Youth: il desiderio e l'illusione di essere una cosa sola

Tra il '96 e il 2001 le sottoculture dark e cyberpunk riempivano club e treni regionali di ragazzi, per ballare Cure e CSI. A muoverli, la volontà di appartenere a una famiglia oscura e a un universo condiviso. La loro giovinezza riemerge nel libro fotografico "Dark Youth", edito da Mondo Erotico

- © Albert Hofer / Mondo Erotico Publishing
07/05/2021 - 10:10 Scritto da Giulia Callino

Uscivo di casa con il mio look bizzarro, androgino e scuro, e mi truccavo negli specchietti delle macchine parcheggiate, cambiandomi nei bagni dei treni e negli ascensori, in una spirale che tendeva a lasciare a Coverciano, il mio quartiere, ogni residuo di sobrietà. Le scarpe da ginnastica nere mi accompagnavano fino a quando uscivo dalle stazioni ed arrivavo nei pressi delle mie mete, dove venivano cacciate in uno zainetto o in un sacchetto in favore di stivali, anfibi, tacchi e suole rialzate fino a 20 centimetri”.

Questo ricordo risale dal 1996, portando con sé le storie nascoste di adolescenze trascorse tra viaggi in treno, club che oggi non esistono più, croci di metallo, ombretto nero e latex. Oggi esse riemergono, insieme a un ricco apparato fotografico d’archivio, in Dark Youth - Photographic Documents of Cybergoth Youth in Italy, 1996-2001: dedicato all’esplorazione della sottocultura dark italiana e stampato e distribuito in 66 copie da Mondo Erotico Publishing, il volume include gli scatti e i racconti di Albert Hofer, membro attivo della scena dark di quegli anni e oggi organizzatore di eventi (Rebel Motel, Reverso Festival, Le Cannibale), e costituisce la più recente pubblicazione di Ragazzi di Strada, archivio di ricerca sulle sottoculture giovanili italiane curato dal giornalista e ricercatore Lorenzo Ottone.

Un progetto che riesuma e documenta la sottocultura dark italiana  – unicum in cui confluivano e convivevano stilemi goth, cyperpunk, new wave, punk e neofolk – attraverso 92 pagine che ne restituiscono la fase discendente, in una narrazione costruita mediante i ricordi e il vissuto di Hofer nel quinquennio tra 1996 e 2001 e un’ampia documentazione fotografica da lui realizzata in piena adolescenza, interamente in analogico e in bianco e nero.

“Ho avuto la necessità di documentare tutta la mia vita attraverso foto, ma non ho mai pensato a questi scatti con un fine editoriale” racconta Albert. “Iniziai a documentare questa scena a partire dai 16 anni, in concomitanza con i miei primi spostamenti da Firenze per frequentare i party e i concerti dark. All’epoca volevo conoscere tutti, essere amico di tutti, entrare in contatto con questa sottocultura e farne parte. In quella fase, crebbe ancora di più la distanza tra le persone che mi volevano bene e la musica che seguivo. Ma, durante la settimana, i miei amici venivano a casa mia e mi chiedevano curiosi dove andassi, che cosa facessi, chi fossero i personaggi di cui raccontavo: la fotografia era il mio modo di portare loro la sottocultura dark, la risposta a chi mi chiedeva cosa facessi in quei posti”.

Scatti rubati che, anche per questo, costituiscono una memoria autentica e spontanea sulle tracce di un oscuro oggetto del desiderio: la formazione di un’identità vissuta intensamente e la tensione verso l’appartenenza, “nell’illusione di un mondo parallelo, di una famiglia e di un universo condiviso”, sancito da colonne sonore che univano Joy Division, Cure, Siouxsie and the Banshees e Bauhaus a CSI, Massimo Volume e Marlene Kuntz. Ripercorrendoli su un’ipotetica mappa dell’Italia di fine anni Novanta, i fine settimana di Hofer si estendono lungo linee che di sera lasciano Firenze per raggiungere in treno, spesso per poche ore, Modena, Padova, Milano – e, in seguito, Lipsia, Karlsruhe, Düsseldorf

“Era solo per ballare e stare con i dark. Sono stato tante volte a Pordenone: non c’erano i collegamenti di adesso, raggiungerla da Firenze voleva dire passare tredici ore in treno tra andata e ritorno, per trascorrerne lì tre. Ma, quando cerchi un tuo ambiente, sei pronto a tutto pur di stare dove vuoi, tanto è importante sentirti al posto giusto, con le persone che ti piacciono, ricevendo gli stimoli che trovi rilevanti. Perdere quei concerti non era possibile per me”.


Poi, a inizio settimana, quei sabati tra abiti neri e tacchi alti a riemergere da un’altra dimensione, con le foto portate a sviluppare “di corsa, emozionato, perché mi permettevano di narrare qualcosa che ai più era nascosto: la musica, i suoi sottoboschi e i personaggi che li popolavano, che sembravano emergere solamente al calare del sole”. Nel sottotesto che non può entrare nelle fotografie, ma che ne costituisce la cornice, la vita oltre i bordi di una provincia italiana sospesa, attraversata con la mente altrove e l’attesa di incontrare di nuovo “quelli come noi”.

In questo, Dark Youth diventa dunque anche testimonianza di “un’Italia notturna che si spalancava davanti a me, una nazione scoperta treno dopo treno, club dopo club, truccandomi in strada o in ascensore”, in una fase di scoperta degli altri e di sé prima attraverso i dischi e le cassette passati dai vicini di casa, poi attraverso i club d'Italia e infine, con l’arrivo delle compagne aeree low cost, in frequenti viaggi scaturiti dall’attrazione magnetica della Germania e soprattutto di Londra.

Della popolazione notturna incontrata al Condor di Modena o allo Shelter di Milano, e della sua identità collettiva, Hofer esplora nel volume anche il purismo insieme ideale e inevitabilmente conflittuale, sia nei confronti delle altre sottoculture che nei limiti che l’autore stesso si trova a superare, e a tradire, quando inizia ad avvicinarsi e riconoscersi in sonorità ulteriori, in immaginari altri, varcando le soglie di universi sonori elettronici attraenti e nuovi.

“Credo che all’epoca, al di là delle estetiche e dei valori, in Italia il dark abbia rappresentato per molti una fase di crescita dall’heavy metal e dal rock verso sonorità più complesse, proprio perché era un grande contenitore in cui rientravano suoni diversi, dalla new wave all’italo disco, anche se ogni nicchia teneva a ribadire nettamente la propria identità esclusiva. Trovavi personaggi che seguivano i Death in June e che subivano la fascinazione per il ritorno a un certo passato e, accanto, io e i miei amici che immaginavamo il 2000 come l’anno della fine del mondo ed eravamo pronti a volare nello spazio”.

A curare la selezione degli scatti e la divisione in capitoli è Lorenzo Ottone, fondatore di Ragazzi di Strada: “Dai lunghi confronti con Albert, sono emersi alcuni macrotemi: il significato della parola dark, la storia della Firenze di quegli anni, la politica, la scoperta della propria sessualità. E poi l’affascinante modo di quei teenager di scoprire la vita attraverso un fenomeno di aggregazione quasi militante, oscuro nei propri stilemi ma di cui, in questi scatti, emerge una meravigliosa energia vitale, una joie de vivre molto autentica. In Italia non è mai stata data grande dignità ai fenomeni sottoculturali: mentre il punk inglese è considerato con grande serietà, pensa ai Sex Pistols a Vivienne Westwood, quello italiano è stato spesso percepito e rappresentato con un atteggiamento di derisione".

Questa cultura è stata recepita con una certa ingenuità, questo è indubbio, con un atteggiamento talvolta un po’ naif. "E con una traduzione magari anche sbagliata, ma essa è stata anche sempre originale, autentica. Trovo che la grande bellezza sia quella: al di là delle diverse nicchie, parlare di questi temi ai giovani di oggi è importante perché, in una fase di minor dedizione sottoculturale e dalle codificazioni più fluide, essi danno risposta a una grande sete di conoscenza”.

Dark Youth è, infine, un racconto di legami che si perdono negli anni senza però che ne venga scalfita la purezza e la sincera vicinanza dell’adolescenza. Come quello con Giacomo, cybergoth “confuso e anarchicamente mescolato, amico da sempre e quindi per sempre”, il primo con cui Hofer raggiungerà Londra in autobus, scomparso qualche anno fa e a cui il volume è di fatto dedicato.

O quella con Iena, che campeggia in copertina in una silhouette nera tra le cui mani si intravedono due enormi insetti sotto teca: “Non sono mai riuscito a farmi dare una spiegazione sulla loro provenienza. È una foto scattata in camera mia, a Firenze, in quello che in precedenza era l’ufficio di mia madre. Con Iena ci sentiamo una volta all’anno, per gli auguri. Di recente, ho letto un suo post su Facebook: raccontava che, dopo una vita in cui è dovuto crescere attraverso varie difficoltà, è finalmente riuscito a realizzare un suo grande sogno, comprarsi una barca".

Nella foto c’era anche lui, in una posa un po’ dandy. Ma non per forza di cose questo significa che tutto quanto sia svanito "Guardando bene i capelli o la barba triangolare è sempre Iena, lo stesso della mia fotografia. Non siamo stati amici stretti, ma per me rappresenta più di altri una bellissima memoria, l’amicizia di quegli anni, nel ’96 o ’97. La dinamica di quei ragazzini che prendevano i treni della notte per inseguire un suono e finivano in centro o Nord Italia, e che non sapevi dove mettere. Dovrò scrivergli e dirglielo: mentre tu attraversi i mari dell’Asia sulla tua prima barca, io ti ho messo in copertina”.

Per approfondire e ordinare Dark Youth - Photographic Documents of Cybergoth Youth in Italy, 1996-2001, questo è il link.

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L'articolo Dark Youth: il desiderio e l'illusione di essere una cosa sola di Giulia Callino è apparso su Rockit.it il 2021-05-07 10:10:00

COMMENTI (1)

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  • oro20102010 3 anni fa Rispondi

    Wow! ....Rebel Yell...